Prima pace
tra Pisa e Aragona - 1324
di Sergio Sailis
Il 13 giugno 1323 le truppe catalano – aragonesi
guidate dall’infante Alfonso sbarcano presso Palmas nel Sulcis e danno inizio
alla campagna militare per la conquista della Sardegna[1]; dopo aver cinto d’assedio
Iglesias (costretta a capitolare il 7 febbraio 1324 dopo sette mesi di eroica
ma inutile resistenza) gli iberici concentrano i loro sforzi bellici per la
conquista di Castel di Castro ossia Cagliari[2] ritenuta, a ragione, la
chiave per il successo dell’intera operazione di conquista.
di Sergio Sailis
A seguito della disastrosa battaglia campale
combattuta poche settimane dopo a Lutocisterna (o Lucocisterna), nei pressi
dello stagno di Santa Gilla nella zona alla periferia di Cagliari oggi nota
come Fangario, e di altri scontri sia navali che terrestri la situazione delle
armi pisane si fa sempre più compromessa; Cagliari viene assediata da terra e
dal mare e impossibilitati a ricevere rinforzi dalla penisola dopo appena un
anno dall’inizio dell’invasione i pisani sono costretti alla resa.
La pace venne sottoscritta a mezzogiorno del 19
giugno 1324 dall’infante Alfonso, per gli aragonesi, e da Bene da Calci per i
pisani. In sintesi i pisani cedevano al Re di Aragona tutti i diritti da loro
posseduti in Sardegna e Corsica su tutte le città, castelli, villaggi popolati
e spopolati, campagne, porti, miniere, saline con tutti gli abitanti e ogni tipo
di giurisdizione. In cambio, dietro prestazione di atto di omaggio, il comune toscano
otteneva sotto forma di feudo secondo il costume italico il Castello di
Cagliari, le appendici di Sampace, Villanova, Villa degli Orti, il porto con lo
stagno dalla parte di Stampace con tutti gli abitanti e con il mero e misto
imperio in cambio del versamento di un censo di 1000 libbre di aquilini. Il re
si riservava invece la proprietà delle saline per le quali comunque si
impegnava a versare al Comune 2000 libbre di aquilini piccoli[3].
Il memoriale per la formale consegna di Castel di
Castro ai delegati dell’Infante, Bernard de Boxadors e Guillem Oulomar, venne
redatto in forma pubblica dai notai Simone Cavalca per parte pisana e Bonanat Ça
Pera per parte aragonese, e sottoscritto nella pubblica via davanti alla porta
dell’Elefante.
Torre dell'Elefante img da tratta da Sardegna DigitalLibrary |
Il documento descrive come i suddetti
rappresentanti entrarono dalla porta dell’Elefante e, alla presenza di numerosi
testimoni, ad essi vennero solennemente affidate le chiavi della città dopo di
che vennero issate le insegne reali sulla torre del Leone, sulla torre di San
Pancrazio e nel campanile della Cattedrale.
Questa pace si rivelerà però effimera in quanto di
li a poco riprenderanno le operazioni militari sino alla definitiva sconfitta
pisana suggellata dal trattato del 25 aprile 1326 con la quale Pisa deve
rinunciare definitivamente ai possedimenti cagliaritani ottenendo in cambio in
feudo solo le due curatorie di Gippi e Trexenta[4].
In
nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, amen. Ex hoc publico
instrumento sit omnibus manifestum quod discretus vir Bene de Calci, sindicus
comunis Pisarum, pro complendo tractatu pacis inite inter serenissimum dominum
infantem Alfonsum, excellentissimi ac potentissimi domini Jacobi Dei gratia
Aragonum regis primogenitum eiusque generalem procuratorem ac comitem Urgelli,
vice et nomine domini regis predicti et suo nomine proprio ac successorum
suorum ex una parte et dictum comune pisanum ex altera, exclusis de Castro
Kallari dominis Piero Frederici et Ciolo Grassulino capitanis et castellanis
Castri Kallari iamdicti pro comunis, qui iverunt omnes apud Stampacem extra
fortalitia dicti Castri, tradidit venerabilibus viris domino Bernardo de
Boxadors, maiordomo, et domino Guillelmo Oulomarii, cancellario dicti domini
Infantis, recipienti bus nomine ipsius domini Infantis Castrum predictum
Kallari et corporalem possessionem eiusdem. In signum quorum introduxit eos in
dictum Castrum per portam que vocatur Helefantis et tradidit nomine dicti
comunis iamdictis maiordomo et cancellario, nomine iamdicto, claves omnes portarum
dicti Castri. Et fuerunt apposita vexilla regalia dicti domini Infantis super
turri dicta leonis et turri sancti Brancasii et campanili ecclesie maioris
sancte Marie dicti Castri. Acta sunt hec in Castro Kallari supradicto, in via
publica ante portam Helefantis, presentibus nobis infrascriptis notariis et
presentibus egregiis viris domino Guillelmo de Angularia, domino Bernardo de
Capraria, et domino Petro de Villa de Meym milite, et domino Lemmo Bullia de
Gualandis, domino Pino de Saxecta et domino Francisco Çaccio, militibus civibus
pisanis testibus ad hec vocatis et rogatis. Sub dominice incarnationis anno
millesimo trecentesimo vigesimo quinto, indictione septima, tertiodecimo
kalendas iulii, secundum cursum et consuetudinem pisane civitatis, circa horam
tertiam; secundum autem modum curie suprascripti domini Infantis, tertiodecimo
kalendas iulii, anno Domini millesimo trecentesimo vigesimo quarto.
SIGNUM. Ego Simon Cavalca, filius quondam ser
Iacobi Cavalce notarii de Vico pisano, civis pisanus, imperiali auctoritate
notarius, predictis omnibus interfui una cum infrascripto notario et ea omnia
rogatus scripsi et in hac publicam formam redegi et adfidemus cautelam meum
signum et nomen apposui.
SIGNUM mei Bonanati de Petra, dicti domini Infantis
notarius suaque sigilla tenentis, et publici etiam notarii per totam terram et
dominacionem serenissimi domini regis Aragonum auctoritate eiusdem, qui una cum
suprascripto notario predictis interfui eaque per ipsum scribi et in formam
publicam redigi feci et clausi.
[1]
Sandro PETRUCCI, Cagliari nel Trecento. Politica, istituzioni, economia e
società. Dalla conquista aragonese alla guerra tra Arborea ed Aragona
(1323-1365), Dottorato europeo di ricerca in antropologia, storia medioevale,
filologia e letterature del Mediterraneo occidentale in relazione alla
Sardegna, Ciclo XX, Università degli Studi di Sassari Facoltà di Lettere e
Filosofia, Dipartimento di teorie e ricerche dei sistemi culturali, Anno
Accademico 2005-2006, pag. 86.
[2]
Pasquale Tola, Historiae patriae monumenta, tomo X, Codex Diplomaticus
Sardiniae, tomo I, Torino 1861, sec. XIV pag. 672.
[3]
Francesco ARTIZZU, Pisani e catalani nella Sardegna medioevale, Padova 1973,
pag. 119 e seguenti.
[4]
Pasquale Tola, Historiae patriae monumenta, tomo X, Codex Diplomaticus
Sardiniae, tomo I, Torino 1861, sec. XIV pag. 677;
[5]
Marco TANGHERONI, Alcuni aspetti della politica mediterranea di Giacomo II
d’Aragona alla fine del suo regno, in “Sardegna mediterranea”, Roma 1983, pag.
150.
Nessun commento:
Posta un commento