Immagini della Trexenta ottocentesca: Pimentel
PIMENTEL o PIMENTELLO, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari,
compreso nel mandamento di Guasila e nella prefettura di Cagliari. È contenuto
dentro l’antica curatoria del regno Cagliaritano.
La sua situazione geografica è nella latitudine 39° 56', e nella longitudine
occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 4'.
Siede alla falda orientale di alcune colline, dalle quali è impedita alcun
poco la ventilazione della parte del ponente e de’ suoi prossimi punti: e
perchè alcuni altri poggi sorgono in poca distanza alla parte del levante e del
greco, però la sua situazione può considerarsi come avvallata. Ed è diffatti
giacente in un fondo e diviso in due parti da un perenne rivoletto. Da ciò
nasce la forza del calore nell’estate, la tepidità dell’atmosfera nell’inverno,
la nebbia, l’umidità. L’aria non è salubre ne’ tempi, che ne’ luoghi pantanosi
della valle fermentano i fanghi, e lo è ancora meno quando il vento vi versa i miasmi
delle terre di Barràli. Sono anche dentro il paese molte cause di malignità, e
non era poca quella che usciva da’ sepolcri.
Il territorio de’ pimentellesi non è maggiore di 4 miglia quadrate, di
starelli 3400, parte collino, parte vallivo, e tutto facilmente coltivabile.
Sono in esso alcune fonti, e di esse le più notevoli sono, quella che
trovasi alla parte boreale del paese, che si raccoglie in alcune vasche per
abbeverarvi il bestiame, per bevanda delle famiglie che non hanno pozzi di
buona vena e per altri bisogni; quindi quella che è nominata di Solaris, a
distanza di mezzo miglio dall’abitato, verso greco-tramontana, di acqua molto
migliore della prima, donde però si provedono tutte le famiglie agiate. A
distanza di un’ora sono varie sorgenti di acque ottime.
Manca affatto il bosco, e ne’ luoghi incolti è raro che trovisi qualche
arbusto.
I selvatici sono lepri, conigli e volpi.
Popolazione. Questo paese nominato dal titolo del signore straniero,
che possedeva la Trecenta, è di poca antichità, e vuolsi sia stato stabilito
nel 1670.
Il numero attuale de’ suoi abitanti è di circa 655, totale risultante da
maggiori di anni 20 maschi 200, femmine 217, minori maschi 125, femmine 112,
che si spartiscono in circa 170 famiglie.
Pimentello è diviso, come già notai, da quel rivo-letto in due rioni, o
vicinati, come dicesi, uno nominato Nuraxi opposto al greco-levante, l’altro
Saceni di incontro al ponente-libeccio.
L’ordinario annuo numero delle nascite è 20, delle morti 13, di matrimoni 7.
Per la cura sanitaria basta un sol flebotomo, che a tutte le malattie
applica la panacea universale della lancetta. Per buona sorte che i
temperamenti sono forti, e che poco i corpi patiscono dopo superati i pericoli
della prima età, e che molti si abbandonano al beneficio della natura.
Le malattie più frequenti sono le infiammazioni di petto, i dolori di punta,
e le febbri intermittenti.
La principale professione è quella dell’agricoltura, alla quale sono
applicati tra maggiori e minori non meno di 220 persone, quindi quella della
pastorizia, nella quale si possono numerare 25 individui.
Alle arti meccaniche de’ muratori, fabbriferrari, falegnami non istudiano
più di 10 individui, i quali quando sono disoccupati da’ lavori di queste arti
vanno a lavorar sul campo.
Le persone che non facciano alcun’opera sono rarissime e forse si contan
sulle dita.
Le donne lavorano nel telajo, e di queste macchine (d’antica forma) quasi
tutte le case son fornite. Molte donne han lucro dalla vendita delle tele.
La istruzione primaria è, come generalmente nelle altre parti, poco curata;
i fanciulli, che concorrono alla medesima circa 10. Forseperò non saranno 12 in
tutto il paese che sappian leggere e scrivere.
Agricoltura. Di quella superficie coltivabile, che sopra notai (starelli
3400), due mila e trecento starelli sono dedicati a’ cereali, con alterno
esercizio e riposo, il rimanente è nel vigneto, nel prato e nel salto.
Le quantità solite delle seminagioni sono le seguenti, di frumento star.
700, d’orzo 200, di fave 320, di legumi (cicerchie, piselli, caci, lenticchie)
60, di lino 120.
La fruttificazione è abbondevolissima se il cielo favorisce alla vegetazione
con la opportunità delle pioggie, e se nel tempo della fioritura e
dell’ingranimento non incomba sopra i seminati nessuna nebbia venefica. Questa
in poche ore diminuisce a metà, e pure a un decimo e a un ventesimo, la
raccolta.
Le vigne danno buoni vini se le uve sono manipolate con qualche
intelligenza.
Tra le viti sono alberi fruttiferi di molte specie, ma non in gran numero.
Vi sono prosperi e danno ottimi frutti.
L’orticoltura è ristrettissima, perchè non si produce più del bisogno di
alcune famiglie.
La pastorizia non cura che pecore, vacche e porci.
Il bestiame domito consiste in buoi di lavoro 270, cavalli 60, giumenti 200.
Il bestiame rude in vacche 220, pecore 3000, porci 350.
Si fa formaggio del latte pecorino, ma molto meno che voglia la
consumazione, e di poco pregio, perchè non si sa fare.
Commercio. Gli articoli che i pimentellesi danno sono i soli cereali;
però quando per la irregolarità delle stagioni mancano questi prodotti, essi
non san che fare, e non hanno altro ramo da cui procurarsi le cose di cui
abbisognano.
In anno di fecondità posson lucrare circa 35 mila lire.
Il paese trovasi in poca distanza dalla strada provinciale (da Cagliari
all’Ogliastra, quando sarà finita), e potrebbe riunirsi con poca spesa.
Religione. I pimentellesi sono compresi nella giurisdizione
dell’arcivescovo di Cagliari, e diretti nelle cose spirituali da un prete che
si qualifica rettore.
La chiesa parrocchiale è dedicata a N. Donna sotto il titolo del Carmelo,
alla quale nel proprio giorno si festeggia pomposamente e lietamente. In
occasione della medesima concorrono molti forestieri e si corre il palio.
Invece del camposanto si ha un cimiterio prossimo alla parrocchia in mezzo
del paese.
Antichità. Furono già in questo territorio alcuni nuraghi, e
certamente ve n’era uno in quella parte dell’abitato, che ritiene il nome del
medesimo e appellasi Nuraxi; ma essendo stati tolti e adoperati i materiali in
altre opere, or non ne appariscono neppur le vestigie.
Sono notevoli alcuni di quegli antichi ipogei, de’ quali spesso negli
articoli sulla Sardegna si fa menzione, e che si sono sempre stimati sepolcri
della primitiva popolazione.
Essi si trovano alla distanza di poco più d’un miglio dall’abitato. I
pimentellesi indicano essi pure siffatte caverne col nome di domos de ajanas
(case di vergini o fate).
In due diversi siti di questo territorio vedonsi chiare le vestigie di due
popolazioni, una verso tramontana, dov’era la chiesa di s. Giacomo, della quale
si è dimenticato il nome; l’altra verso maestrale, ed era l’antica villa Dei,
di cui altrove si è fatta menzione.
[1] Vittorio
ANGIUS, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di
S.M. il Re di Sardegna (a cura di Goffredo CASALIS), vol. XV, Torino 1847,
pagg. 76-79.
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