giovedì 20 gennaio 2011

SANTA GIUSTA DE LANESSI (Guasila)

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SANTA GIUSTA DE LANESSI
di Sergio Sailis

Nomi alternativi:
S. Justa Dellanegi, Sancta Justa de Lanexi, Sancta Giusta de Lannessi

Descrizione e localizzazione geografica:
Basamento del nuraghe su cui sorse il villaggio di Santa Giusta
Da localizzarsi nella località omonima situata circa 3 km a nord di Guasila sulla sinistra della vecchia strada comunale per Gesico. Era posta su un modesto rilievo marnoso sulla cui sommità si intravedono ancora oggi i residui di base di un nuraghe complesso realizzato con blocchi subsquadrati di marna. Da questo rilievo si domina la valle del Riu Sippiu (distante circa un km) che proprio in prossimità di Santa Giusta cambia denominazione assumendo quello di Riu Lanessi.
L’insediamento risulta frequentato ininterrottamente dal periodo nuragico a quello medioevale e nella zona sono frequenti i rinvenimenti anche superficiali di macine per cereali, vasellame, embrici, monete e altri materiali risalenti ai diversi periodi storici.

Il territorio della villa era proprio al confine tra il Giudicato di Cagliari e quello di Arborea e più precisamente confinava con i territori di Mara Arbarei (odierna Villamar), Villanova Franca (odierna Villanovafranca), Gueymaiori (Guamaggiore), Guoezila (Guasila, che ne incorporò il territorio successivamente all’abbandono), Senneru (?) e di Craccaxia (abitato scomparso in agro dell’odierna Segariu).

Notizie e documenti storici:
I documenti relativi a questo centro sono piuttosto scarsi.
Il villaggio viene menzionato nella cosiddetta “donazione della Trexenta” e faceva parte dei villaggi trexentesi donati dal giudice Torgotorio al proprio figlio Salusio nel 1219. A seconda dell’edizione di questo documento, il nome della villa assume diverse forme quali s. Justa Dellanegi, Sancta Justa de Lanexi , sancta Julia de Lannessi .

Al momento non risultano altre attestazioni della “villa” ma nella composizione pisana del 1359 , nel trattare le previsioni di incasso relative alla villa di Goy de Sila (Guasila), vengono citati ripetutamente dei toponimi quali “Siliqua Lanesi”, “Lanesi” riconducibili a Santa Giusta che in quel periodo doveva essere già spopolata ed il relativo “salto” incorporato da Guasila.

La villa non viene citata neppure nelle pur coeve raccolte di decime e censi delle diocesi sarde presenti nelle Collettorie dell’Archivio Vaticano che coprono il periodo 1341 – 1359 per quanto queste ci siano pervenute incomplete.

In un periodo più tardo viceré Angelo de Villanova ordina al Luogotenente del Procuratore reale del regno di Sardegna, Gaspare Fortesa, di tracciare i confini tra la villa di Mara Barbaraxessa (odierna Villamar), all’epoca di proprietà di Salvator Aymerich, e la villa spopolata di Santa Giusta allora appartenente a Jacobus deAlagon. Il funzionario provvede ad espletare l’incarico apponendo i relativi “mollos de pedra” e in data 20 aprile 1524  a Cagliari provvede a redigere il relativo verbale convalidato dal notaio Joannes Fernandez de Soto alla presenza dei testimoni Johannes Desi e Johannes Pala. E’ probabile che proprio a questa delimitazione sia pertinente un grosso masso “mollo” con incisa una croce a tutt’oggi visibile nella riva del torrente Lanessi in prossimità del guado nella vecchia strada campestre  che portava a Villamar ancor oggi nota appunto come "Bia eccia".
Della "ruina s.giusta" si parla ancora il 15 luglio 1747 nell'elencazione dei confini di Gesico nell'atto di infeudazione di quel villaggio.

L’esigua documentazione pervenutaci non consente purtroppo di stabilire le cause ed il periodo definitivo di abbandono dell’insediamento ipotizzabile comunque durante il XIII secolo.

Luoghi di culto
Il villaggio faceva parte della Diocesi di Dolia.
L’unico edificio di culto del villaggio di cui si abbiamo traccia risulta essere la chiesa intitolata a Santa Giusta posta proprio a margine della strada comunale per Gesico.

Ruderi della Chiesa di Santa Giusta
Di questa chiesa, elencato nelle Respuestas settecentesche sappiamo che era stata interdetta da Mons. Natta nel 1761 e viene descritta come “quasi distrutta” già ai tempi di Angius , attualmente avanzano ormai solo alcuni residui murari realizzati in pietrame locale dell’altezza di circa 40/50 cm completamente sommersi dai crolli. Si intravede comunque abbastanza chiaramente la pianta dell’edificio che aveva l’abside rivolto a ovest.
A fianco dei ruderi della chiesa sino a qualche anno fa era presente un enorme albero secolare di ulivo che la tradizione locale riteneva inviolabile pena grosse sventure per chi osasse danneggiarlo. Questa leggenda purtroppo non è riuscita a salvare la pianta prima da un fuoco doloso e successivamente dalla motosega dei devastatori di turno.

Sergio Sailis

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