I Visconti per contrastare l’influenza
politica che Guglielmo aveva assunto a Pisa (in quanto uno dei maggiori
esponenti del partito anti-visconteo) cercano di colpire il Marchese
direttamente al cuore dei suoi interessi e portano lo scontro direttamente in
Sardegna così la Gallura nel 1207 entra nella loro orbita con il contestato
matrimonio tra Lamberto Visconti e l’erede al trono giudicale, Elena di Gallura,
scompaginando i piani dei vari attori in gioco ossia principalmente il papa
Innocenzo III (che era quasi riuscito ad imporre il matrimonio con il proprio parente
Trasamondo de Segni) e, nonostante avessero ormai desistito a causa delle
pressioni papali, lo stesso Giudice cagliaritano (che dopo aver invaso il giudicato
gallurese intendeva far sposare Elena con il proprio cognato Guglielmo
Malaspina) e il Giudice di Torres Comita (che aveva invece avanzato la
candidatura del proprio fratello Ittocorre).
Nel frattempo anche nel
comune di Pisa si assiste ad una situazione di stallo istituzionale; le due
fazioni che si contendevano il potere non erano in grado di prevalere l’una
sull’altra né di procedere alla nomina delle cariche comunali per cui Guglielmo
di Massa (sul quale incombevano peraltro dei pretestuosi procedimenti
giudiziari intentati sia da privati che dal Comune per dei prestiti contratti
in precedenza probabilmente per far fronte alle spese per la conquista del
Giudicato di Cagliari) forse meditò che l’unica opzione ormai possibile fosse
uno scontro armato e risolutivo.
Gli avvenimenti ci sono
noti attraverso alcuni documenti, uno contemporaneo agli avvenimenti ed un
altro posteriore di circa due secoli.
Il primo è il così detto “Ritmo Volgare Lucchese
del 1213” (scritto parte in latino e parte in volgare) qui trascritto nella
versione del De Bartholomaeis:

“In nomine Domini, Amen. In M.CC.XIIJ, existentibus consulibus
Rustichello di Pogio et Albertino Sofreducii et sociis maioribus, per Crucis
triumfum fuit sconfictus Marchio Guilielmus Sardus cum flore peditum et militum
Civitatis Pisane et districtus, et peditum et militum Pistoriensium, et comitis
Guidonis Guerre, et totius comitatus Lunensis et maxime Massa del Marchese, et
quasi omnes nobiles Val d' Ere et di Val d'Arno et di Val d'Elsa et di Val
d'Ebola et comitatus Volterre, a Civitate Luca et Rosso et Mediolombardo da
Castello Aghinolfi, cum Rosso tantum estantibus nobilibus Gotifredo et Ubaldo
Eldissi, Pisanis civibus, et filio Aldibrandi Bemboni et alio eorum militibus
et filio Berlinghieri de Travalda et nobili nostro confolanerio Uguicionello de
Monte Calvori, castellano abatis Sestensis.
Que sconficta fuit i[n] medio ianuario iusta Massam del Marchese uno
miliario, albergariam faciente Luca al Fregioro. In qua sconficta captus fuit
Rugerius comitis Guidonis filius cognatus Marchionis predicti, comes Gerardus
di Pian di Porto, Lanfrancus Lazari de Pistorio, Mussus de Pistorio et
Guittoncinus Sighiboldi, et alii .vj. de nobilioribus dicti Pistorii ; et omnes
Luce missi in captuna. Item .v. de nobilioribus dicte Masse. Rossus vero et
Mezolombardus habuerunt Graccum de Sala et .xij. de nobilioribus dictae Masse
in eorum captuna. Et ultra .L. fuerunt alii qui malo more fuerunt tramanganati.
Inter quos filius Gerardini Ghiandonis, qui cum esset a Marchionis parte, per
Rolandum Ceci fu abatuto et Orlando ebb’ el cavallo. Similiter Guidarellus
Barletti fa dal Marchese et [fu] abatuto.
Ma si fu tramanganato Guido Franchi che batté ne la nostra Moneta et or
no fu sopra;
Ma come perdetero lor distrieri / cosi fussero rimasi prescioni / per li
nostri cavallieri! / Altressì no fu sopra /Gualterotto Castagnacci / el
Ronsinello Pagani; / ma per saramento fur distrecti / et ritornaro dai
Christiani; / ma loro arme e lor cavalli / lassare dai Pagani. / In quello
stesse rio segno / fu Orlandin da Sogromigno / che fu Guido et Guidarello. / Pegio
non fu lo Garfagnino, / quei che non fu paladino, / filiolo di Guido
Garfagnino. / Prese a torto confalone, / ka Luca l trasse di prescione; / e
perciò quel mal portoe. / Mei lo portò Uguicionello, / quei che già no i fu
Gainello, / ka Lucca aitò, la sua cittade, / in cui castello ten
Christianitade. / Ebbevi l Vescovo un suo frate / che no diede delle spade; / fece
sì come nimico; / di Lucca non fu unque amico; / perciò sempre fu mendico. / Stiano
a mente, ben lo dico: / che a Lluca sempre sia schifato / e a Lucca sempre sia
odiato; / aver di Lucca non i sia dato; / tolto i sia quel che a pilliato, / ka
di Lucca l'à 'nvolato : / tutto fu dello sacrato! / Di lui e li altri sia
vendetta! / Di ciò Lucca non s'afretta! / Veggio ch' end' arà disnore, / si no
i punisce cum suo honore. / Punisca in prima li cittadini / ka metta mano ai
contadini! / Dell' un faccia tal vendetta, / l'altro a casa non l'aspetta. / Alti
altri affar ogn'on ten [ov]ra, / che già Lucca non s'[a]opra.”
Il secondo cronista che
riporta della battaglia invece è il lucchese Sercambi (vissuto a cavallo tra il
‘300 e il ‘400) nella sua Cronica data alle stampe dal Bongi e che attinge da
fonti diverse rispetto alla precedente:
“XXX. COME LI CHAVALIERI DI LUCHA COMBACTÈONO CON MARCHEZI DA MASSA.
L' anno di .MCCXIII. fu la bactagla alla marina tra 'I marcheze Sardo e
Orlando Truffe da Chastello Aghinolfi dall' una parte, e Bonifatio Rosso dall'
altra parte. E il dicto marcheze mandò per Toschana e per Lombardia per
chavalieri & pedoni, tanto che fecie grande exercito di Pisani, Fiorentini,
Pistoresi, Valdarnesi et molti di Versigla, e 'l conte Guido e 'I figluolo
& alquanti Porcharesi e alquanti Soffredinghi. Furono in numero di .V.c
chavalieri. E com molti pedoni & arcieri. E allora guastaron lo chastello Aghinolfi
e Monte Tignoso. Allora Bonifatio Rosso si sentio gravato dal marcheze, venne a
Luccha elli e la mogle, e chiese aiuto, onde li Consoli di Luccha, ciò fu
Alberto Soffreducci e Guillelmo Maluzi e Rustichello di Poggio & Bonagiunta
Lamfredi e Gulliermo Chastagnaci, avuto loro comsilio, concedeono che qualunqua
volesse andare in aiuto del dicto Bonifatio possa andare.
Allora v' andoe gente di Luccha, e fu loro capitano mess. Goctifredi Mosto
di Pisa, & puoseno il campo in nel borgo di Branchagliano, e poi mutònno il
campo al Frigido. E saputo il marcheze da Massa che i cavalieri di Luccha non
erano .CC., di che elli prese comsiglio e diliberò di combattere, e l'altro die
fu la bactagla e fu sconfìcto il marcheze Sardo da Massa e fu preso molta della
sua gente, e fu preso lo buon chavalieri mess. Forte Pellari e Uberto Manchone
e Albertino Consolo e Bernardo Maccha, e Uberto Fronde e Aldibrando Bozza e 'I
figluolo del conte, e 'l figluolo di Lazzari de' Lazzari di Pistoia, con molti
altri in numero di .LX. e de' Lucchesi funno presi .VIII.”
E’ nota anche un’altra cronaca
tarda che però ci è di scarsa utilità per comprendere gli avvenimenti in quanto riprende la precitata cronaca del Sercambi ma che comunque riportiamo per completezza d'informazione:
“Sardus, id regulo nomen, Massae Lunensi imperitabat. Is Aginulphum,
Rolando Truffae in perduellionis poenam a Lucensi populo ademptum, ac Bonifacio
Russo, ob egregiam in proelio ad Buram flumen navatam reipublicae operam
traditum, armis aggressus, collectis ex Gallia Cisalpina Etruriaque universa
copiis, magnum peditum ballistariorumque numerum sub signis coegit. Praeter
validam quingentorum equitum manum e flore Tusciae nobilitatis: inter quos
Porcarienses et Suffreducii Lucensium exules, privatum dolorem, patriae clade
ultum ibant. lamque Aginulpho Ignosoque uno impetu captis direptisque, victor
Sardus discebat, cum Russus implorata Lucensium fide bellum instauravit. Quippe
Robertus Soffreducius, Gulielmus Malugius, Rustichellus Podius, Buonagiunta
Lanfredus et Guglielmus Castanacius qui tunc consulatum Lucae gerebant,
egregium rati, si clientem ac supplicem defendissent, vitato populi nomine,
quem implicari tunc bello minime expediebat, edixere nemini privato fraudi
futurum, qui suis consiliis, opibusque Russum iuvisset: modo ne quod Lucensis
populi vexillum aut nomen praeferretur. Certatim in eam expeditionem nomina
dedere. Profectique duce Gaufrido Mosca pisano exule, primo ad Vicum
Brancalianuni, deinde ad amnem Frigidum castra locavere. Sardus maiore suorum
numero confisus, cum Lucensem equitatum ducentos non excedere comperisset, pugnam
minime detractavit. Sed quod numero decorat, virtute suppletum, tantisque
animis viribusque a Lucensibus pugnatum, ut hostes passim fusi fugative terga
verterent. Ad sexaginta e primoribus capti; inter quos Fortes Pellarius
equestris ordinis, Ubertus Mancho, Albertinus Consul, Bernardus Manchus aliique
clari viri; cum e Lucensibus octo tantum in hostium potestatem venissent.”
L’insieme di questi
resoconti ci consente di comprendere la variegata, e a tratti confusa, composizione
dei due eserciti contrapposti nei quali, almeno ufficialmente, non sono però
presenti ne Comune di Pisa e ne quello di Lucca.
L’occasione per la resa dei
conti si ebbe nel 1212 quando Guglielmo di Massa dopo aver raccolto le sue
truppe si porta al castello di Aghinolfi di Montignoso (importante
fortificazione di origine longobarda sita circa 4 km a sud est di Massa posta
in posizione dominante sulla via francigena) che viene distrutto; i feudatari,
i fratelli Bonifacio Rosso e Mezzolombardo, si rivolsero pertanto a Lucca chiedendo
(e ottenendo) aiuti militari anche se, come accennato, senza il coinvolgimento
ufficiale del Comune.
L’esercito lucchese in un
primo momento si accampò nei pressi di Brancagliano (nei pressi di Pietrasanta)
e a metà di gennaio del 1213 entrò in contatto con le truppe di Guglielmo nei
pressi del fiume Frigido a circa un miglio da Massa.
Da una parte dunque il
Giudice Guglielmo (nelle cui file militavano circa 500 cavalieri oltre a fanti
e arcieri) con i pisani, i pistoiesi, i massesi, fuoriusciti lucchesi, il suocero
conte Guido Guerra dei conti Guidi (con suo figlio Ruggero che viene fatto
prigioniero) e altri combattenti da varie zone della Toscana e nord Italia oltre
a Orlando (o Rolando) di Truffa fratello dei castellani di Aghinolfi e con
questi in dissidio proprio a causa del Castello di Aghinolfi in precedenza
sottratogli proprio grazie all’intervento di Lucca. Nelle cronache non sono
segnalati combattenti provenienti dai possedimenti sardi ma non sarebbe strano
che abbiano partecipato alcuni dei più fedeli “majorales” isolani come
d’altronde alcuni erano presenti qualche decennio dopo al seguito di Re Enzo
nelle campagne militari nella penisola. Dall’altra parte, al comando di Gottifredo
Musto Visconti, erano raccolti i lucchesi, i castellani di Aghinolfi, i
fuoriusciti pisani e vari castellani toscani complessivamente circa 200
cavalieri oltre a fanti e arcieri.
L’esercito del Marchese,
nonostante fosse decisamente superiore numericamente, viene però sconfitto
dagli avversari; Guglielmo, pur essendosi, sembra, comportato valorosamente sul
campo di battaglia, non può far altro che ritirarsi, forse in Sardegna,
lasciando mano libera ai suoi avversari che in seguito a Pisa riescono a far
nominare un governo di quattro magistrati denominato “rectores pisane
civitatis” dei quali uno sicuramente della consorteria dei Visconti.
Guglielmo morirà nel mese
di gennaio o di febbraio del 1214 (e comunque sicuramente entro maggio)
lasciando il trono giudicale alla figlia Benedetta
che di lì a poco sarà anch’essa oggetto delle mire viscontee e costretta a
sposare prima il Giudice di Gallura Lamberto (matrimonio poi annullato dal
Papa) ed in seguito Ubaldo Visconti nonchè a cedere la collina su
cui verrà fondato il “Castellum Castri de Kallari” destinato a diventare il
fulcro del potere pisano nell’isola; il suo principale avversario invece,
Ubaldo Visconti, tesaurizza la vittoria sul Marchese e, dopo aver assunto la
carica di podestà di Siena, nel marzo del 1215 verrà eletto podestà di Pisa
sancendo la sconfitta della fazione avversa.