Teresa Gombau de Entença, mancata signora di Bangio
Donico (Bangiu Donnico)
di Antonio Forci*
Teresa
Gombau d’Entença discendeva da una delle più illustri famiglie della nobiltà
catalano-aragonese[1], per
quanto appartenesse ad un ramo bastardo del lignaggio. Sorellastra dell’infanta
Teresa d’Entença, contessa d’Urgell e moglie dell’infante Alfonso, nacque dalla
relazione extraconiugale tra Gombau de Entença, barone di Alcolea de Cinca,
Xiva e Xestalgar, e Stefania di Sicilia. Da questa unione nacquero anche
Guillem, Ponç Hug ed un’altra Teresa Gombau monaca del monastero di Casbes[2].
Prima
di maritarsi nel 1324 con Berenguer Carroz, figlio dell’ammiraglio Francesc
Carroz[3],
era stata promessa sposa di Ramon o Ramonet de Cardona, nobile catalano al
seguito dell’infante Alfonso in Sardegna, figlio di Bernat Amat de Cardona
signore di Torà, nipote pertanto del visconte Ramon Folc VI de Cardona e –
verosimilmente – del Ramon de Cardona nominato governatore generale di Sardegna
nel 1330[4].
In previsione di
questo matrimonio l’infante Alfonso, nel novembre 1323, le promise 60.000 soldi
di Barcellona in auxilium maritagii[5]
e, contestualmente, le concesse in feudo secondo il costume d’Italia una
rendita annua di 30.000 soldi sopra i redditi di qualsiasi luogo del regno di
Sardegna[6].
A questo atto seguì a distanza di un mese la concessione in feudo secondo il
costume d’Italia con le riserve del mero
e misto imperio, oste e cavalcata e il servizio di sette cavalli armati per
tre mesi l’anno, di sette ville comprese nei territori di varie curatorie
all’interno dell’archidiocesi di Cagliari: Cerargio, Lene, Decimo Popussi,
Villanova, Seruso, Palma e Bana (o Bona) Danico[7],
nella quale non si può non riconoscere la villa di Bangio Donico in Trexenta.
Il
centro, sviluppatosi sul sito di un cospicuo abitato di età romana con visibili
resti di un impianto termale che ha dato il nome alla località (balneum in latino da cui il sardo bangiu)[8],
è da localizzare nella fertile piana a sud del moderno abitato di Ortacesus ove
ha lasciato profonde tracce nella toponomastica: Su Bangius, Funtana Bangius,
Pardu Bangius[9].
Entrambe
le suddette donazioni non ebbero tuttavia luogo per la morte in battaglia del
futuro marito, evento registrato anche nella Cronaca di re Pietro IV d’Aragona[10].
In particolare il promesso ausilio di 60.000 soldi fu congelato sino alle nuove
nozze con Berenguer Carroz, mentre alcune delle ville contenute nel primitivo
atto di concessione feudale furono assegnate ad altri personaggi della cerchia
dell’infante: Decimoputzu e Leni, nella curatoria di Gippi, rispettivamente ad
Arnau de Montseny[11]
e ad Arnau de Ladrera[12],
Bangio Donico, nella curatoria di Trexenta, al barcellonese Guillem Sapera[13].
Nella nuova
donazione del luglio 1324 a vantaggio di Teresa Gombau de Entença, questa volta
promessa sposa se non già moglie di Berenguer Carroz, le tre ville delle
curatorie di Gippi e Trexenta furono sostituite con altre due del Campidano,
Sexto e Sennuri, rimanendo invariate le altre pur nella diversa grafia dei
nomi: Cerargio, Palma, Saparasi e Villanova Sancti Basili[14].
La
morte di Teresa Gombau, avvenuta pochi anni dopo il matrimonio, diede avvio ad
un contrasto per la sua eredità tra il marito Berenguer Carroz e il re Alfonso
IV d’Aragona[15].
Oggetto del contendere era una clausola allegata all’atto di concessione
feudale in cui detta Teresa aveva concordato con l’allora infante Alfonso che se
fosse morta senza figli, come in effetti fu, i luoghi a lei infeudati sarebbero
ritornati alla Corona, tutto ciò all’oscuro del Carroz.
La
controversia si appianò nel corso del 1332 quando Berenguer Carroz rimise al re
ogni debito che la regia curia aveva nei suoi confronti, vale a dire 42.500
soldi genovini rimanenti dei 60.000 promessi in dote alla defunta moglia Teresa
e inoltre tutti i diritti da lui posseduti sulle ville di Decimoputzu, Gippi
Ius e Bangio de Sipollo comprate da Arnau de Montseny nella curatoria di Gippi
e cedute ai pisani dopo la pace del 1326, valenti 6.000 soldi di genovini
l’anno.
In cambio
riceveva il possesso con il mero e misto imperio delle ville di Cerargio,
Palma, Sexto, Sennuri, Saparasi e Villa Nova Sancti Basili site nella curatoria
di Campidano come erede universale della detta moglie Teresa Gombau de Entença[16].
* Antonio FORCI,
Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della
dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean
Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio
2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista
dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari
2010.
[1] José DE SANTIAGO, Los Entenza.
Ricos-hombres de Aragón, in “Linajes de Aragón”, V, 13, 1914, pp. 217-229
[2] La genealogia
di questa branca del lignaggio è chiarita da Manuel PASTOR i Madalena, El
cartulari de Xestalgar: memòria escrita d’un senyoriu valencià, Fundació
Noguera, Barcelona, 2004, pp. 39-48 e p. 90 (quadro genealogico).
[3] Cfr., tra gli
altri, Jerónimo. ZURITA, Anales de Aragón, edizione in formato elettronico, Institución
«Fernando el Católico», libro VI, cap. LV; Francesco Cesare CASULA, Dizionario
storico sardo, Carlo Delfino ed., Sassari, 2001, s.v. Carròs, Berengario, p.
345; Onofre ESQUERDO, Nobiliario valenciano (prólogo, trancripción y notas por
J. Martínez Ortiz), Valencia, 2001, p. 200.
[4] Cfr. Maria
Teresa FERRER I MALLOL, Ramon de Cardona: capità general de l’exèrcit güelf i
governador de Sardenya (†1338), in Paolo MANINCHEDDA (ed.), La Sardegna e la
presenza catalana nel Mediterraneo, Atti del VI congresso (III Internazionale)
dell’Associazione Italiana di Studi Catalani (Cagliari 11-15 ottobre 1995),
CUEC editrice, Cagliari, 1998, vol. I, pp. 57-58; EAD., Ramon de Cardona,
militar y diplomático al servicio de cuatro reinos, in “Universitade do Porto.
Revista da Facultad de Letras. História”, II série, XV, tomo II, 1998, pp.
1433-1434 e p. 1451 (quadro genealogico).
[5] ACA, Real Cancillería, reg. 389,
f. 74v (1323 novembre 19, assedio di Villa di Chiesa). La promessa di donazione
fu confermata dall’infante Alfonso e dalla moglie Teresa con carta data in
obsidione Ville Ecclesie il 30 dicembre dello stesso anno: ACA, Real
Cancillería, reg. 389, ff. 79v-80r.
[6] ACA, Real
Cancillería, reg. 389, f. 75r (1323 novembre 19, assedio di Villa di Chiesa).
[7] Ibidem
[8] Cfr. Caterina
LILLIU, Il territorio di Senorbì e la Trexenta. L’età romana, in Museo Sa Domu
Nosta, Cagliari, 1990, p. 31.
[9] Cfr. RAS, Carta
tecnica della Sardegna. Foglio n° 458-Senorbì, sez. B2, ediz. 1970 (scala
1:10.000); IGMI, Carta topografica d’Italia scala 1:25.000. Foglio n° 548 sez.
IV-Senorbì, Firenze, 1992. L’aggettivo donico/donicu indica, dal latino
“dominicus”, un possedimento relazionato alla famiglia giudicale cagliaritana.
Nel 1215 è testimoniato un armentariu de iudigi de sa billa de Baniu: cfr. A.
Solmi, Le carte volgari dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari. Testi
campidanesi dei secoli XIXIII cit., doc. XIII, p. 31.
[10] Cfr. Giuseppe
MELONI, L’Italia medievale nella Cronaca di Pietro IV d’Aragona, CNR-Centro di
studi sui rapporti italo-iberici, Cagliari, 1980, pp. 60-61; Francesco FLORIS,
Dizionario delle famiglie nobili della Sardegna, Edizioni della Torre,
Cagliari, 2009, vol. 1 (A-M), s.v. Cardona, p. 174.
[11] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 26v-27v (1324 luglio 14, castello di Bonaria).
[12] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 99r-100v (1325 aprile 20, Valenza).
[13] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 29v-30v (1326 dicembre 30, Teruel).
[14] ACA, Real
Cancillería, reg. 514, f. 210v (1332 agosto 15, Valenza).
[15] ACA, Real
Cancillería, reg. 511, f. 147v (1331 giugno 27, Barcellona).
[16] ACA, Real Cancillería, reg. 514,
ff. 210v-212v (1332 agosto 15, Valenza); 234v-236r (stesso luogo e data).
Hola. et voldria fer una pregunta. El cognom Respall existia a l'edat mitjana a Sardenya?
RispondiEliminaEn saps alguna cosa?
Josep
Hola Josep. Vaig a veure si tinc alguna cosa i fer-li saber.
EliminaSergio