Pere de Llibià signore di Selegas
di Antonio
Forci*
Pere
de Llibià, cavaliere e consigliere reale, fu un alto funzionario del regno di
Sardegna e Corsica nei primi anni della conquista, appartenente ad una famiglia
della piccola nobiltà catalana attestata a partire dagli anni venti del secolo
XIII[1].
Il cognome, nelle sue varianti ortografiche
Llbià/Llebià/Llevià/Llavià/Llivià/Libià/Lebià/Labià (de Libiano, de Labiano o
de Lebiano in latino), denuncia una chiara origine toponimica essendo Llabià o
Llavià un piccolo paese in provincia di Girona, frazione del comune di
Fontanilles (Baix Empordà)[2].
La villa e la sua parrocchia, nel basso medioevo, erano comprese nell’area di
influenza politica ed economica di Torroella de Montgrí che dal 1273 – quando
entrò a far parte del patrimonio reale – divenne il centro di riferimento
dell’autorità dei re d’Aragona per tutta la zona settentrionale del Baix
Empordà e sede di un procuratore reale[3].
Tale carica fui esercitata per vari anni da membri della famiglia Llibià.
Una
fonte autorevole[4]
identifica erroneamente il nostro personaggio col Pere de Lebià che nel 1276,
in occasione della rivolta dei saraceni valenzani, fu incaricato di organizzare
una squadra navale della quale fu ammiraglio supplente l’anno successivo[5]
e che ricoprì le cariche di justícia di Valenza (1276-1284)[6]
e procuratore di Minorca al momento dell’occupazione col compito di ripopolare
l’isola (1287-88)[7].
Definito dalla letteratura trecentesca «molt
prohom e savi»[8] godette
di grande considerazione alla corte d’Aragona come traspare dagli importanti
uffici ricoperti sino 1297: maestro razionale[9],
tesoriere del regno di Maiorca[10],
baiulo maggiore del regno di Maiorca, Minorca e Ibiza[11],
baiulo generale del regno di Valenza[12].
Il fatto tuttavia che questo Pere [I] de Llibià risulti deceduto anteriormente
al 1° marzo 1300[13] esclude
l’identificazione con l’omonimo giunto in Sardegna nel 1323, del quale era
verosimilmente il nonno.
Il
nostro Pere [II] de Llibià era con ogni probabilità figlio del cavaliere Bernat
de Llibià, sposatosi nel 1293 con una figlia di Guillem Escrivà[14],
che fu baiulo di Tortosa[15],
Girona[16]
e baiulo generale del regno di Valenza[17]
nonché baiulo e procuratore reale a Torroella de Montgrí (Baix Empordà, Girona)[18].
Qui, per ordine del re Giacomo II, sovrintese alla costruzione di una imponente
fortezza mai ultimata[19].
Sciolto l’ordine dei Templari fu stretto collaboratore e rappresentante del
sovrano nel recupero dei castelli di Peñiscola (dicembre 1307) e Miravet
(dicembre 1308)[20].
Nella
documentazione d’archivio il nostro Pere [II] de Llibià compare a partire dal
1312 come procuratore reale «in
Turricella de Montegrino et in honore de Crudiliis et Peratallada»[21],
castelli tra i più strategici del Baix Empordà. Nel 1321, a ridosso quindi
della spedizione dell’infante Alfonso in Sardegna, «Petrus de Libiano miles», padre di «Bernardus de Libiano», figura procuratore regio «in honore Turricelle de Montegrino, necnon
castrorum de Pals et de Pontonibus»[22].
Un uomo quindi nel quale il re e l’infante riponevano la massima fiducia.
Nell’isola
ricoprì ruoli di primo piano in seno all’amministrazione regia: fu dapprima
vicario generale «in partibus Callari»
(metà luglio 1323 - metà luglio 1324)[23]
con giurisdizione sulle curatorie di Campidano, Bonavoglia, Trexenta, Siurgus,
Galilla, Nuraminis e Sarrabus, nonché sulle Barbagie di Seulo e Girasole[24],
poi amministratore generale delle regie entrate in coppia con Arnau de Caçà[25],
quindi podestà e capitano di Villa di Chiesa con giurisdizione anche sulle
curatorie di Sigerro, Sulci, Nuras e Gippi[26].
Inizialmente tenne cumulate le due ultime cariche poi, agli inizi del 1326, fu
sostituito nell’ufficio di amministratore da Francesco Daurats[27].
Nell’agosto
dello stesso anno gli fu concessa la castellania del castello di Acquafredda[28],
mentre dall’ottobre 1328 operò ancora come amministratore generale[29],
carica dalla quale fu momentaneamente sospeso nel corso del 1330 perché
accusato di malversazione, subendo anche la confisca dei beni[30].
Sfuggì all’arresto solo grazie all’appoggio del governatore Ramon de Cardona ma
nel luglio 1331 risulta reintegrato al vertice dell’amministrazione generale
del regno[31] e nella
carica di castellano del castello di Acquafredda con una provvigione annua di
7000 soldi[32]. Morì
alla fine dello stesso anno perché una carta datata 5 marzo 1332 ci informa che
era deceduto da quattro mesi[33].
A
guerra di conquista non ancora conclusa, il primo maggio 1324, l’infante
Alfonso gli donò in feudo secondo il costume d’Italia la villa di Selegas sita
nella curatoria di Trexenta con le case e i beni appartenuti a tale Nicola
Geraldi[34],
ordinando contestualmente a Filippo Orlando, giudice di fatto «in certis curatoriis», di procedere alla
relativa investitura[35].
La precocità
della donazione – tra le più antiche che si conoscano per la Sardegna –
giustifica l’estrema prudenza adottata dall’infante Alfonso nel riservare per
sé il mero e misto imperio e tutta la
giurisdizione completa, civile e criminale, compresi i crimini di lieve entità
che tuttavia comportassero la fuoriuscita di sangue. Solo nei crimini di lieve
entità senza fuoriuscita di sangue il feudatario poteva giudicare a suo
piacimento. Particolarmente gravoso appare inoltre il servizio di due cavalli
armati che detto Llibià era tenuto a fornire per tre mesi all’anno a sue spese,
non solo in Sardegna al re d’Aragona ma anche in qualunque parte d’Italia al
romano pontefice, qualora gli fosse stato richiesto.
Queste
condizioni così sfavorevoli, comuni ad altre infeudazioni precedenti la fine
del conflitto con Pisa[36],
vennero solo in parte mitigate due mesi più tardi quando l’infante, fatta salva
la riserva del mero e misto imperio –
senza però la clausola «etiam in levibus
criminibus» –, rinnovò al Llibià la carta di donazione eliminando l’obbligo
di prestare il servizio militare anche al papa e riducendo il numero dei
cavalli armati richiesti ad uno solamente, pur con l’aggiunta di un censo di 10
fiorini d’oro[37].
Nel
volgere di un anno il patrimonio feudale del Llibià si accrebbe grazie alla
donazione in feudo secondo il costume d’Italia di 3000 soldi di genovini sui
redditi annui di qualsiasi villa del regno di Sardegna[38],
cui seguì l’investitura della villa di Siliqua, sita nella curatoria di
Sigerro, concessagli con la riserva del mero
imperio e col servizio di un cavallo armato[39].
Dopo
questa concessione anche per la villa di Selegas Pere de Llibià si vide
finalmente riconosciuto l’esercizio del misto
imperio con tutta la giurisdizione civile, fatto salvo il servizio di un
cavallo armato, e senza più alcun cenno al censo annuo di 10 fiorini d’oro[40].
Il godimento di questi vantaggi fu tuttavia di breve durata perché con la
seconda pace del 25 aprile 1326 stipulata tra Corona d’Aragona e Pisa, la villa
di Selegas fu ceduta al comune toscano assieme a tutti gli altri centri delle curatorie
di Trexenta e Gippi[41].
Al Llibià rimase il diritto a rientrarne in possesso qualora la Corona avesse
avuto modo di recuperarla.
Così
quando l’infante Alfonso, sulla base di un accordo raggiunto con i feudatari
dell’isola di Sardegna che non detenevano il mero imperio, riconobbe a Pere de Llibià la metà del denaro
proveniente dall’esazione delle machizie
nella sua villa di Siliqua, tale concessione fu estesa anche alla villa di
Selegas nel caso in cui il Llibià ne fosse rientrato in possesso[42].
All’inizio
del 1331 poi lo stesso Alfonso, da qualche anno re d’Aragona, ricordava al
governatore generale del regno di Sardegna che se la villa di Selegas fosse in
qualche modo tornata sotto il controllo della Corona doveva essere restituita a
Pere de Llibià senza attendere altra sua disposizione[43].
Tali
diritti trapassarono verosimilmente al figlio ed erede Nicholay de Llibià che
nell’agosto del 1332, tramite il cavaliere Ramon de Llibià suo procuratore, era
investito della villa di Siliqua prestando omaggio e giuramento di fedeltà al
re Alfonso[44].
* Antonio FORCI,
Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della
dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean
Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio
2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista
dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari
2010.
[1] Il più antico
esponente conosciuto è un B. de Libiano documentato in vita nel 1228, forse lo
stesso Bn. De Lebiano cavaliere di Episcopalis (attuale La Bisbal d’Empordà,
Girona) marito di una Geralda, che risulta defunto in un’epigrafe del 1238:
cfr. Pere CATALÀ I ROCA, Miguel BRASÓ I VAQUÉS, Castell de Montgrí, in Pere
CATALÀ I ROCA (dir.), Els castells catalans, vol. II, Rafael Dalmau Editor,
Barcelona, 1991 (II ediz.), p. 795, nota 7; Pere CANER, Incripcions a les
llindes i teules pintades a Calonge, in “Annals de l’Institut d’Estudis
Gironins”, 20, 1970, p. 380. L’apocrifo seicentesco noto col titolo di Trovas
de Mossen Jaime Febrer, edizione a cura di Joaquín María BOVER, Palma de
Mallorca, 1848, p. 157, narra le gesta di un Ramon Llibià al seguito di Giacomo
I nella conquista cristiana di Valenza del 1238. Lo scudo del personaggio è
così descritto: su campo d’azzurro una testa di leone d’oro con lingua di
rosso. Secondo Martí DE RIQUER, Heràldica catalana des de l’any 1150 al 1550,
Barcelona, 1983, vol. I, p. 231, n° 282, il blasone della famiglia Llibià
contemplava un grifo d’oro linguato e armato di rosso in campo d’azzurro.
[2] Cfr. Gran Enciclopèdia Catalana
(d’ora in avanti GEC), voci Fontanilles e Llabià. Anche nel caso del nome del
paese la grafia è vacillante: cfr. Joan COROMINES (dir.), Onomasticon Cataloniae,
vol. V (L-N), Barcelona, 1996, p. 54, s. v. Llebià, con attestazioni a partire
dalla metà del secolo XI (Libiano).
[3] Cfr. José PELLA
Y FORGAS, Historia del Ampurdán. Estudio de la civilización en las comarcas del
Noreste de Cataluña, Barcelona 1883 (rist. anastatica Olot 1980), p. 609 e ss.;
X. Soldevila i Temporal, Masades i servituds a Torroella de Montgrí i la seva
comarca (1290-1340), in Rosa CONGOST, Lluís To (eds.), Homes, masos,
hostòria.La Catalunya del Nord-Est (segles XI-XX), Barcelona, 1999, p. 93.
[4] Cfr. GEC, vol.
9, Barcelona 1976, p. 203, s.v. Llebià, Pere de [o de Llibià].
[5] Cfr. Ferran SOLDEVILA, Pere el
Gran. Segona parte: el regnat fins a l’any 1282, Barcelona, 1995 (II ediz.),
pp. 46-48, Apèndix I, docc. n. 40 e 85, pp. 75 e 99
[6] Cfr. Francisco
A. ROCA TRAVER, El justicia de Valencia, 1238-1321, Valencia, 1970,pp. 96-97,
428.
[7] Cfr. Ramón
MUNTANER, Crónica catalana, edizione a cura di A. de Bofarull, Barcelona, 1860,
cap. CLXXII, pp. 326-327; Elena LOURIE, La colonización cristiana de Menorca
durant el reinado de Alfonso III “El Liberal”, rey de Aragón, in “Analecta
Sacra Tarraconensia”, 53-54, 1980, p. 181 e ss.
[8] Cfr. Ramón
MUNTANER, Crónica catalana, cit, cap. CLXXII, p. 327.
[9] Cfr. Giuseppe LA MANTIA, Codice
diplomatico dei re aragonesi di Sicilia (1282-1355), vol. I, Palermo, 1918,
doc. LXXXVII, p. 174 (anno 1285).
[10] ACA, Real
Cancillería, reg. 76, f. 22 (1288 febbraio 24, Barcellona). Lettera di Alfonso
II d’Aragona a «Petro de Libiano, thesaurario nostro in regno Maioricarum»
edita, tra gli altri, da Jocelyn N. HILLGARD, Diplomatari Lul·lià. Documents
relatius a Ramon Lull i a la seva família, Universitat de Barcelona, Barcelona,
2001, p. 49, doc. 22.
[11] Elena LOURIE,
La colonización cristiana de Menorca cit., pp. 139, 154.
[12] Cfr. Maria Teresa FERRER I
MALLOL, Organització i defensa d’un territori de fronterer. La governació
d’Oriola en el segle XIV, Barcelona 1990, p. 24. Del luglio dell’anno
precedente è una lettera dello stesso re ai giurati di Vila-real dove è
nominato «Petrus de Libiano, baiulus noster in regno Valencie generalis»: ACA,
Real Cancillería, reg. 194, f. 151v.
[13] Cfr. Juan Manuel DEL ESTAL,
Corpus documental del Reino de Murcia bajo la soberanía de Aragón
(1296-1304/5), vol. I/3, Alicante 1999, pp. 55-56, ove sono citati «Petrus de
Libiano quondam» e il figlio «Bernardus de Libiano» in riferimento alla
custodia del castello valenzano di Bayern.
[14] ACA, Real
Cancillería, reg. 261, f. 127v (1293 settembre 1, Saragozza).
[15] Cfr. Antoni
CONEJO DA PENA, Assistència hospitalària i defensa del territori al Baix Ebre:
la fortalesa-hospital de Sant Jordi d'Alfama i l'hospital del Perelló, in
“Recerca”, 8, 2004, p. 256.
[16] Cfr. Christian
GUILLERÉ, Girona al segle XIV, Publicacions de l’Abadia de Montserrat,
Barcelona 1993, vol. I, p. 133.
[17] Cfr. Juan
Manuel DEL ESTAL, Itinerario de Jaime II de Aragón (1291-1327), Institución
«Fernando el Católico», Zaragoza, 2009, p. 243 e ss.
[18] Esercitò la
carica sino al 1312: cfr. Juan Manuel DEL ESTAL, Itinerario de Jaime II de
Aragón cit., pp. 320, 322, 422.
[19] Cfr. Eduardo DE MARIÁTEGUI,
Arquitectura militar de la edad media en España: castillo de Torruella de
Montgrí (Cataluña). Siglo XIII, in “El Arte en España”, VI, 1867, pp. 143-150;
J. DE CAMPS I ABOIX, Records històrics de Torroella i del castell de Montgrí,
Barcelona 1911, ora in “Papers de Mongrí”, 12, 1994, pp. 48-54; Pere CATALÀ I
ROCA, Miguel BRASÓ I VAQUÉS, Castell de Montgrí cit., pp. 790-791.
[20] Josep Maria
SANS I TRAVE, La fi dels Templers catalans, Pagés Editors, Lleida, 2008, pp.
135-137.
[21] ACA, Real
Cancillería, reg. 150, f. 37r (1312 agosto 5, Barcellona).
[22] Arxiu Diocesà
de Girona: http://www.arxiuadg.org/arxiu/annex/rubriques.htm, n. 154.
[23] Cfr. Maria
Bonaria URBAN, L’istituto del veguer e l’amministrazione della città di
Cagliari. Alcune note preliminari, in El món urbà a la Corona d’Aragó, XVI
Congrés d’Història de la Corona d’Aragó (Barcelona-Lleida, 7-12 setembre del
2000), Actes, vol. III, Barcelona, 2003, pp. 1024-1026.
[24] ACA, Real
Cancillería, reg. 389, f. 56r (1323 luglio 16, assedio di Villa di Chiesa).
[25] ACA, Real
Cancillería, reg. 390, ff. 139r-140v (1324 luglio 13, castello di Bonaria).
[26] ACA, Real
Cancillería, reg. 390, ff. 193v-194r (1324 ottobre 29, Lerida). Nel 1326
percepiva un salario semestrale di 200 lire, oltre a 140 lire per mantenere sei
cavalli armati: cfr. Marco TANGHERONI, La città dell’argento cit., pp. 237-238.
[27] Cfr. Marco
TANGHERONI, Sardegna mediterranea cit., pp. 12-13.
[28] ACA, Real
Cancillería, reg. 402, f. 141r-v (1326 agosto 12, Fraga).
[29] La carta della
nuova nomina è in ACA, Real Cancillería, reg. 508, ff. 165v-166v (1328 ottobre
26, Barcellona).
[30] Cfr. Francesco
Cesare CASULA, Carte reali diplomatiche di Alfonso III il Benigno, re
d’Aragona, riguardanti l’Italia, Cedam Padova 1970, docc. 59, 92, 95, pp. 80,
99-101, 103.
[31] ACA, Real
Cancillería, reg. 512, ff. 184v-185r (1331 luglio 20, Barcellona); ASC, Antico
Archivio Regio, BC5, f. 23r-v (stesso documento).
[32] ACA, Real
Cancillería, reg. 512, f. 220v (1331 luglio 31, Barcellona).
[33] Cfr. Francesco
Cesare CASULA, Carte reali diplomatiche di Alfonso III il Benigno cit., doc.
122, p. 119.
[34] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 3r-4r (1324 maggio 1, assedio del castello di
Cagliari).
[35] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 4v-5r (1324 maggio 1, assedio del castello di
Cagliari).
[36] Identico
formulario e riserve, mutatis mudandis, presentano le concessioni della villa
di Geridu a Guillem Oulomar (ACA, Real Cancillería, reg. 389, ff. 91r-92r) e
della villa di Santadi a Gomita d’Acene de Pixina (ACA, Real Cancillería, reg.
390, ff. 125r-126r), rilasciate tra il 12 febbraio e il 23 marzo 1324.
[37] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 12v-14r (1324 luglio 5, castello di Bonaria).
[38] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 142v-144r (1325 giugno 7, Daroca).
[39] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 144r-v (1325 giugno 7, Daroca). Il documento si
riferisce propriamente all’investitura della sola rendita, essendo affidato
all’altro amministratore generale Arnau de Caçà il compito di individuare la
villa da concedergli in feudo. Da una lettera dell’infante Alfonso posteriore
di oltre un anno apprendiamo che la scelta cadde su Siliqua: ACA, Real
Cancillería, reg. 402, ff. 140v-141r.
[40] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 144v-145v (1325 giugno 7, Daroca).
[41] Il testo del trattato,
pubblicato in Pasquale TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, Tomo I, Parte
seconda, sec. XIV, doc. XXXII, pp. 677-681, è consultabile anche in ACA, Real
Cancillería, reg. 400, ff. 205r-212r.
[42] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 230r-232v (1327 agosto 1, Morella).
[43] ACA, Real
Cancillería, reg. 511, f. 59r (1331 gennaio 13, Valenza).
[44]
ACA, Real Cancillería, reg. 514, f. 219r-v (1332 agosto 24, Valenza).
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