Senorbì[1]
Immagini della Trexenta ottocentesca: Senorbì
Professioni. Sono applicati all’agricoltura circa 380, alla
pastorizia 40, ai mestieri di necessità 30, e al negozio 2.
Agricoltura. Le terre di Senorbì sono nel generale di tanta feracità,
da meritar con l’altre della Trecenta la riputazione che hanno di prima forza,
e da primeggiare tra le più granifere dell’isola. Se producono tanto non
ostante la imperfezione dell’arte, produrrebbero anche di più se si operasse
con maggior intelligenza.
Commercio. L’articolo principale, da cui lucrano i coloni di Senorbì,
sono i cereali, da’ quali complessivamente con gli articoli minori possono
ottenere più di 130,000 lire.
SENORBÌ, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari capo luogo di
mandamento sotto il tribunale di prima cognizione di Cagliari, compreso nella
Trecenta, e nell’antico regno di Cagliari o Plumino.
La sua posizione geografica è nella latitudine 39° 32', e nella longitudine
orientale dal meridiano di Cagliari 0° 1' 30".
La situazione sulla sponda orientale d’un rialto contenuto tra due rivi,
lungo circa miglia 3 2/3 da ostro a settentrione, largo 2 1/3. Una porzione
dell’abitato resta sul rialto, l’altra nella ripa. Le strade principali sono
selciate e tra esse è la strada reale che anderà verso Gallura.
Nella regione circostante a sei e più miglia non sorgendo eminenze notevoli
il paese è ben ventilato da tutte le parti.
Il caldo è forte nell’estate, il freddo mite nell’inverno; le pioggie, come
altrove non molto frequenti, ma grave l’umidità e frequente la nebbia, che
spesso guasta i seminati nel fiorire, e le frutta.
I temporali sono rari, e raro fenomeno la neve nel-l’inverno e pochissimo
durevole.
L’aria sebbene sia migliore, che in altri luoghi della Trecenta, si sente
però maligna dai non avvezzi alle morbose esalazioni de’ terreni umidi e de’
luoghi pantanosi che sono nella prossima vallata a levante.
Territorio. È quasi tutto piano, perchè è piano il rilevamento
notato, e le sue pendici di mitissima declività.
In esso non è altra generazione di selvatici che le lepri, che sono in
maggior numero, che si potesse supporre per la estesa coltivazione, dalla quale
è ristretto alla medesima lo spazio e sgombrato il suolo delle macchie.
I cacciatori ne prendono spesso, e prendon pure copia di pernici, quaglie,
anatre, folaghe.
Manca il bosco ceduo, sparse raramente le macchie, e devonsi però da’ poveri
raccogliere le grosse erbe de’ campi, principalmente i cardi agresti.
Finora i senorbini non han pensato a far piantagioni di alberi per servigio
de’ focolari, sebbene non manchino i siti, i quali rifiutandosi ad altre
produzioni non si negherebbero a queste: ma presto vedranno la necessità di
farlo e i loro terreni facendosi più ameni per la vegetazione di alberi
fruttiferi e cedui, contribuiranno maggior quantità di legna alle case.
Si può dire che in questo territorio manchino le fonti fuorchè a piè della
ripa contro levante, dove sono alcune piccole sorgive, ma non tutte perenni.
Nel comune sono molti pozzi, però l’acqua essendo salmastre si sono dovute
costrurre molte cisterne, il che ha giovato alla sanità degli abitanti.
A pochi minuti dal paese è una notevole palude detta Bangius, cioè bagno, si
intende facilmente che può essere guazzo per i porci. Questa manda fuori una
gran pestilenza, e si potrebbe quasi dire che non solo contamina l’aria di
Senorbì, ma sparge l’infezione anche a qualche distanza. Quando il calore
diminuisce le acque e si scopre intorno qualche zona del bacino, allora le
esalazioni pessime cominciano dall’offender le navi.
A più di questo devesi notare che nel suolo più basso, in cui termina
l’abitato, è in tempi umidi nientemeno, che un gran pantano per le molte acque
che vi si fermano.
Le prime pioggie autunnali inondandolo fanno sviluppare in grandissima
abbondanza i miasmi, e crescono l’infezione, che produce la suddetta palude e
che aumentano altre cause.
Con pochissima arte e con pochissima spesa potrebbesi ottenere che le acque,
che ora si fermano nell’indicato luogo a piè dell’abitato, scorressero sino al
fiume, e potrebbesi pure ottenere il prosciugamento della palude di Bangius, ma
quei paesani, che patiscono spesso le febbri e talvolta soccombono per la
malignità delle medesime, non sanno pensare alla convenienza o di togliere o di
diminuirne le cause, nè tra le persone illuminate, che possono essere nel
paese, alcuno propone i lavori necessarii, che sarebbero compensati per
l’acquisto delle terre, che per causa del loro allagamento sono fuori di
servigio. Gli amministratori della provincia, a’ quali appartiene la polizia
sanitaria massime de’ siti prossimi alle grandi vie, avrebbero già dovuto
provvedere; ma gli amministratori non conoscono i luoghi, non ne sanno le
condizioni, e forse nè pur sanno che sian questi provvedimenti ne’ loro
principali doveri di governo politico.
Ho detto che sarebbe facile togliere codesto pantano e chi conosce la
declività del suolo non può concedere altrimenti.
Popolazione. Proporremo qui pure ciò che trovasi notato nel
censimento della popolazione dell’isola, pubblicato nel 1846.
Senorbì avrebbe numerato in uno degli anni antecedenti anime 1257,
distribuite in famiglie 308, e ripartite in 306 case.
Si distingueva questo totale di anime in rispetto dell’età e del sesso nel
seguente modo:
Sotto gli anni 5 maschi 87, femmine 60; sotto i 10 mas. 78, fem. 79; sotto i
20 mas. 168, fem. 128; sotto i 30 mas. 94, fem. 97; sotto i 40 mas. 80, fem.
76; sotto i 50 mas. 60, fem. 69; sotto i 60 mas. 57, fem. 62; sotto i 70 mas.
25, fem. 19; sotto gli 80 mas. 6, fem. 6; sotto i 90 mas. 4, fem. 1; sotto i
100 mas. 1.
Si distinguevano quindi in rispetto delle condizioni domestiche in
quest’altro modo:
Maschi: scapoli 419, ammogliati 222, vedovi 19, totale 660.
Femmine: zitelle 328, maritate 224, vedove 45, totale 597.
Ritorna l’occasione di avvertire anche un’altra volta lo sbaglio che occorre
nella differenza, che trovasi frequentissima nel citato censimento sopra la
diseguaglianza degli ammogliati e delle maritate, che necessariamente si
corrispondono in perfetta eguaglianza.
Nel 1834 io notava in Senorbì anime 1112, distinte in maschi 360 sopra i 20
anni, 172 sotto quell’età, totale mas. 532, e in femmine 409 sopra i 20 anni,
171 sotto, e in totale 580, sì che il numero delle donne è superiore a quello
degli uomini, come è naturale, e secondo l’esperienza.
Inoltre osservando la differenza ben notevole di 63 femmine in meno, credo
che qui sia un errore, perchè secondo quello che io ho potuto accertare nelle
mie note le differenze sono molte minori tra il numero delle femmine e quello
degli uomini. Forse i lavoratori di altri paesi che sono a servigio de’
proprietari del paese sono stati compresi nelle loro famiglie. Se non sia
questa la ragione della notata diseguaglianza, allora bisogna dire che le note
somministrate al redattore fossero fatte con quella consueta incuria, con cui
sempre i parochi han fatto il censimento.
È infine da notare il fenomeno di non rara longevità che si osserva in
questo paese di aria tanto insalubre, come in altri della Sardegna, che sono
nelle stesse condizioni. Il qual fenomeno si lega all’altro della robustezza
che vedesi negli uomini di simili contrade, i quali si espongono a tutte le
inclemenze atmosferiche e restano in mezzo alle venefiche effluenze della terra
e de’ pantani senza risentirne danno, che rare volte, sì che pare che quel
veleno non abbia alcuna efficacia nella loro organizzazione. Un simile fenomeno
non si vede certamente nè alle paludi romane, nè alle maremme toscane, nè in
quei dipartimenti della Francia che hanno un terreno paludoso, dove gli uomini
a 25 anni sono cadenti per vecchiezza. Questo fenomeno fa che alcuni forestieri
non credano al vizio dell’aria e si espongano con loro danno.
I numeri del movimento della popolazione sono i seguenti: nascite 60, morti
28, matrimoni 14.
Le malattie più comuni sono le febbri autunnali e infiammazioni, che spesso
sono micidiali, e si patiscono per difetto di precauzioni contro la variabilità
della temperatura.
Si ha nel paese un flebotomo ed un farmacista.
I senorbini sono uomini di buona pasta, assidui nel lavoro, religiosi,
ossequiosi all’autorità, tranquilli e rispettosi delle altrui proprietà, onde
non si sente mai a parlare di furti, di risse e di omicidii.
Sono in Senorbì cinque famiglie nobili, di notevole fortuna e agiatezza.
Quasi tutte le famiglie sono proprietarie e le povere possiedono almeno la
casa dove abitano.
Come nelle altre regioni piane e fertili le proprietà sono maldivise, e
mentre un certo numero di famiglie hanno estesi possedimenti, tante altre non
hanno di proprio una sola giornata di terreno, dove lavorare a proprio conto,
epperò non pochi devono porsi sotto certe condizioni al servigio annuo dei
grandi proprietarii, o lavorare alla giornata quando alcuno li chiama alle
proprie terre.
Le donne sono laboriose e quando hanno assestato le cose di casa filano
senza posa e tessono tele di lino.
L’istruzione elementare è così trascurata come altrove, e il profitto nullo.
Gli scolari sono in lista 20.
Le persone del comune non impiegate che sanno leggere e scrivere non saranno
più di 20, ed impararono altrove che nella scuola primaria.
Sono in Senorbì sei notai, e trovano facilmente mezzi di vivere e far
fortuna.
Il tribunale è composto di tre soggetti, che sono il giudice, il sostituito
ed il segretario. Esso ha giurisdizione sopra questo paese e Sisini, Selegas,
Suelli, s. Basilio, Seuni, s. Andrea, Arixi.
La seminagione dei cereali suole essere nei numeri seguenti; starelli 1500
di grano, 250 di orzo, 300 di fave, 100 di legumi, 60 di lino.
La moltiplicazione mediocre delle semenze è del 15 pel grano, del 20 per
l’orzo, del 18 per le fave. Come si è potuto dedurre dal cenno topografico sono
nel territorio di Senorbì sotto la ripa orientale del rialto lunghi tratti di
terreno idoneo per l’orticultura; ma la maggior parte di esso lasciasi oziosa e
le specie ortensi sono coltivate da pochi e in piccoli spazi.
I legumi comunemente usati sono ceci, cicerchie, lenticchie.
Le specie ortensi comunemente coltivate sono cavoli, rape, cipolle, ravani,
lattughe, andivie e altre poche.
Gli alberi fruttiferi sono in piccol numero e di poche specie, peri, meli,
susini, fichi, pomi granati, peschi, albicocchi ecc., che in totale non
sorpassano i quattromila individui.
Potrebbero in questo terreno venire felicemente gli agrumi e formarsi de’
vasti giardini; ma l’industria manca, e si fa solo quello che si facea da’
maggiori. I signori che hanno i mezzi di fare utili innovazioni non le fanno, e
finchè quei paesani non sieno persuasi della evidenza dell’utile non esciranno
dall’antica via e dalle viete pratiche.
Il vigneto è assai esteso, le uve di molte varietà bene maturanti e
abbondanti di mosto. I vini hanno riputazione di buoni, e la malvasia è
specialmente stimata. Il buon vino è forse il miglior antidoto che abbian ne’
luoghi malsani contro l’azione venefica de’ miasmi che si bevono nella
respirazione.
Una piccola porzione di mosto si cuoce per la provvista della sapa, un’altra
si distilla per acquavite.
Oltra il terreno chiuso per le vigne sono chiuse altre parti della
superficie di piccola o grande estensione, i cungiaus (piccoli chiusi) e le
tanche (chiudende maggiori) dove si semina or una or altra specie.
Pastorizia. Un terreno così fertile produce liberalmente anche dove
non soccorre l’industria umana, e si ha però un pascolo abbondante.
Nel bestiame manso di Senorbì si numerano buoi 390 per i servigi agrari e
per trasporto, cavalli per sella e basto 115, giumenti per macinare i grani
380, majali per provvista domestica 90.
Nel bestiame rude sono vacche 550, pecore 5000, porci 900, cavalle 200. Le
capre sono in pochissimo numero per causa che il pascolo conveniente ad esse è
rarissimo.
I prodotti del bestiame non solo bastano alla consumazione del paese, ma
danno un superfluo che si esita nei paesi d’intorno o nella capitale.
L’apicultura è generalmente negletta.
Questo paese ha il comodo della facilità de’ trasporti, perchè passa nel suo
mezzo la strada reale, che da Cagliari or è tracciata sino in là di Serri e
sarà presto continuata sino alla Gallura.
La sua distanza da Cagliari è di sole miglia 20.
I paesi che gli restano d’intorno sono Arixi quasi al levante a miglia 1
1/6, S. Basilio nella stessa direzione a 3 1/6, Sisini verso greco-tramontana a
2, Suelli a settentrione a 1 5/6, Selegas verso il maestro-tramontana a 2 1/2.
In stagione secca si può carreggiare da uno ad altro de’ suddetti paesi, ma
nell’inverno la difficoltà è massima per i profondi fanghi.
Religione. Questo paese che era nella diocesi doliese or è compreso
nella giurisdizione dell’arcivescovo di Cagliari.
La chiesa parrocchiale è intitolata da s. Barbara vergine e martire di
Nicomedia, ed è adorna di marmi e ben provveduta per le cerimonie del culto.
Il parroco che la serve ha il titolo di rettore e tiene per suoi coadiutori
nella cura delle anime altri tre sacerdoti.
Le feste più solenni e frequentate da stranieri sono per la titolare addì 4
dicembre, e per s. Antioco martire sulcitano nel primo giorno di agosto. Questa
seconda è fatta più allegra dai soliti sollazzi e dalla corsa de’ barberi.
Prossimamente all’abitato sono due chiese, una denominata da s. Nicolò di
Bari, l’altra da s. Antioco.
La prima dista di soli 300 passi dalle ultime case verso greco-tramontana e
fu parrocchia di un antico villaggio da più secoli distrutto, che si diceva
Segolai.
L’altra dista di quasi il doppio, e fu di recente costrutta e benedetta.
Non essendosi, secondo che era maggiormente prescritto dal Governo, formato
il camposanto, si seppellirono i morti in queste due chiese rurali, e non
curandosi il Governo di far eseguire la legge si segue a seppellirli anche al
presente.
Siccome queste due chiese sono piccole e lo spazio per le sepolture
ristretto, quindi manca spesso il luogo a’ defunti che può dare la popolazione
in certo periodo, e accade che si sfossi per deporre nuovi cadaveri là dove non
sono consunti i già deposti anteriormente. Pare una cosa empia, una
profanazione, estrarre non già le ossa scarne, ma scheletri che sono ancora in
putrefazione.
Oltre queste due chiese minori vi sono nel territorio altre due chiese
rurali, dedicate, una a s. Antonio abate, l’altra a s. Sebastiano martire per
voto in tempo di pestilenza.
Antichità. Si può in questo territorio indicare un solo nuraghe,
quello di Simieri, in gran parte disfatto con l’apertura d’ingresso non più
alta di metri 1,20.
Antichi abitati. Il rottame ammucchiato che trovasi in diversi punti indica
con certezza l’esistenza di antiche popolazioni.
Verso il meriggio a poco meno di un miglio queste rovine sono osservate
presso la chiesa distrutta, che dicono di s. Pietro vecchio. Alla parte di
greco-levante ora il villaggio di s. Teodoro, se così nominavasi in quei tempi,
il cui sito pare sia stato a una od altra sponda del rio di Arixi; ora è
traversato dalla sua corrente.
A settentrione in distanza dal paese di un terzo di miglio era il villaggio
di Simieri: verso ponente, a mezz’ora presso a’ limiti con Ortacesus in Funtana
bangiu, sembra esservi stata popolazione: verso greco appariscono altre rovine
in sa Eclesia de Bangiu, come pure ne’ luoghi nominati Nostra Seniora de Itria
e Arcu nella linea da Senorbì a Selegas, distanti un quarto d’ora.
In vedendo tanto prossime a Senorbì queste rovine parrà forse ad alcuno che
in quei siti sieno stati dei casali, ma non ville; tuttavolta è innegabile che
vi sono stati de’ villaggi, sebben, come è ragione di credere, sieno essi stati
di piccola popolazione: perchè quantunque facile si voglia stimare nella
fertilità del suolo in questa regione la sussistenza, non si può supporre che
potesse fornire a una moltitudine di uomini.
La prova della esistenza di molti villaggi in una regione così ristretta,
qual è il territorio di Senorbì, si trova nel diploma di investitura, che il
giudice Torcotorio dava a suo figlio Salusio de Lacon, del dipartimento della
Trecenta. In quest’istromento sono nominate la villa di Goi-majori
(Guamaggiore), la villa di Selegas, la villa di Santu Sadurru, la villa di
Sehuni, la villa di Sitxi (Sisini), la villa di Simieri, la villa di Arco, la
villa di SENORBÌ, la villa di Segolai, la villa di Arixi mungeta, la villa di
Arixi picciu, la villa di Planu Montis, la villa di s. Basilio, la villa di
Frius, la villa di Donnigala alba, la villa di Alluda, la villa di Villacampu,
la villa di Baralba, la villa di Funtana Sisini, la villa di Bacu de Otgo, la
villa di Jugas de Sitxi, la villa De-Sii, la villa di Dey, la villa di Lery, la
villa de Siocho, la villa di Sebera, la villa Surbou, la villa di Ortachesos,
la villa di Turri, la villa di Baniu de Sitxi, la villa di Pau, la villa di
Fraus, la villa di Segariu, la villa di Saccargiu, la villa di s. Justa de
Lanessi (nome rimasto al rivolo di Segario), la villa di Goiesili (Guasila) e
altre.
[1] Vittorio
ANGIUS, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di
S.M. il Re di Sardegna (a cura di Goffredo CASALIS), vol. XIX, Torino 1849,
pagg. 869-877.
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