Pere de Montpaó signore di Senorbì, Simieri e Sèbera
Pere
de Montpaó (Petrus de Monte Pavone o Montepavone in latino), cavaliere,
alguazir e consigliere reale, discendeva da una famiglia della medio-piccola
nobiltà catalana che alcuni studiosi ritengono originaria della Francia[1].
Questa ipotesi si basa sulla effettiva attestazione del toponimo e del cognome
in distinte aree del territorio occitano (Aveyron, Dorgogne, Aude,
Bouches-du-Rhône), sin dal secoli XI-XII[2],
ma non meno significative per diffusione e antichità paiono le testimonianze
toponomastiche offerte dalle attuali province catalane di Barcellona, Lerida e
Tarragona in riferimento a monti (Anoia, Segarra), fiumi (Baix Penedès) e
abitati (Conca de Barberà, Baix Penedès, Segarra)[3].
Esiste anche un castello di Montpaó in provincia di Lerida nei pressi del paese
di Sant Pere dels Arquells (Ribera d’Ondara, Segarra), poco a sud di Cervera[4].
Detto castello era in origine relazionato ad un omonimo abitato oggi scomparso
che a buon titolo può essere considerato il reale luogo di origine del
lignaggio[5].
Fin
dalla prima metà del secolo XII i Montpaó catalani paiono strettamente legati
alla valle del Riu Francolí (Conca de Barberà, Tarragona). Qui, tra i centri di
Vimbodí, Poblet e L’Espluga de Francolí, si ergeva il poderoso castello di
Milmanda donato nel 1148 da Guerau de Granyena ad Arnau de Montpaó[6],
noto nelle fonti storiche per aver partecipato nel 1149 alla presa cristiana di
Lerida e alla successiva ripartizione dei benefici[7].
Pochi anni dopo, nei limiti di detto castello, sorse il reale monastero di
Poblet che divenne luogo di sepoltura del casato[8].
A l’Espluga de Francolí[9]
i Montpaó godevano nel corso del secolo XIII di vari diritti e proprietà: nel
1203 Guillem de Montpaó donò al suddetto monastero tre mulini da lui posseduti
per concessione dei signori feudali del luogo, i Cervera[10],
mentre nel 1270 fu siglato un accordo relativo all’omonimo castello fra il gran
commendatore dell’ordine degli ospedalieri in Spagna e il cavaliere Bernardo de
Montpaó[11].
Questi nel 1288 fondò due cappellanie nella chiesa di Valls, il cui patronato
assegnò all’abate e priore di Poblet[12].
Lo
stato della nostra ricerca non consente al momento di ricostruire un preciso
quadro genealogico della famiglia Montpaó[13],
diversi membri della quale presero parte attiva alla guerra di liberazione del
Pais Valencià dai musulmani[14].
In particolare un Pere de Montpaó (†ante 27 dicembre 1265)[15]
ricevette da Giacomo I una casa e un campo a Valenza all’epoca della conquista
della capitale nel 1238 e anche terre e mulini nel 1247[16].
Un
altro Pere de Montpaó, distinto dal precedente, figura nel 1277 comanador del
castello templare di Corbins (Segrià, Lerida)[17].
Il
nostro Pere de Montpaó era verosimilmente figlio o nipote del citato Bernat de
Montpaó[18],
consigliere reale e castellano del castello di Valls nonchè signore di
Vilallonga e Ribaroja (tutte località dell’attuale provincia di Tarragona) che
morì il 30 maggio 1299 e fu seppellito nel chiostro del monastero di Poblet[19].
Figura nota nella seconda metà del secolo XIII, Bernat de Montpaó fu un
fedelissimo della casa reale per conto della quale tenne vari anni in custodia
il castello di Siurana (Priorat, Tarragona), famoso per essere stato prigione
di illustri personaggi[20].
Ebbe anche, sino al 1285, diritti sul castello di Conesa (Conca de Barberà,
Tarragona)[21] e
ricoprì gli uffici di veguer di Lerida[22]
e baiulo «montanearum de Pradis»[23].
Nel 1291, assieme a Berenguer e a Poncet de Montpaó, figura tra i feudatari
catalani chiamati a prestare giuramento di fedeltà e omaggio al nuovo re
d’Aragona Giacomo II[24],
mentre l’anno successivo presenziò con gli stessi alle corti generali di
Catalogna tenute a Barcellona[25].
Da
una carta del 1293 ricaviamo che questo Bernat era padre di un Perico[26]de
Montpaó, cui il re Giacomo II riconosceva il rimborso per la perdita di un
ronzino al suo servizio[27].
Lo stesso Perico doveva essere impegnato nel 1297 nella guerra di Murcia se il
re d’Aragona ordinava al baiulo di quel regno di rifornirlo di vesti[28].
Non
è chiaro se sia lo stesso Pere de Montpaó che nel 1311, in qualità di scudiero,
accompagnò l’infante Giovanni d’Aragona ad Avignone per ricevervi la tonsura
dalle mani del papa[29],
mentre sussistono pochi dubbi sull’identificazione di quest’ultimo col Pedro de
Monpahó citato dallo Zurita tra i catalani al seguito dell’infante Alfonso
nella spedizione per la conquista della Sardegna del 1323[30].
Le
fonti documentarie delineano un personaggio nel quale la casa reale riponeva la
massima fiducia tanto che nel 1314, allo scoppio di una violenta pestilenza, il
re Giacomo II d’Aragona progettò un eventuale ricovero degli infanti Giovanni e
Raimondo Berengario nell’abitazione posseduta da Pere de Montpaó nelle campagne
di Valls per farli sfuggire al contagio[31].
Lo stesso Pere risulta poi veguer di Montblanc (Tarragona) nel 1319[32].
Sin
dalla prime fasi della campagna sarda operò a stretto contatto dell’infante
Alfonso, essendo da questi gratificato con cariche di prestigio: fu infatti
veguer dei castelli di Cagliari e Bonaria[33]e
luogotenente del governatore generale dell’isola[34].
Contemporaneamente
il fratello (?) Ramon fu castellano del Castello di Cagliari[35],
podestà di Sassari e capitano del Logudoro[36],
reggendo in seguito anch’egli l’ufficio di governatore generale per assenza o morte
del titolare[37]. Si
pensa che la torre del Castello di Cagliari nota come della Paona, abbia preso
il nome da questa famiglia[38]
il cui stemma araldico contempla un pavone d’azzurro in campo d’argento[39].
Nel
1324, con carta data a Bonaria l’11 luglio, l’infante Alfonso concesse in feudo
a Pere de Montpaó secondo il costume d’Italia e col servizio di due cavalli
armati le ville di Senorbì, Simieri e Sèbera, site nella curatoria di Trexenta,
riservando per sè il mero e misto imperio, il laudemio, la fatica di trenta
giorni e il diritto di appello da parte degli abitanti[40].
Le ville infeudate occupavano un’area lievemente ondulata proprio al centro
della conca trexentese, abitata continuativamente sin dall’età prenuragica.
Senorbì, l’unica sopravvissuta, aveva all’epoca un’estensione territoriale di
gran lunga inferiore all’attuale, esito dall’accorpamento degli antichi centri
abitati di Sisini e Arixi (comuni autonomi sino al 1927) e delle ville
scomparse di Segolay, Aluda, Donigala Alba e Villa di Campo. La villa medievale
confinava ad ovest/nord ovest con quella di Simieri, spopolatasi nel corso del
secolo XV, che ha lasciato tracce di sé nei toponimi nuraghe Simieri e Xea
Simieri[41].
Una sentenza arbitrale del 1455, relativa alla causa tra il signore della Trexenta
Pietro de Sena e l’arcivescovo di Cagliari per il possesso dei salti di Simieri
e Cixì, ci dà, in sardo e catalano, i confini della villa corrispondenti ai
limiti meridionali dell’attuale comune di Suelli[42].
Non vi era invece continuità territoriale con la villa di Sèbera, localizzata
da taluni in agro di Ortacesus alle pendici del colle di Bruncu Lau de Sèbera,
ove sussistono i ruderi di una chiesa dedicata a San Bartolomeo[43],
da altri invece ad ovest di Guasila, sul versante occidentale del colle di Mont’e
Sèbera[44].
Successivamente
l’infante ampliò al Montpaó la concessione con l’aggiunta del mero imperio e di
altri 2000 soldi di rendita su ville confinanti, sostituendogli inoltre il
servizio di due cavalli armati con un censo annuo di 40 fiorini d’oro di
Firenze[45].
In
seguito alla seconda pace tra Aragona e Pisa (25 aprile 1326) Pere de Montpaó
perse le sue ville della Trexenta a vantaggio del comune toscano, ottenendo in
risarcimento 6000 soldi di rendita annua sopra i redditi di una o più ville
situate nel distretto della città di Sassari o di quelle confiscate ai ribelli
della Corona. Di questi 6000 soldi 4000 corrispondevano all’indennizzo per la
perdita delle ville trexentesi[46],
i restanti erano a rimborso della citata donazione di 2000 soldi che non aveva
avuto esito per mancanza di ville da assegnare in feudo[47].
Nel
volgere di un anno, a titolo di globale ricompensa, si vide infeudare le ville
di Sorso, Tànega, Gennor e Oruspe site nella curatoria di Romangia, ma fu
osteggiato da parte dei probi uomini e degli anziani della città di Sassari in
virtù dei privilegi di cui la città godeva sui centri del circondario. La
donazione gli fu così revocata anche se nel 1328 re Alfonso IV gli concedeva
ugualmente di percepire le rendite[48].
Riuscì a prenderne effettivo possesso solo nel 1330[49],
dopo che si concluse la terza ribellione di Sassari con l’espulsione degli
originari abitanti e il ripopolamento attuato con nuovi pobladors catalano-aragonesi[50].
Ancora dopo un anno tuttavia la legittimità della concessione al Montpaó non
appare ancora del tutto chiara, fino alla conferma di re Alfonso nel giugno
1331[51].
Quando
nel 1335 vennero mobilitati tutti i feudatari del regno di Sardegna per la
guerra contro i Doria Pere de Montpaó deteneva ancora le suddette ville[52]
che poi dovette vendere al governatore della Sardegna Ramon de Cardona per fare
ritorno in patria[53].
Nel
1339, in qualità di «portarius maior
illustris domine regine Aragonis», assistette nella cappella reale di
Barcellona all’omaggio prestato da Giacomo III di Maiorca a Pietro IV il
Cerimonioso[54]167. È
da identificare con uno dei due Pere de Montpaó, padre e figlio, che alla data
del 28 luglio 1348 risultano entrambi deceduti e seppelliti con gli antenati
nel reale monastero di Poblet[55].
* Antonio FORCI,
Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della
dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean
Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio
2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista
dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari
2010.
[1] Cfr.
Charles-Jean-Marie de TOURTOULON, Les français aux expédicions de Mayorque et
de Valence sous Jacques le Conquérant, roi d’Aragon (1229-1238), in “Revue
Nobiliaire Historique et Biographique”, n. s., tome II, 1866, p. 228; M. H.
Laurent, Le culte de S. Louis d’Anjou à Marseille au XIV siècle, Roma 1954, p.
31.
[2] Un Geraldus de
Montpao e il fratello Aicius provenienti dalla Dordogna sono documentati in
Paul François Étienne CHOLET (ed.), Cartulaire de l’abbaye de SaintÉtienne (en
Saintonge), Niort 1868, charte CCCLXXVII (anni 1083-1098), pp. 158- 159. Sempre
in Dordogna un castellum de Montpao è attestato nel 1170: cfr. Alexis J. D. DE
GOURGES, Dictionnaire topographique du départiment de la Dordogne comprenant
les noms de lieu anciens e modernes, Paris 1873, s. v. Montpont.
[3] Cfr. GEC, vol.
10, Barcelona 1977, p. 265; J. Corominas (dir.), Onomasticon Cataloniae, vol. 5
(L-N), Barcelona 1996, s. v. Montpaó, pp. 269-270; Nomenclàtor oficial de
toponímia major de Catalunya, Generalitat de Catalunya-Institut d’Estudis
Catalans, Barcelona, 2003, pp. 198, 201, 410, 988. La base etimologica del
toponimo è costituita dai sostantivi latini mons-montis (monte), e pavo-pavonis
(pavone), nome di un uccello ma anche di persona, per cui Mons Pavonis avrebbe
designato in origine semplicemente un’altura proprietà di una persona con
questo nome.
[4] Cfr.
Nomenclàtor oficial de toponímia major de Catalunya cit., p. 988. Del
monumento, ridotto in completa rovina, è data una sommaria descrizione in
Joan-Ramon GONZÁLEZ I PÉREZ, Josep-Ignasi RODRÍGUEZ I DUQUE, Daniel RUBIO I
RUIZ, Els testimonis arqueològics del telègraf òptic, in Arqueologia de la comunicació.
Actes de les IV jornades d’arqueologia industrial de Catalunya (Girona 6, 7 i 8
de noviembre de 1997), Barcelona, 2001, p. 604.
[5] Cfr. Joan
COROMINAS (dir.), Onomastocon Cataloniae, vol. 5 cit. p. 370, secondo cui tutti
o buona parte dei toponimi Montpaó registrati in Catalogna sono derivati da
quello della Segarra.
[6] Cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, tomo I,
Cervera 1753, pp. 53-56; Pere CATALÀ I ROCA, Comentari marginal, in ID. (dir.),
Els castells catalans, vol. IV, Rafael Dalmau Editor, Barcelona 1993 (II
ediz.), pp. 399- 400.
[7] Cfr. Antoni
VIRGILI, Les conquestes catalanes del segle XII i els repartiments, in E.
Guinot, J. Torró (eds.), Repartiments medievals a la Corona d’Aragó (segles
XIIXIII), Universitat de València, València, 2007, p. 67.
[8] Cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, I cit., p.
321.
[9] Cfr. Agustín
ALTISENT, Un poble de la Catalunya Nova els segles XI i XII. L’Espluga de
Francolí de 1079 a 1200, in “Anuario de Estudios Medievales”, 3, 1966, pp.
131-213.
[10] Cfr. Carolina
BATET COMPANY, L’aigua conquerida. Hidraulisme feudal en terres de conquesta:
alguns exempls de la Catalunya Nova i Mallorca, Universitat de València,
València, 2006, p. 67-69.
[11] Cfr. Joseph
Marie Antoine DELAVILLE LE ROULX, Les archives de l’ordre de l’Hôpital dans la
péninsule ibérique, Paris, 1893, p. 96.
[12] Cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, tomo III,
Cervera, 1756, p. 67.
[13] Interessante il
dato prosopografico offerto da Agustín ALTISENT, Un poble de la Catalunya Nova
els segles XI i XII. L’Espluga de Francolí cit., pp. 174-175, secondo cui
Guillem e Bernat de Montpaó, quest’ultimo padre di un Berenguer, erano figli di
Pere Ponç de Segura e fratelli di Guerau de Segura. Questo Guillem de Montpaó è
da identificare quasi certamente col personaggio dallo stesso nome, signore di
Rocamora, morto nel 1198 e sepolto nel monastero di Poblet: cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de Poblet, I cit., p.
321. Da notare che sono vari i membri della famiglia Montpaó a portare i nomi
di Pere e Ponç nel corso dei secolo XIII e XIV.
[14] Cfr. Santiago
ALBERTÍ, Diccionari biogràfic, vol. III
(M-P), Barcelona, 1969, p. 277; Robert I. BURNS, Transition in Crusader
Valencia: Years of Triumph, Yars of Wor, 1264-1270, Princeton University Press,
2001, pp. 34-36, 243-244, 281.
[15] Cfr Robert I. BURNS, Transition in Crusader Valencia
cit., doc. 657, p. 196.
[16] Cfr. Santiago
ALBERTÍ, Diccionari biogràfic, vol. III (M-P), Barcelona, 1969, p. 277, s. v.
Montpaó, Pere de; Enric GUINOT, El repartiment feudal de l’Horta de València al
segle XIII: jerarquització social i reordinació del paisatge rural, in Enric
GUINOT, Josep TORRÓ (eds), Repartiments medievals a la Corona d’Aragó (segles
XII-XIII), Valencia, 2007, pp. 180-181.
[17] Cfr. Josep
Maria SANS I TRAVÉ, Relacion de la casa del Temple a Barberà amb el monastir de
Santes Creus (siglo XIII), “Analecta Sacra Tarraconensia”, 48, 1975, p. 44.
[18] Cfr. Santiago
ALBERTÍ, Diccionari biogràfic cit., p. 277, s. v. Monpaó, Bernardo de.
[19] Cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de poblet, I cit., p.
321; Joan Francesc CABESTANY, Els enterraments amb sarcòfag del monestir de
Poblet (segles XII a XIV), in Necròpolis i sepoltures medievals de Catalunya,
«Acta Mediaevalia», annex 1, Pedralbes-Barcelona, 1982, p. 291.
[20] Cfr. Pere
CATALÀ I ROCA, Castell de Siurana, in ID. (dir.), Els castells catalans, vol. IV, Barcelona 1993 (II ediz.), pp. 420-422.
[21] Cfr. Joaquim
MIRET I SANS, Pere CATALÀ I ROCA, Castell de Conesa, in Pere CATALÀ I ROCA
(dir.), Els castells catalans, vol. IV, Barcelona 1993 (II ediz.), pp. 221-222.
[22] Cfr. Andrés
GIMENEZ SOLER, El poder judical en la Cotona de Aragón, Barcelona, 1901, pp.
38-39, nota 3.
[23] ACA, Real Cancillería, reg. 264, f. 85r.
[24] Cfr. Memorial
Histórico Español: coleccion de documentos, opúscolos y antigüedades que
publica la Real Academia de la Historia, t. III, Madrid. 1852, pp. 429-430.
[25] Cfr. Cortes de
los antiguos reinos de Aragón y de Valencia y Principado de Cataluña. Cortes de
Cataluña, tomo I/I, Madrid, 1896, p. 163.
[26] Diminutivo di
Pietro.
[27] ACA, Real
Cancillería, reg. 261, f. 74v (1293 giugno 5, Teruel).
[28] ACA, Real
Cancillería, reg. 261, f. 112r (1297 ottobre 20, Teruel).
[29] Cfr. Jaime E.
MARTINEZ FERRANDO, Jaime II de Aragón. Su vida familiar, Barcelona 1948, vol.
II, p. 143.
[30] Cfr. Jerónimo
Zurita, Anales de Aragón cit., libro VI, cap. XLIII.
[31] Cfr. Jaime E.
MARTINEZ FERRANDO, Jaime II de Aragón cit., vol. I, doc. n° 154, p. 106, vol.
II, p. 61.
[32] Cfr. Josep
María LLOBET I PORTELLA, Dues lletres de la cort de la vegueria de Montblanc i
la resposta a una d’elles (1318-1319), in “Aplec de Treball”, 17, 1999, pp. 10,
13.
[33] ACA, Real
Cancillería, reg. 402, f. 146r-v (1326 agosto 12, Fraga).
[34] Cfr. Rafael
CONDE Y DELGADO DE MOLINA, Antonio Maria ARAGÓ CABAÑAS, Castell de Càller.
Cagliari catalano-aragonese, CNR-Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari,
1984, p. 246 (indice analitico, s. v. Montpaho).
[35] ACA, Real
Cancillería, reg. 401, f. 4r-v (1326 maggio 16, Barcellona).
[36] ACA, Real
Cancillería, reg. 401, ff. 5r-6r (1326 maggio 16, Barcellona): cfr. Angelo
CASTELLACCIO, Note sull’ufficio del veguer in Sardegna. 1. Sassari, in Luisa
D’ARIENZO (ed.), Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra medioevo ed età moderna
cit., vol. I, pp. 234-236. Questa evidente anomalia di una medesima persona
nominata a capo di due importanti uffici con sedi ai capi opposti dell’isola si
risolse pochi mesi dopo, quando Bernardo de Boxados, governatore generale del
regno, sostituì Ramon de Montpaó nella custodia del castello e delle torri di
Cagliari: ACA, Real Cancillería, reg. 402, f. 149v (1326 agosto 12, Fraga).
[37] Cfr. Luisa
D’ARIENZO, Carte reali diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso, re d’Aragona,
riguardanti l’Italia, CEDAM, Padova, 1970, p. 9, nota 10.
[38] Cfr. Maria
Bonaria URBAN, Cagliari fra Tre e Quattrocento, Edizioni dell’Istituto sui
rapporti italo-iberici, Cagliari, 2000, p. 83.
[39] Cfr. José GRAMUNT, Los linajes catalanes de Cerdeña,
Barcelona, 1958, p. 112. Lo
stemma di Ramon de Montpaó si conserva nel cortile della caserma La Marmora di
Sassari, proveniente dal distrutto castello della città: cfr. Daniela ROVINA,
L’età medievale, in Sassari. Le origini, Gallizzi, Sassari, 1989, p. 137, fig.
18.
[40] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 26r-v, 43v-44v (1324 luglio 11, castello di
Bonaria).
[41] Cfr. RAS, Carta
tecnica della Sardegna. Foglio n° 458-Senorbì, sezz. A2, B2, ediz. 1970 (scala
1:10.000); IGMI, Carta topografica d’Italia scala 1:25.000. Foglio n° 548 sez.
IV-Senorbì, Firenze, 1992.
[42] ASC, Notai di
Cagliari, Atti sciolti, b. 254, Stefano Daranda, vol. 3, f. 32r (15 aprile
1455).
[43] Cfr. Daniela
ARTIZZU, Indagine in alcuni paesi della Trexenta. Lettura archeologica e topografica,
in Rossana MARTORELLI (ed.), Città, territorio, produzione e commerci nella
Sardegna medievale. Studi in onore di Letizia Pani Ermini, AM&D Edizioni,
Cagliari, 2002, pp. 156-157.
[44] Cfr. Silvestro
GHIANI, La Trexenta antica, Amministrazione di Guasila, Guasila 2000, pp.
192-193. Secondo Ghiani la chiesa di San Bartolomeo era parrocchiale del
villaggio scomparso di Bangio Donico.
[45] ACA, Real
Cancillería, reg. 399, ff. 79r-80r (1325 luglio 3, Daroca); 77v-78v (1325
luglio 7, Daroca).
[46] ACA, Real Cancillería,
reg. 401, f. 66r-v (1326 luglio 12, Lerida); reg. 402, f. 158rv (1326 agosto
31, Saragozza).
[47] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 102v-104r (1327 giugno 3, Barcellona).
[48] ACA, Real
Cancillería, reg. 508, f. 58r-v (1328, maggio 13 Saragozza).
[49] ACA, Real
Cancillería, reg. 509, ff. 104r-105v (1330 gennaio 13, Valenza).
[50] Cfr. Angelo
CASTELLACCIO, Note sull’ufficio del veguer in Sardegna. 1. Sassari cit., p.
235.
[51] ACA, Real
Cancillería, reg. 511, ff. 78v-79r (1331 gennaio 21, Valenza); ff. 134v-136r
(1331 giugno 10, Barcellona).
[52] ACA, Real
Cancillería, reg. 518, f. 173v (sine data ma post 21 maggio 1335).
[53] In realtà non
sono note le modalità con cui Ramon de Cardona entrò in possesso delle ville
appartenute a Pere de Montpaó: cfr. Maria Teresa FERRER I MALLOL, Ramon de
Cardona, militar y diplomático al servicio de cuatro reinos cit., p. 1450.
[54] Cfr. Antoni DE
BOFARULL (ed.), Crónica del rey de Aragon D. Pedro IV el Cerimonios ó del
Punyalet, Barcelona, 1850, pp. 407-411.
[55] Cfr. Jaime
FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de poblet, I cit., p.
321.
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