BANGIU DONNICO
di Sergio Sailis
Nomi alternativi:
Baxo, Banso, Bagni Donnici
Localizzazione geografica:
Localizzazione geografica:
Con buona probabilità è da localizzare a circa 2,5 km a sud sud-est di Ortacesus in località Funtan’e Bangiu circa 200 m. a ovest dalla provinciale che collega il paese alla SS 128. Nel sito sono ancora oggi visibili i ruderi in opus mixtum di un impianto termale di periodo tardo romano (localmente noti come Sa Cresiedd’e Bangiu) presumibilmente riutilizzato in epoca medioevale per realizzare una chiesa .
Il territorio della villa probabilmente confinava con quello di Surbau (ed in seguito Ortacesus), Villa Campo (ed in seguito Senorbì), Aluda e Sebera.
Notizie e documenti storici:
Bangiu, originatasi quasi sicuramente da una “donnicalia” giudicale, faceva parte della curatoria della Trexenta appartenente originariamente al Giudicato di Cagliari ed inserito nella diocesi di Dolia.
Il centro viene menzionato nella cosiddetta “donazione della Trexenta” e faceva parte dei villaggi trexentesi donati dal giudice Torgotorio al proprio figlio Salusio nel 1219 (stile pisano ?). A seconda dell’edizione di questo documento, il nome della villa assume diverse forme come Bacu de Otgo , Baxo de Onjgo , Bangio d’Honico .
Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuto nel 1257-58, un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia e successivamente dal 1313 fu amministrato direttamente da Pisa che nominò dei rettori e dei funzionari e procedette a periodici censimenti fiscali denominati “Composizioni”.
Dalla composizione realizzata negli anni 1320-1322 ricaviamo che “Villa Bagni Donnici” doveva versare al comune toscano lb.15 e s. 5 oltre a 60 starelli di grano e 48 di orzo.
Con lo sbarco nel porto di Palma di Sulcis il 12 giugno 1323 ebbe inizio l’invasione dei catalano-aragonesi e dopo solo qualche mese, ad operazioni militari ancora pienamente in corso, iniziò la spartizione della Sardegna tra i vari partecipanti all’impresa sarda. Durante l’assedio di Iglesias, l’infante Alfonso concede in feudo a Teresa Gombau d’Entença (sorellastra della moglie) il villaggio di Bana Danico, (Bangiu Donnico) e successivamente nel 1325 a Guglielmo Sapera.
Dopo la pace 1326 tra Pisa e la Corona d’Aragona il villaggio passò in feudo al Comune Pisano unitamente al resto della curatoria di Trexenta ed a quella di Gippi.
Probabilmente è la stessa “Banho” appartenente alla Diocesi di Dolia che viene ricordata nella raccolta di decime e censi delle diocesi sarde presenti nelle Collettorie dell’Archivio Vaticano che coprono il periodo 1341 – 1359 tuttavia non è possibile affermarlo con certezza per via della presenza di Bangiu de Arili, sempre in Trexenta, anch’essa situata nella Diocesi di Dolia.
La nuova composizione pisana redatta dai pisani del 1359 risulta molto più dettagliata della precedente pervenutaci e Bangius viene indicata come “Villa Bangni Donici”. Nel documento viene menzionato un certo “dominus Petrus Diana” in qualità di “liberi et terrales ab equo” ossia un membro (e in questo caso unico) della classe sociale ai vertici della società dell’epoca. I maggiori contribuenti del villaggio erano Margianus Marogni, Gorgore de Serra e Bigellinus Porcho che complessivamente avevano un reddito stimato di 64 libbre. Il Comune prevedeva inoltre di incassare annualmente per “datio” 2 libbre, 10 starelli di grano e 10 di orzo oltre a vari tributi minori nonchè una serie di affitti per terreni e case di sua proprietà concesse in uso agli abitanti del villaggio. Una “Bango” viene menzionata nelle vendite di sale al minuto però anche in questo caso non si è certi che si tratti della Bangiu in esame .
Non sappiamo con esattezza sino a quando si protrasse il dominio di Pisa (sicuramente dopo il 1362) però e certo che Bangiu, unitamente al resto della Trexenta, venne infeudata nel 1421 a Giacomo de Besora per meriti militari. E’probabile che in quel momento il villaggio fosse già abbandonato o si avviava al definitivo spopolamento.
Luoghi di culto:
Particolare del paramento murario. |
Nella composizione pisana del 1359 a proposito dei possedimenti agrari nel villaggio si afferma “...et tenet unum caput in terra aratoria Sancti Pantaleonis...” e ancora “... et tenet unum caput in terra aratoria Sancte Marie de suprascripta villa ...” è quindi ipotizzabile che la chiesa del villaggio, o una delle chiese, fosse intitolata a Santa Maria ed un’altra a San Pantaleo semprechè in questo ultimo caso non ci si riferisca a qualche possedimento diretto della Curia vescovile di Dolia.
(*) Al momento della stesura di questo articolo non era ancora noto allo scrivente un documento che conferma la tradizione locale sopra riportata e la precedente ipotesi qui formulata circa l'esistenza di una chiesa intitolata a Santa Maria. Questa preziosa testimonianza, purtroppo priva di data, è ancora oggi sostanzialmente inedita è ascrivibile agli anni 1348-1350; essa è relativa alla stima delle rendite soggette alle decime pontificie per un imponibile di LX libbre dovuta unitamente a quelle di alcuni altri villaggi circonvicini.
Sergio Sailis
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