1378,
l’ambasciata angioina a Oristano
di Sergio
Sailis
Nei
giorni 30 e 31 agosto del 1378 a Oristano era presente un’ambasciata del duca Luigi
d’Angiò fratello del re di Francia Carlo V (rimasta famosa, non solo in
Sardegna, per la sua conclusione) con il compito di rinnovare gli accordi di
alleanza sottoscritti l’anno precedente con Ugone e inoltre per proporre al
giudice arborense di suggellare l’alleanza con un matrimonio come si desume
dalla procura rilasciata ai delegati Migon de Rochefort e Guillaume Gaian:
"… matrimonium
futurum inter dominum Ludovicum, eorumdem dominorum ducis et ducisse filium
naturalem et legitimum, unicum et communem, et Benedictam, filiam illustris
principis et domini domini Hugonis, judicis Arboree, comitis Gociani et vicecomitis
de Basso, nec non etiam ad tractandum, ordinandum, disponendum et concordandum
cum dicto domino Hugone, comite et judice Arboree, de dote congrua et
competenti filie sue memorate, ejusque dependentiis et circunstanciis, et
paciscendum conveniendumque cum eodem de solutione dicte dotis facienda et
restitutione ejusdem et aliis predictis. "
(Nell’immagine Ugone mentre riceve l’ambasciata angioina, olio su tela di Giovanni Marghinotti, sec. XIX, Pinacoteca MUS’A - Museo Arte Sassari) |
La
risposta di Ugone – già fortemente irritato per il fatto che i precedenti
accordi non erano stati rispettati dai francesi - fu oltremodo piccata e
sdegnata accusando il duca di essere un falso e uno spergiuro e bollando la
proposta di matrimonio come ridicola. Il piccolo Ludovico infatti aveva
all’incirca un anno mentre sua figlia Benedetta era già in età maritale “nam ejus filia est jam ad annos nubiles
deducta, et filius dicti domini ducis est anniculus”. Aggiunse inoltre “quod
habet guerram de facto, et non in verbis, cum Cathalanis, publicis inimicis
suis, et jam per spatium quatuordecim annorum et ultra dictam guerram sine
adjutorio alicujus persone de mundo fecit” con espresso riferimento quindi al
fatto che ormai da quattordici anni stava conducendo una guerra contro i
catalani facendo riferimento solo sui propri mezzi e senza altri aiuti esterni e soprattutto che la guerra la faceva con i fatti e non con le parole.
In conclusione i malcapitati e increduli ambasciatori inoltre, in spregio alle
normali regole di comportamento diplomatico, si videro intimare di lasciare i
territori del Giudice entro lo stesso giorno “dixit dictis ambaxiatoribus quod
caperent suam galeam, et quod per totam dictam diem recederent de terra dicti
domini judicis, innominiose commeatum eisdem dando”.
Ebbe
così fine, peraltro senza essere mai materialmente iniziata, un’alleanza che
probabilmente avrebbe potuto avere conseguenze molto diverse per la storia
sarda.
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