Immagini della Trexenta
ottocentesca: Ortacesus
ORTACESUS, villaggio della
Sardegna nella provincia di Cagliari e nel mandamento di Guasila, compreso già
nel dipartimento della Trecenta del giudicato di Plumino.
La sua situazione geografica
è nella latitudine 40°, 32', 30", e nella longitudine occidentale dal
meridiano di Cagliari 0°, 2', 30".
Trovasi questo paese nella
parte più bassa del bacino della Trecenta attorniato da una estesa palude e
prossimo alla sponda sinistra delle acque che discendono dalle terre di Seùni,
nate dalle fonti meridionali del monte san Mauro, coperto da’ venti boreali per
queste eminenze, da’ levanti per le eminenze della Trecenta orientale, dal
maestro e da ponente per le colline di Segariu e di Serrenti. Per tanto il
calore è assai intenso nell’estate, e regna quasi sempre a certe ore una forte
umidità, e soventi il paese resta involto nella nebbia. È questa la regione che
sia più insalubre nella Trecenta.
Il territorio di Ortacesus
non è maggiore assai di miglia quattro, tutto nel piano, sul quale spuntano
alcune rupi presso il paese, coperte in cima di fichi d’India, e in sul confine
con Guasila, nella regione appellata Siocco, una collina coronata d’un nuraghe,
domu de Orcu.
Dopo notato quel rivolo,
noteremo due fonti, una che dicesi Funtana-bangiu (la fonte del bagno),
d’intorno alla quale sono materiali di antica costruzione e si osservano anche
alcune caselle; l’altra Sa mitza Siddi, dove per le vestigie che si vedono si
suppone sia stato in altri tempi un paese detto Siddi; un’altra presso la
chiesa di s. Bartolommeo, e una quarta a piè della detta collina. Nel paese
bevesi dai pozzi, che danno acque pesanti e salmastre.
Egli è solamente ne’ fianchi
della medesima che si trovano degli alberi, fra’quali moltissimi olivastri. Una
parte de’ medesimi è stata ingentilita e apporta bei frutti.
Popolazione. Non sono forse sette anni che erano
in Ortacesus anime 491, che si distinguevano in maggiori di anni 20, maschi
135, femmine 132; minori 133, femmine 91, e si distribuivano in famiglie 120.
I comuni numeri del movimento
erano di nascite 12, morti 8, e di matrimoni 2.
Le malattie ordinarie sono
infiammazioni di vario genere e febbri intermittenti nell’estate ed autunno.
Non si ha nel paese che un
flebotomo.
Dopo quanto abbiam notato
sulla insalubrità di questo sito, donde dovrebbonsi sradicare le abitazioni per
traspiantarle sotto un cielo migliore, se un viaggiatore passi sul luogo non
potrà non partire meravigliato vedendo che generalmente in aria così malsana
godesi di buona salute, osservando uomini robusti e aspetti di forte sanità al
contrario di ciò che avviene in altre regioni, di Francia e di Italia, dove le
fisionomie intristite e le membra floscie e languide accusano il vizio del
cielo.
Vorrei che questo che ho
detto del trapiantamento delle abitazioni da luoghi così tristi in siti
migliori fosse considerato, e si stabilisse il modo come effettuarlo entro un
certo numero di anni.
La proposta può effettuarsi
più facilmente che non si crede, massime se il luogo eletto sia non molto
distante, perchè le costruzioni a mattoni crudi (làdiri) sono poco costose. I
benestanti potrebbero i primi stabilirsi nella nuova situazione designata dal
governo, e poi di mano in mano gli sposi potrebbero preparare presso alle prime
le loro case, fabbricando secondo un disegno prestabilito. In questo modo senza
gran dispendio e incomodo nello spazio al più di 30 anni sorgerebbero le nuove
popolazioni, e il posto che hanno le prime sarebbe occupato dall’agricoltura.
Gli ortacesini son buona
gente e laboriosa, e quasi tutti dediti all’arte agraria, eccettuati alcuni
pecchioni, che diconsi letterati o notai.
Le donne travagliano ne’ loro
telai principalmente alla tessitura delle tele.
Alla scuola primaria non
concorrono più di sei fanciulli.
Agricoltura. Le terre umorose di Ortacesus,
quando le piogge non sono troppo frequenti, spiegano la loro virtù in una
vegetazione stupenda e danno larghissimi frutti; in caso contrario le radici si
guastano e i seminati riescono infelicemente.
Nella seminagione spargonsi
solitamente starelli di grano 700, d’orzo 120, di fave, ceci e altri legumi
300.
Se le stagioni procedano
favorevolmente alle condizioni di questo suolo non è molto che abbiasi una
comune nel grano del ventuplo, nell’orzo del 18, ne’ legumi del 16.
Le spezie ortensi prosperano
nel terreno acquidoso, che ho notato intorno alle abitazioni, principalmente i
melloni, i cocomeri, le zucche ecc., da’ quali hanno questi coloni un
considerevole lucro.
La vigna non è in luogo assai
favorevole perchè i grossi grappoli delle viti dieno un mosto, da cui si depuri
un vino di molta bontà.
I fruttiferi sono in piccol
numero, e gli ortacesini non sanno profittare della bontà del terreno per
quegli alberi che amano terreni umidi e regioni calide, specialmente i cedri.
I predi sono tutti cinti di
fichi d’India, che giovano coi frutti, che a’ poveri son parte di sussistenza
per due mesi, e nuocono per le foglie cadute che si lasciano imputridire e
accrescono la malignità dell’aria, giustamente detestata dai passeggieri.
Pastorizia. Pascono nel prato comunale e ne’
poderi, buoi 126, vacche manse 25, giumenti 100.
Si hanno quindi per sella e
trasporto cavalli e cavalle 40, e si nutrono 50 majali incirca.
Il bestiame rude pascola
nelle terre di riposo e ne’ salti, e i vari branchi avranno poco più di capi
2100, e dirò vacche 150, cavalle 50, pecore 1500, porci 400.
Dalle pecore appena si ha il
formaggio sufficiente a’ bisogni del luogo.
Di rado i branchi patiscono
per poco alimento e per la bevanda, perchè la terra umida produce erba fresca
anche nell’estate, e il rivo, che dicono di Piscina-calenti, volge nella sua
corrente acque limpide.
Pesca. Nel rivo suddetto trovansi anguille
ben grasse e delle trote di ottimo gusto.
Commercio. Ortacesus distando sole tre miglia
dallo stradone può in tempo asciutto mandar su quello i suoi carri con i sacchi
del frumento e degli altri cereali, che sopravanzano alla consumazione delle
famiglie, e ricevono in prezzo lire nuove 30 mila; ma in tempo piovoso i buoi e
i cavalli devon consumare le loro forze per uscire da’ pantani, donde accade
che debban operare le forze di molti uomini per estrarli.
Religione. Questo paese che era, come notammo
di Orroli, nella giurisdizione del vescovo Doliese, ora è nella diocesi di
Cagliari, e si amministra nelle cose spirituali da un prete, che è qualificato
rettore ed ha ausiliari altri due sacerdoti.
La chiesa parrocchiale è
dedicata a s. Pietro Apostolo.
Nelle chiese minori è a
notare, dentro il paese la cappella di s. Lucia v. e m., che in altri tempi fu
chiesa principale, fuori del paese la chiesa di s. Antonio abbate rinchiusa nel
ricinto del campo santo, in distanza di 300 passi ordinari dall’abitato, e
quella di s. Bartolommeo già rovinante, presso alla quale è la sunnotata fonte.
Antichità. Delle medesime abbiam fatto cenno
più sopra. Forse è vero che là dove vedonsi quegli indizi di abitazioni
distrutte erano in altri tempi se non villaggi, almeno corti, cioè grandi
poderi di persone principali, ove stanziavano gli schiavi addetti
all’agricoltura con le loro famiglie per lavorare a profitto de’ loro padroni.
Negli antichi diploma è frequentissima la menzione di siffatte corti, e de’
servi e delle ancelle di tutti i giorni (de cada di), o di alcuni giorni nella
settimana. In un antico diploma di donazione del cantone di Trecenta o Tregenta
fatta dal giudice Trogodorio, giudice di Cagliari, o Plumino, al suo figlio
Salusio di Lacon, è menzione di alcuni de’ luoghi nominati, siccome di ville
allora esistenti, e noi ne trascriveremo un tratto perchè si veda la maniera
d’infeudazione che usavano i sovrani sardi, e abbiano i lettori un altro saggio
del volgare che in quei tempi era usato.
«In nomine P. et F. et SS. Amen. Ego Judigi Trogodori pro voluntadi de
donnu Deu potestandu parti de Caralis, pro puru amori ki apo a filiu meu
Salusiu de Lacon, de gradu et de certa scientia li fatzu donationi limpia (dal
lat. limpida, cioè pura) et irrevocabili inter bios (vivi) dess’Incontrada de
Tregenta a issu et a filios suos et heredis suos et generationi sua, dessa
dicta Incontrada de Tregenta et de sas villas populadas et kena (senza)
populari, et saltos, terminis, vassallos, hominis et feminas, domus rios
(rivi), mitzas (sorgenti), funtanas, montis et pasturas, sylvas, molentis
(asini che macinano) et alteros pegus (capi) de bestiamini, et totu sos alteros
deretos et pertinentias et confinos dessa dicta Incontrada de Tregenta cum totu
sa jurisdictioni alta et baxia, civili et criminali… sas quales villas, saltus,
terminis, et làcanas (confini) sunt custos: sa villa de Goy majori, sa villa de
Sèlegas, sa villa de s. Sadurru, sa villa de Sehuni, sa villa de Sitxi, sa villa
de Simieri, sa villa de Arcu, sa villa de Senorbì, sa villa de Segollai, sa
villa de Arigi Mangeta, sa villa de Arigi picciu, sa villa de Planomois, sa
villa de s. Basili, sa villa de Frius, sa villa de Donnigala alba, sa villa de
Alluda, sa villa de Villacampu, sa villa de Bacu de Otgo, sa villa de Fugas de
Sitei, sa villa de Baralba, sa villa de Funtana Sinni, sa villa de Sii, sa
villa de Dey, sa villa de Lery, sa villa de Siocho (già sunnotata), sa villa de
Sebera, sa villa de Surbou, sa villa de Ortachesus, sa villa de Turri, sa villa
de Baniu de Sixi, sa villa de Pau, sa villa de Fraus, sa villa de Sacariu, sa
villa de s. Justa dessa Negi, sa villa de Goy-esili (oggi Guasila), et totu sas
alteras villas, qui siant dintru dess’Incontrada de Tregenta: sa quali
Incontrada … … donamus a filiu nostru Salusiu de Lacon et pro amori paternali
et pro contemplationi dessu matrimoniu, ki issu fagit de voluntadi nostra cum
donna Adalasia; et custa donationi volemus ki siat irrevocabili, et volemus ki
siat pro issu et pro tota sa generationi sua de legitimu matrimoniu ecc.».
[1]
Vittorio ANGIUS, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli
Stati di S.M. il Re di Sardegna (a cura di Goffredo CASALIS), vol. XIII, Torino
1845, pagg. 565-570.
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