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lunedì 17 ottobre 2016

La famiglia Orlando in Trexenta

La famiglia Orlando in Trexenta
di Sergio Sailis
 
Come noto a partire dal XII secolo diverse importanti famiglie della penisola, specialmente liguri e toscane, grazie anche ad accorte politiche matrimoniali riuscirono ad inserirsi nel tessuto sociale della Sardegna riuscendo in alcuni casi ad assumere il controllo degli stessi giudicati.
Anche la famiglia Orlandi, quasi sicuramente di origine toscana, è ben radicata nella Sardegna medioevale; alcuni esponenti li troviamo infatti a Cagliari, a Iglesias ed in modo particolare in Trexenta.
Non sappiamo con certezza quando e per quale motivo alcuni elementi della famiglia si insediarono in Trexenta ma sin dagli inizi del Duecento nella documentazione pervenutaci si riscontra frequentemente il nome di “Mariano Dezzori Orlandu” con la carica di curatore della Trexenta.
Considerato il doppio cognome, del quale uno chiaramente sardo, si può ipotizzare che lo stesso era discendente di qualche personaggio probabilmente passato in Sardegna a seguito delle concessioni giudicali a mercanti o istituti religiosi pisani oppure al seguito di Guglielmo di Massa (Salusio IV); qualunque sia la sua origine è certo che fosse una persona di una certa importanza nell’ambito della cerchia del giudice sardo – toscano e lo possiamo rilevare dal fatto che nel 1206 lo ritroviamo tra i ”liurus de Kalaris” in qualità di testimone al trattato con cui si rettificarono i confini tra il Giudicato di Cagliari e quello d’Arborea sottoscritto tra lo stesso Guglielmo e Ugo de Bas[1].

(Img da E. Blasco Ferrer 2003)
Il suo nome, assieme a quelli di altri importanti personaggi, ricorre inoltre ripetutamente in una serie di documenti sia in qualità di testimone che parte attiva in alcune donazioni o controversie in un arco cronologico che va dal 1190 al 1216 tra le cosiddette “carte volgari” edite dal Solmi[2]:
“Ante stimonius, Mariani Dezzori Orlandu, ki fudi curatori de Tregenta, et Juanni de Serra, Forastiu de Kabuterra, et Cumida Statigu, Gostantini Fiori pikinnu, frau d’Arcu, et Gostantini Traccucu. Istimonius de logu, Arzzocu de Maronius, Petru d’Arzeti, Gunnari de Lacon mancosu.” (carta X - del 1200/1212, pag. 292) datazione successivamente rettificata dall’autore in 1190/1200[3];
“Et sunt destimonius Barisoni de Serra Passagi, et Comida de Serra de Frailis, et Mariani Dezori Orlandu.” (carta XI - del giugno 1215, pag. 294);
“Et ego batusi ‘ndi liurus maioralis, ad donnu Mariani Dezori Orlandu, et ad donnu Johanni de Serra Daluda, et ad donnu Saltoro de Unali corrogla, et ad donnu Turbini de Siiki, et ad Mariani de Zoli d’Ozrokesus …” e nello stesso documento “Et sunt destimonius, Barisoni de Serra passagi, et Comida de Serra de Frailis, et Mariani Dezori Orlandu.” (carta XII - del 30/09/1215, pag. 295 e 296);

(Img da E. Blasco Ferrer 2003)
“Istimonius, donnu Gontini d’Orruu Daluda, curadori de Treienta, ante ki kertaamus, et donnu Mariani Dezzori Orlando, et donnu Cumida Dezzori de Enoni, et donnu Johanni de Serra, et donnu Arzzocu de Unali su fradi, et donnu Turbini de Siiki, et donnu Mariani Dezoli., …” e poco oltre “Istimonius, donnu Barusoni Passagi, donnu Mariani Dezzori Orlandu, donnu Johanni de Serra Daluda, donnu Furadu Dezzori zurumpis.” e “Istimonius, donnu Cumida de Serra de Frailis, et donnu Gontini de Serra afaidadu, et Mariani su fradi, et donnu Petru de Serra calagonesu, et Gunnari su fradi, et Petru de Serra Pinna. Et sunt destimonius, Barusoni de Serra passagi, et Cumida de Serra de Frailis, et Mariani Dezzori Orlandu.” (carta XIII - del 06/11/1215, pag. 297-298-300);
“Istimonius, donnu Johanni de Serra su fradi carrali, et donnu Mariani Deççori Orlandu, et donnu Mariani de Serra Daluda, filiu de cussa stissa donna Muscu, et donnu Turbini de Siiki, et donnu Cumida de Unali de bilia de Campu.” e “Istimonius de custas ambas daduras, donnu Mariani Deççori Orlandu, donnu Barusoni Dinki, donnu Gontini d’Orruu d’Abis, Cumida d’Arcedi de Semassi, et Turbini su fradi. Et sunt destimonius Barusoni de Serra Passagi, et Cumida de Serra de Frailis, et Mariani Deççori Orlandu.” (carta XIV – del 07/11/1215, pag. 302-304);
“Et sunt testimonius Barisoni de Serra Passagi, et Cumida de Serra de Frailis, et Mariani Dezori Orlandu.” (carta XV - del 21/06/1216, pag. 305).
Nelle stesse carte è inoltre presente anche Cumida Dezzori Orlandu suo probabile parente, forse un figlio Istimonius, donnu Petru, priori de sanctu Sadurru, donnu Gregu Casu, armentariu de sanctu Jorgi, donnu Turbini de Lacon mancosu, donnu Johanni de Serra daluda, donnu Gontini de Serra affaidadu, donnu Cumida Dezzori Orlandu. Et sunt destimonius de logu, donnu Barusoni de Serra Passagi, donnu Cumida de Serra de Frailis, et donnu Cumida Deççori de Enoni.” (carta XVII - del 08/03/1217).
Un secolo dopo, a seguito dell’invasione catalano-aragonese, tale Filippo Orlando di Guasila (probabilmente parente di Grazia Orlandi di Masino, importante proprietario immobiliare a Cagliari, medico di fiducia di Ugone d’Arborea, collaborazionista dei catalani, promotore di una congiura a Cagliari ai danni dei pisani nel 1324, e che venne ricompensato con diverse assegnazioni di beni)[4] veniva beneficiato dagli aragonesi in data 11 marzo 1324 con la concessione in enfiteusi del salto di Fflios posto in prossimità dei confini con Simieri[5] e qualche mese dopo, il 1° maggio 1324, nella sua qualità di «iudex de facto in certis curatoriis» tra cui la Trexenta era incaricato di prestare omaggio a nome degli uomini della villa di Selegas che il sovrano aveva concesso in feudo a Pere de Libià[6].

(img. ACA Barcellona)
Oltre alle sue proprietà di Guasila l’Orlando era anche proprietario della metà di un alberch in Cagliari nella “Rua de Sancto” in comproprietà con Nicola Garau[7]: “15…Item, l'alberch apres la meytat dels quals es de Philippo Orlando, sart, e altre meytat es dels hereus de Nichola Carau fo estimat e passa en la de sobre; fo assignat a n Ramon de Besuldo, alguatzir; fo assignada la meytat del alberch dessus dit a·n Ramon de Bisuldo…”
Non sappiamo ancora con certezza quale fosse questa “Via del Santo” menzionata nel documento, e non è importante ai nostri fini, anche se sappiamo comunque che era nelle vicinanze della Ruga Marinariorum (attuale via Canelles)[8]; le proprietà che l’Orlando aveva a Cagliari ci sono estremamente utili invece per un altro motivo: ci permettono di conoscere i nomi dei suoi figli ed eredi.
Il suddetto Ramon de Bisuldo infatti teneva ancora l’immobile nel 1336 e non aveva ancora pagato la stima (ossia il valore di acquisizione attribuito all’immobile) in quanto “ver habitator” ossia era effettivamente residente in Castello e pertanto fruiva delle agevolazioni concesse per il ripopolamento della città. Il versamento venne invece fatto successivamente direttamente dall’amministrazione regia quando ormai Filippo era già deceduto e pertanto venne eseguito a favore dei suoi eredi che fortunatamente sono elencati singolarmente ossia: Lorenzo, Nicoletta, Pietro, Costantino, Miale Castay[9].




(famiglia Orlando di Goy de Silla, l'attuale Guasila)

Questi eredi peraltro, sappiamo da altre fonti, oltre agli altri beni nel 1338 a Guasila avevano ancora in affitto anche diverse proprietà del Priorato di San Saturnino di Cagliari in precedenza gestiti dal padre[10]: “Et in villa Goi de Sila, curatorie Trigente et dictorum regny et diocesis, quedam terrarum petia cum domibus et aratoria que tenet heredes Filippy Orlau et inde annuatim solvunt libras 3 suprascripte monete et quendam terrarum petia que tenet Barholus Sole et inde dat annuatim grani starellos octo ad scriptum starellum et quendam saltum in villa Palme de Sulcio ex quo nil habere potest propter pravos officiales ejusdem ville qui ipsum saltum usurpate et usurpaverunt diu tempore.”
Incrociando i dati della “VI Compositio” pisana del 1359[11] vediamo che all’epoca a Guasila c’erano ben cinque Orlandi tra i quali i nostri Miale e Gostantinus annoverati tra i "liberi et terrales ab equo" , ossia la classe sociale ai vertici della società sarda, mentre il Pietro Orlandi citato nel versamento per l’immobile di Cagliari del Bisuldo, come vedremo in seguito, quasi sicuramente è il canonico e rettore della chiesa di Sebera.
Nella precitata “VI Compositio”, salvo casi di omonimia considerato che sia il nome che il cognome erano all’epoca molto diffusi, il “Fuliatus de Serra” menzionato tra i “minoribus” di Sebera potrebbe essere lo stesso personaggio che qualche anno dopo venne multato da Miali Orlando, nella sua qualità di luogotenente di Gentile Gualandi, Vicario pisano di Gippi e Trexenta, in quanto incriminato di aver fatto pascolare abusivamente il bestiame in un terreno, denominato “salt de Sant Jordi”, di proprietà del comune pisano mentre il de Serra asseriva che per lo stesso terreno aveva pagato l’affitto a Orzocco de Unale (personaggio controverso, che ritroviamo anche in altri documenti, al servizio di Joan de Carroz per conto del quale svolgeva anche “compiti” poco leciti). A conclusione di questa vertenza il 23 luglio (o giugno?) 1363 il governatore Zatrillas intima a Miale Orlando di rimborsare al de Serra 2 libbre e 2 soldi di alfonsini minuti in quanto il terreno conteso era di proprietà del Monastero di Santa Greca di Decimomannu e per conto di questo era gestito dal Carroz[12].
Per quanto riguarda invece l’altro fratello, Pietro, cui abbiamo accennato in precedenza lo ritroviamo in qualità di canonico e rettore del villaggio di Sebera (villaggio non più esistente situato nell’attuale territorio di Ortacesus in prossimità dei ruderi della chiesa di San Bartolomeo). Il villaggio viene in più occasioni menzionato nelle “Rationes” per le decime triennali degli anni 1346-1350 dalle quali rileviamo che “domino Petro Orlandi canonico et rectore ecclesie de Sopera” versa una libbra e 4 soldi. Nei pagamenti successivi non viene più citato il suo nome ma viene indicato genericamente “pro ecclesia Separa” in un versamento di libbre 1 soldi 4 denari 6; “pro ecclesia Separa cum suis annexis” in un versamento di libbre 2 soldi 10 (e sarebbe interessante sapere quali fossero questi annessi purtroppo non specificati nel documento); “pro ecclesia de Sapera” in un versamento di 3 libbre[13].
Il radicamento della famiglia Orlandi nel territorio trexentese è inoltre evidente in quanto oltre ai citati casi di Guasila e Sebera sempre nello stesso periodo in Trexenta vi erano altri Orlandi anche nella Villa di Dei (Salvatore) ed in quella di Bangiu de Arili (Guantinus Curria); anche in questi casi si tratta sempre di persone di un certo peso economico sociale e, nel caso di Guantinus Curria Orlandi, ancora una volta ci troviamo di fronte a uno dei “liberi et terrales ab equo” del proprio villaggio.
Per completezza gli Orlandi trexentesi citati nella Composizione del 1359 sono:
·        Goy de Silla - Francisci Orlandi (proprietario di una casa) pag. 60, Guilielmi Orlandi (proprietario di un terreno e di una piazza all’interno dell’abitato), pag. 60; Franciscus Orlandi (elencato tra i maioribus e proprietario di due gioghi, stimato per 52 libbre), pag. 62; Salvitideus Orlandi (elencato tra i minoribus e stimato per 2 libbre - unico caso in tutta la VI Compositio di un Orlandi non annoverato tra i benestanti), pag. 63; Miale Orlandi (elencato tra i liberi et terrales ab equo), pag. 63; Gostantinus Orlandi (elencato tra i liberi et terrales ab equo), pag. 63.
·        Villa Dei – Salvatore Orlandi (elencato tra i maioribus e proprietario di un giogo, stimato per 20 libbre), pag. 99.
·        Villa Bangni Arilis - Guantinus Curria Orlandi (elencato tra i liberi et terrales ab equo), pag. 102.
Le informazioni storiche sui membri di questa famiglia a questo punto si fanno più scarse; occorre attendere quasi un secolo per trovare un altro Orlandi, questa volta a Selegas. Il 10 settembre 1443 infatti Francesco Orlando (forse un discendente di Filippo che nel 1324 abbiamo visto operante anche a Selegas e che a Guasila aveva un figlio con questo nome?) sottoscrive un atto con il quale promette di risiedere nel villaggio di Selegas assieme alla propria famiglia e di non allontanarvisi senza l’espresso consenso di Jaume de Besora, signore della Trexenta, nei confronti del quale ha dei debiti pendenti; si obbliga inoltre a rinnovare periodicamente l’omaggio feudale al Besora[14]. Purtroppo dal documento non emerge il motivo per cui l’Orlando sottoscriveva questi impegni così gravosi nei confronti del Besora. Era forse era una forma di garanzia per i debiti contratti in precedenza? Oppure aveva beneficiato di nuove concessioni (terreni o case magari in affitto) da parte del feudatario?
Dubbio che per il momento sarà destinato a rimanere in attesa del rinvenimento di nuovi documenti in merito.




[1]Arrigo SOLMI, Un nuovo documento per la storia di Guglielmo di Cagliari e dell'Arborea, in Archivio Storico Sardo - vol. IV - fasc. 1/2 - anno 1908, Cagliari 1908. Cfr. Eduardo BLASCO FERRER, Crestomazia sarda dei primi secoli - vol. I, Officina linguistica anno IV - n. 4, Nuoro 2003, pag. 70 e 77-84.
[2] Arrigo SOLMI, Le carte volgari dell'archivio arcivescovile di Cagliari: testi campidanesi dei secoli XI e XIII, in Archivio Storico Italiano, tomo XXXV - anno 1905, Firenze 1905.
[3] Arrigo SOLMI, Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel medioevo, (appendice), Cagliari 1917, pag. 404.
[4] Maria Bonaria URBAN, Nuovi elementi di storia urbana nel Regno di Sardegna, dalla fondazione di Bonaria al popolamento catalano di Castel di Cagliari, in Anuario de Estudios Medioevales, n. 27 (1997), pagg. 819-867. Cfr. Maria Emanuela MEI, L'edilizia residenziale privata a Cagliari attraverso i documenti e le testimonianze archeologiche, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Cagliari, Dottorato di Ricerca Fonti scritte della civiltà mediterranea - Ciclo XXVI, Cagliari 2012-2013, pagg. 128-131.
[5]Antonio FORCI, Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “RiMe. Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, pag. 154. Cfr. A.C.A., R.C., reg. 389, ff. 93r-94v (1324 marzo 11).
[6]Sandro PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona (1323-1365), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Sassari, Facoltà di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Teorie e Ricerche dei Sistemi culturali, Dottorato europeo di ricerca in antropologia, storia medioevale, filologia e letterature del Mediterraneo occidentale in relazione alla Sardegna, Ciclo XX, Sassari 2005-2006, pag. 219. Cfr. A.C.A., R.C., reg. 398, f. 4v (1324, maggio 1).
[7]Maria Emanuela MEI, L'edilizia residenziale privata a Cagliari, op.cit., pag. 412, 463, 562 e 566.
[8]Maria Emanuela MEI, L'edilizia residenziale privata a Cagliari, op. cit., pag. 104.
[9]Sandro PETRUCCI, Cagliari nel Trecento, op. cit., pag. 434.
[10]Eduard BARATIER, Inventaire des biens du prieurè Saint Saturnin de Cagliari, in Studi storici in onore di Francesco Loddo Canepa - vol. II, Firenze 1959, pag. 68.
[11]Francesco ARTIZZU, L'Aragona e i territori pisani di Trexenta e Gippi, in Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell'Università di Cagliari - estratto vol. XXX – 1967, Cagliari 1968.
[12]Pietro MELONI SATTA, Effemeride Sarda: con l’aggiunta d’alcuni cenni biografici, Cagliari-Sassari 1887, pag. 127. Cfr. Mauro DADEA, Santa Greca: la martire di Decimomannu, in "Per una riscoperta della storia locale: la comunità di Decimomannu nella storia", Decimomannu 2008, pag. 190-191.
[13]Pietro SELLA, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. SARDINIA, Città del Vaticano 1945, pagg. 153-196-206-213.
[14] Antonio FORCI, Damus et concedimus vobis. Personaggi e vicende dell'età feudale in Trexenta (Sardegna meridionale) nei secoli XIV e XV, Ortacesus 2010, doc. XCVII, pag. 344. Cfr. Corrado ZEDDA, Cagliari. Un porto commerciale nel Mediterraneo del quattrocento, in Collana "Mediterranea" dell'Istituto per l'Oriente Clemente Aldo Nallino, n° 2, Napoli.Roma 2001, pag. 204.

lunedì 3 giugno 2013

Pere de Montpaò signore di Senorbì, Simieri e Sèbera

Pere de Montpaó signore di Senorbì, Simieri e Sèbera

(schede dei villaggi Simieri, Sebera)

di Antonio Forci *
 
Pere de Montpaó (Petrus de Monte Pavone o Montepavone in latino), cavaliere, alguazir e consigliere reale, discendeva da una famiglia della medio-piccola nobiltà catalana che alcuni studiosi ritengono originaria della Francia[1]. Questa ipotesi si basa sulla effettiva attestazione del toponimo e del cognome in distinte aree del territorio occitano (Aveyron, Dorgogne, Aude, Bouches-du-Rhône), sin dal secoli XI-XII[2], ma non meno significative per diffusione e antichità paiono le testimonianze toponomastiche offerte dalle attuali province catalane di Barcellona, Lerida e Tarragona in riferimento a monti (Anoia, Segarra), fiumi (Baix Penedès) e abitati (Conca de Barberà, Baix Penedès, Segarra)[3]. Esiste anche un castello di Montpaó in provincia di Lerida nei pressi del paese di Sant Pere dels Arquells (Ribera d’Ondara, Segarra), poco a sud di Cervera[4]. Detto castello era in origine relazionato ad un omonimo abitato oggi scomparso che a buon titolo può essere considerato il reale luogo di origine del lignaggio[5].

Fin dalla prima metà del secolo XII i Montpaó catalani paiono strettamente legati alla valle del Riu Francolí (Conca de Barberà, Tarragona). Qui, tra i centri di Vimbodí, Poblet e L’Espluga de Francolí, si ergeva il poderoso castello di Milmanda donato nel 1148 da Guerau de Granyena ad Arnau de Montpaó[6], noto nelle fonti storiche per aver partecipato nel 1149 alla presa cristiana di Lerida e alla successiva ripartizione dei benefici[7]. Pochi anni dopo, nei limiti di detto castello, sorse il reale monastero di Poblet che divenne luogo di sepoltura del casato[8]. A l’Espluga de Francolí[9] i Montpaó godevano nel corso del secolo XIII di vari diritti e proprietà: nel 1203 Guillem de Montpaó donò al suddetto monastero tre mulini da lui posseduti per concessione dei signori feudali del luogo, i Cervera[10], mentre nel 1270 fu siglato un accordo relativo all’omonimo castello fra il gran commendatore dell’ordine degli ospedalieri in Spagna e il cavaliere Bernardo de Montpaó[11]. Questi nel 1288 fondò due cappellanie nella chiesa di Valls, il cui patronato assegnò all’abate e priore di Poblet[12].
Lo stato della nostra ricerca non consente al momento di ricostruire un preciso quadro genealogico della famiglia Montpaó[13], diversi membri della quale presero parte attiva alla guerra di liberazione del Pais Valencià dai musulmani[14]. In particolare un Pere de Montpaó (†ante 27 dicembre 1265)[15] ricevette da Giacomo I una casa e un campo a Valenza all’epoca della conquista della capitale nel 1238 e anche terre e mulini nel 1247[16].
Un altro Pere de Montpaó, distinto dal precedente, figura nel 1277 comanador del castello templare di Corbins (Segrià, Lerida)[17].
Il nostro Pere de Montpaó era verosimilmente figlio o nipote del citato Bernat de Montpaó[18], consigliere reale e castellano del castello di Valls nonchè signore di Vilallonga e Ribaroja (tutte località dell’attuale provincia di Tarragona) che morì il 30 maggio 1299 e fu seppellito nel chiostro del monastero di Poblet[19]. Figura nota nella seconda metà del secolo XIII, Bernat de Montpaó fu un fedelissimo della casa reale per conto della quale tenne vari anni in custodia il castello di Siurana (Priorat, Tarragona), famoso per essere stato prigione di illustri personaggi[20]. Ebbe anche, sino al 1285, diritti sul castello di Conesa (Conca de Barberà, Tarragona)[21] e ricoprì gli uffici di veguer di Lerida[22] e baiulo «montanearum de Pradis»[23]. Nel 1291, assieme a Berenguer e a Poncet de Montpaó, figura tra i feudatari catalani chiamati a prestare giuramento di fedeltà e omaggio al nuovo re d’Aragona Giacomo II[24], mentre l’anno successivo presenziò con gli stessi alle corti generali di Catalogna tenute a Barcellona[25].
Da una carta del 1293 ricaviamo che questo Bernat era padre di un Perico[26]de Montpaó, cui il re Giacomo II riconosceva il rimborso per la perdita di un ronzino al suo servizio[27]. Lo stesso Perico doveva essere impegnato nel 1297 nella guerra di Murcia se il re d’Aragona ordinava al baiulo di quel regno di rifornirlo di vesti[28].
Non è chiaro se sia lo stesso Pere de Montpaó che nel 1311, in qualità di scudiero, accompagnò l’infante Giovanni d’Aragona ad Avignone per ricevervi la tonsura dalle mani del papa[29], mentre sussistono pochi dubbi sull’identificazione di quest’ultimo col Pedro de Monpahó citato dallo Zurita tra i catalani al seguito dell’infante Alfonso nella spedizione per la conquista della Sardegna del 1323[30].
Le fonti documentarie delineano un personaggio nel quale la casa reale riponeva la massima fiducia tanto che nel 1314, allo scoppio di una violenta pestilenza, il re Giacomo II d’Aragona progettò un eventuale ricovero degli infanti Giovanni e Raimondo Berengario nell’abitazione posseduta da Pere de Montpaó nelle campagne di Valls per farli sfuggire al contagio[31]. Lo stesso Pere risulta poi veguer di Montblanc (Tarragona) nel 1319[32].
Sin dalla prime fasi della campagna sarda operò a stretto contatto dell’infante Alfonso, essendo da questi gratificato con cariche di prestigio: fu infatti veguer dei castelli di Cagliari e Bonaria[33]e luogotenente del governatore generale dell’isola[34].
Contemporaneamente il fratello (?) Ramon fu castellano del Castello di Cagliari[35], podestà di Sassari e capitano del Logudoro[36], reggendo in seguito anch’egli l’ufficio di governatore generale per assenza o morte del titolare[37]. Si pensa che la torre del Castello di Cagliari nota come della Paona, abbia preso il nome da questa famiglia[38] il cui stemma araldico contempla un pavone d’azzurro in campo d’argento[39].
Nel 1324, con carta data a Bonaria l’11 luglio, l’infante Alfonso concesse in feudo a Pere de Montpaó secondo il costume d’Italia e col servizio di due cavalli armati le ville di Senorbì, Simieri e Sèbera, site nella curatoria di Trexenta, riservando per sè il mero e misto imperio, il laudemio, la fatica di trenta giorni e il diritto di appello da parte degli abitanti[40]. Le ville infeudate occupavano un’area lievemente ondulata proprio al centro della conca trexentese, abitata continuativamente sin dall’età prenuragica. Senorbì, l’unica sopravvissuta, aveva all’epoca un’estensione territoriale di gran lunga inferiore all’attuale, esito dall’accorpamento degli antichi centri abitati di Sisini e Arixi (comuni autonomi sino al 1927) e delle ville scomparse di Segolay, Aluda, Donigala Alba e Villa di Campo. La villa medievale confinava ad ovest/nord ovest con quella di Simieri, spopolatasi nel corso del secolo XV, che ha lasciato tracce di sé nei toponimi nuraghe Simieri e Xea Simieri[41]. Una sentenza arbitrale del 1455, relativa alla causa tra il signore della Trexenta Pietro de Sena e l’arcivescovo di Cagliari per il possesso dei salti di Simieri e Cixì, ci dà, in sardo e catalano, i confini della villa corrispondenti ai limiti meridionali dell’attuale comune di Suelli[42]. Non vi era invece continuità territoriale con la villa di Sèbera, localizzata da taluni in agro di Ortacesus alle pendici del colle di Bruncu Lau de Sèbera, ove sussistono i ruderi di una chiesa dedicata a San Bartolomeo[43], da altri invece ad ovest di Guasila, sul versante occidentale del colle di Mont’e Sèbera[44].
Successivamente l’infante ampliò al Montpaó la concessione con l’aggiunta del mero imperio e di altri 2000 soldi di rendita su ville confinanti, sostituendogli inoltre il servizio di due cavalli armati con un censo annuo di 40 fiorini d’oro di Firenze[45].
In seguito alla seconda pace tra Aragona e Pisa (25 aprile 1326) Pere de Montpaó perse le sue ville della Trexenta a vantaggio del comune toscano, ottenendo in risarcimento 6000 soldi di rendita annua sopra i redditi di una o più ville situate nel distretto della città di Sassari o di quelle confiscate ai ribelli della Corona. Di questi 6000 soldi 4000 corrispondevano all’indennizzo per la perdita delle ville trexentesi[46], i restanti erano a rimborso della citata donazione di 2000 soldi che non aveva avuto esito per mancanza di ville da assegnare in feudo[47].
Nel volgere di un anno, a titolo di globale ricompensa, si vide infeudare le ville di Sorso, Tànega, Gennor e Oruspe site nella curatoria di Romangia, ma fu osteggiato da parte dei probi uomini e degli anziani della città di Sassari in virtù dei privilegi di cui la città godeva sui centri del circondario. La donazione gli fu così revocata anche se nel 1328 re Alfonso IV gli concedeva ugualmente di percepire le rendite[48]. Riuscì a prenderne effettivo possesso solo nel 1330[49], dopo che si concluse la terza ribellione di Sassari con l’espulsione degli originari abitanti e il ripopolamento attuato con nuovi pobladors catalano-aragonesi[50]. Ancora dopo un anno tuttavia la legittimità della concessione al Montpaó non appare ancora del tutto chiara, fino alla conferma di re Alfonso nel giugno 1331[51].
Quando nel 1335 vennero mobilitati tutti i feudatari del regno di Sardegna per la guerra contro i Doria Pere de Montpaó deteneva ancora le suddette ville[52] che poi dovette vendere al governatore della Sardegna Ramon de Cardona per fare ritorno in patria[53].
Nel 1339, in qualità di «portarius maior illustris domine regine Aragonis», assistette nella cappella reale di Barcellona all’omaggio prestato da Giacomo III di Maiorca a Pietro IV il Cerimonioso[54]167. È da identificare con uno dei due Pere de Montpaó, padre e figlio, che alla data del 28 luglio 1348 risultano entrambi deceduti e seppelliti con gli antenati nel reale monastero di Poblet[55].
 
 
* Antonio FORCI, Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio 2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari 2010.
 


[1] Cfr. Charles-Jean-Marie de TOURTOULON, Les français aux expédicions de Mayorque et de Valence sous Jacques le Conquérant, roi d’Aragon (1229-1238), in “Revue Nobiliaire Historique et Biographique”, n. s., tome II, 1866, p. 228; M. H. Laurent, Le culte de S. Louis d’Anjou à Marseille au XIV siècle, Roma 1954, p. 31.
[2] Un Geraldus de Montpao e il fratello Aicius provenienti dalla Dordogna sono documentati in Paul François Étienne CHOLET (ed.), Cartulaire de l’abbaye de SaintÉtienne (en Saintonge), Niort 1868, charte CCCLXXVII (anni 1083-1098), pp. 158- 159. Sempre in Dordogna un castellum de Montpao è attestato nel 1170: cfr. Alexis J. D. DE GOURGES, Dictionnaire topographique du départiment de la Dordogne comprenant les noms de lieu anciens e modernes, Paris 1873, s. v. Montpont.
[3] Cfr. GEC, vol. 10, Barcelona 1977, p. 265; J. Corominas (dir.), Onomasticon Cataloniae, vol. 5 (L-N), Barcelona 1996, s. v. Montpaó, pp. 269-270; Nomenclàtor oficial de toponímia major de Catalunya, Generalitat de Catalunya-Institut d’Estudis Catalans, Barcelona, 2003, pp. 198, 201, 410, 988. La base etimologica del toponimo è costituita dai sostantivi latini mons-montis (monte), e pavo-pavonis (pavone), nome di un uccello ma anche di persona, per cui Mons Pavonis avrebbe designato in origine semplicemente un’altura proprietà di una persona con questo nome.
[4] Cfr. Nomenclàtor oficial de toponímia major de Catalunya cit., p. 988. Del monumento, ridotto in completa rovina, è data una sommaria descrizione in Joan-Ramon GONZÁLEZ I PÉREZ, Josep-Ignasi RODRÍGUEZ I DUQUE, Daniel RUBIO I RUIZ, Els testimonis arqueològics del telègraf òptic, in Arqueologia de la comunicació. Actes de les IV jornades d’arqueologia industrial de Catalunya (Girona 6, 7 i 8 de noviembre de 1997), Barcelona, 2001, p. 604.
[5] Cfr. Joan COROMINAS (dir.), Onomastocon Cataloniae, vol. 5 cit. p. 370, secondo cui tutti o buona parte dei toponimi Montpaó registrati in Catalogna sono derivati da quello della Segarra.
[6] Cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, tomo I, Cervera 1753, pp. 53-56; Pere CATALÀ I ROCA, Comentari marginal, in ID. (dir.), Els castells catalans, vol. IV, Rafael Dalmau Editor, Barcelona 1993 (II ediz.), pp. 399- 400.
[7] Cfr. Antoni VIRGILI, Les conquestes catalanes del segle XII i els repartiments, in E. Guinot, J. Torró (eds.), Repartiments medievals a la Corona d’Aragó (segles XIIXIII), Universitat de València, València, 2007, p. 67.
[8] Cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, I cit., p. 321.
[9] Cfr. Agustín ALTISENT, Un poble de la Catalunya Nova els segles XI i XII. L’Espluga de Francolí de 1079 a 1200, in “Anuario de Estudios Medievales”, 3, 1966, pp. 131-213.
[10] Cfr. Carolina BATET COMPANY, L’aigua conquerida. Hidraulisme feudal en terres de conquesta: alguns exempls de la Catalunya Nova i Mallorca, Universitat de València, València, 2006, p. 67-69.
[11] Cfr. Joseph Marie Antoine DELAVILLE LE ROULX, Les archives de l’ordre de l’Hôpital dans la péninsule ibérique, Paris, 1893, p. 96.
[12] Cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia de el real monasterio de Poblet, tomo III, Cervera, 1756, p. 67.
[13] Interessante il dato prosopografico offerto da Agustín ALTISENT, Un poble de la Catalunya Nova els segles XI i XII. L’Espluga de Francolí cit., pp. 174-175, secondo cui Guillem e Bernat de Montpaó, quest’ultimo padre di un Berenguer, erano figli di Pere Ponç de Segura e fratelli di Guerau de Segura. Questo Guillem de Montpaó è da identificare quasi certamente col personaggio dallo stesso nome, signore di Rocamora, morto nel 1198 e sepolto nel monastero di Poblet: cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de Poblet, I cit., p. 321. Da notare che sono vari i membri della famiglia Montpaó a portare i nomi di Pere e Ponç nel corso dei secolo XIII e XIV.
[14] Cfr. Santiago ALBERTÍ, Diccionari biogràfic, vol. III (M-P), Barcelona, 1969, p. 277; Robert I. BURNS, Transition in Crusader Valencia: Years of Triumph, Yars of Wor, 1264-1270, Princeton University Press, 2001, pp. 34-36, 243-244, 281.
[15] Cfr Robert I. BURNS, Transition in Crusader Valencia cit., doc. 657, p. 196.
[16] Cfr. Santiago ALBERTÍ, Diccionari biogràfic, vol. III (M-P), Barcelona, 1969, p. 277, s. v. Montpaó, Pere de; Enric GUINOT, El repartiment feudal de l’Horta de València al segle XIII: jerarquització social i reordinació del paisatge rural, in Enric GUINOT, Josep TORRÓ (eds), Repartiments medievals a la Corona d’Aragó (segles XII-XIII), Valencia, 2007, pp. 180-181.
[17] Cfr. Josep Maria SANS I TRAVÉ, Relacion de la casa del Temple a Barberà amb el monastir de Santes Creus (siglo XIII), “Analecta Sacra Tarraconensia”, 48, 1975, p. 44.
[18] Cfr. Santiago ALBERTÍ, Diccionari biogràfic cit., p. 277, s. v. Monpaó, Bernardo de.
[19] Cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de poblet, I cit., p. 321; Joan Francesc CABESTANY, Els enterraments amb sarcòfag del monestir de Poblet (segles XII a XIV), in Necròpolis i sepoltures medievals de Catalunya, «Acta Mediaevalia», annex 1, Pedralbes-Barcelona, 1982, p. 291.
[20] Cfr. Pere CATALÀ I ROCA, Castell de Siurana, in ID. (dir.), Els castells catalans, vol. IV, Barcelona 1993 (II ediz.), pp. 420-422.
[21] Cfr. Joaquim MIRET I SANS, Pere CATALÀ I ROCA, Castell de Conesa, in Pere CATALÀ I ROCA (dir.), Els castells catalans, vol. IV, Barcelona 1993 (II ediz.), pp. 221-222.
[22] Cfr. Andrés GIMENEZ SOLER, El poder judical en la Cotona de Aragón, Barcelona, 1901, pp. 38-39, nota 3.
[23] ACA, Real Cancillería, reg. 264, f. 85r.
[24] Cfr. Memorial Histórico Español: coleccion de documentos, opúscolos y antigüedades que publica la Real Academia de la Historia, t. III, Madrid. 1852, pp. 429-430.
[25] Cfr. Cortes de los antiguos reinos de Aragón y de Valencia y Principado de Cataluña. Cortes de Cataluña, tomo I/I, Madrid, 1896, p. 163.
[26] Diminutivo di Pietro.
[27] ACA, Real Cancillería, reg. 261, f. 74v (1293 giugno 5, Teruel).
[28] ACA, Real Cancillería, reg. 261, f. 112r (1297 ottobre 20, Teruel).
[29] Cfr. Jaime E. MARTINEZ FERRANDO, Jaime II de Aragón. Su vida familiar, Barcelona 1948, vol. II, p. 143.
[30] Cfr. Jerónimo Zurita, Anales de Aragón cit., libro VI, cap. XLIII.
[31] Cfr. Jaime E. MARTINEZ FERRANDO, Jaime II de Aragón cit., vol. I, doc. n° 154, p. 106, vol. II, p. 61.
[32] Cfr. Josep María LLOBET I PORTELLA, Dues lletres de la cort de la vegueria de Montblanc i la resposta a una d’elles (1318-1319), in “Aplec de Treball”, 17, 1999, pp. 10, 13.
[33] ACA, Real Cancillería, reg. 402, f. 146r-v (1326 agosto 12, Fraga).
[34] Cfr. Rafael CONDE Y DELGADO DE MOLINA, Antonio Maria ARAGÓ CABAÑAS, Castell de Càller. Cagliari catalano-aragonese, CNR-Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari, 1984, p. 246 (indice analitico, s. v. Montpaho).
[35] ACA, Real Cancillería, reg. 401, f. 4r-v (1326 maggio 16, Barcellona).
[36] ACA, Real Cancillería, reg. 401, ff. 5r-6r (1326 maggio 16, Barcellona): cfr. Angelo CASTELLACCIO, Note sull’ufficio del veguer in Sardegna. 1. Sassari, in Luisa D’ARIENZO (ed.), Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra medioevo ed età moderna cit., vol. I, pp. 234-236. Questa evidente anomalia di una medesima persona nominata a capo di due importanti uffici con sedi ai capi opposti dell’isola si risolse pochi mesi dopo, quando Bernardo de Boxados, governatore generale del regno, sostituì Ramon de Montpaó nella custodia del castello e delle torri di Cagliari: ACA, Real Cancillería, reg. 402, f. 149v (1326 agosto 12, Fraga).
[37] Cfr. Luisa D’ARIENZO, Carte reali diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso, re d’Aragona, riguardanti l’Italia, CEDAM, Padova, 1970, p. 9, nota 10.
[38] Cfr. Maria Bonaria URBAN, Cagliari fra Tre e Quattrocento, Edizioni dell’Istituto sui rapporti italo-iberici, Cagliari, 2000, p. 83.
[39] Cfr. José GRAMUNT, Los linajes catalanes de Cerdeña, Barcelona, 1958, p. 112. Lo stemma di Ramon de Montpaó si conserva nel cortile della caserma La Marmora di Sassari, proveniente dal distrutto castello della città: cfr. Daniela ROVINA, L’età medievale, in Sassari. Le origini, Gallizzi, Sassari, 1989, p. 137, fig. 18.
[40] ACA, Real Cancillería, reg. 398, ff. 26r-v, 43v-44v (1324 luglio 11, castello di Bonaria).
[41] Cfr. RAS, Carta tecnica della Sardegna. Foglio n° 458-Senorbì, sezz. A2, B2, ediz. 1970 (scala 1:10.000); IGMI, Carta topografica d’Italia scala 1:25.000. Foglio n° 548 sez. IV-Senorbì, Firenze, 1992.
[42] ASC, Notai di Cagliari, Atti sciolti, b. 254, Stefano Daranda, vol. 3, f. 32r (15 aprile 1455).
[43] Cfr. Daniela ARTIZZU, Indagine in alcuni paesi della Trexenta. Lettura archeologica e topografica, in Rossana MARTORELLI (ed.), Città, territorio, produzione e commerci nella Sardegna medievale. Studi in onore di Letizia Pani Ermini, AM&D Edizioni, Cagliari, 2002, pp. 156-157.
[44] Cfr. Silvestro GHIANI, La Trexenta antica, Amministrazione di Guasila, Guasila 2000, pp. 192-193. Secondo Ghiani la chiesa di San Bartolomeo era parrocchiale del villaggio scomparso di Bangio Donico.
[45] ACA, Real Cancillería, reg. 399, ff. 79r-80r (1325 luglio 3, Daroca); 77v-78v (1325 luglio 7, Daroca).
[46] ACA, Real Cancillería, reg. 401, f. 66r-v (1326 luglio 12, Lerida); reg. 402, f. 158rv (1326 agosto 31, Saragozza).
[47] ACA, Real Cancillería, reg. 403, ff. 102v-104r (1327 giugno 3, Barcellona).
[48] ACA, Real Cancillería, reg. 508, f. 58r-v (1328, maggio 13 Saragozza).
[49] ACA, Real Cancillería, reg. 509, ff. 104r-105v (1330 gennaio 13, Valenza).
[50] Cfr. Angelo CASTELLACCIO, Note sull’ufficio del veguer in Sardegna. 1. Sassari cit., p. 235.
[51] ACA, Real Cancillería, reg. 511, ff. 78v-79r (1331 gennaio 21, Valenza); ff. 134v-136r (1331 giugno 10, Barcellona).
[52] ACA, Real Cancillería, reg. 518, f. 173v (sine data ma post 21 maggio 1335).
[53] In realtà non sono note le modalità con cui Ramon de Cardona entrò in possesso delle ville appartenute a Pere de Montpaó: cfr. Maria Teresa FERRER I MALLOL, Ramon de Cardona, militar y diplomático al servicio de cuatro reinos cit., p. 1450.
[54] Cfr. Antoni DE BOFARULL (ed.), Crónica del rey de Aragon D. Pedro IV el Cerimonios ó del Punyalet, Barcelona, 1850, pp. 407-411.
[55] Cfr. Jaime FINESTRES Y DE MONSALVO, Historia del real monasterio de poblet, I cit., p. 321.