LA
LOCALIZZAZIONE DEI GALILLENSES E DEI PATULCENSES
di
Massimo Pittau (*)
La localizzazione dei Galilenses,
la tribù della Sardegna antica che, secondo la testimonianza della Tavola
bronzea di Esterzili (CIL X 7852), era venuta in contesa coi Patulcenses
per il possesso e lo sfruttamento di terreni, era stata data, con notevole
sicurezza, già dal primo studioso che aveva affrontato l' analisi di quell'
insigne reperto storico-archeologico, Giovanni Spano. Il benemerito canonico,
basandosi su due testimonianze del Fara, che parlavano di una regio
curatoriae Gerreis seu Galillae dicta e di un oppidum Pulli curatoriae
Galilli nunc Gerrei dictae, aveva sensatamente concluso che i Galillenses
in antico risiedevano nella regione che attualmente si chiama appunto Gerrèi.
E Galila sarebbe stata anche la capitale della regione <1>.
In
epoca più recente era intervenuto, a convalidare fondamentalmente la tesi dello
Spano, Raimondo Bachisio Motzo, il quale aveva presentato documenti medioevali
più antichi di quelli del Fara, e precisamente la Legenda Sanctissimi
Praesuli Georgii Suellensis, dove viene citato un villaggio denominato Galillium
<2>.
In epoca ancora più recente il
linguista Gian Domenico Serra aveva proceduto a identificare questo villaggio di Galillium con Paúli Gerrèi, attualmente San Nicolò Gerrèi <3>.
linguista Gian Domenico Serra aveva proceduto a identificare questo villaggio di Galillium con Paúli Gerrèi, attualmente San Nicolò Gerrèi <3>.
Finalmente
nel 1978 è intervenuta Marcella Bonello Lai innanzi tutto per riassumere l'
intera questione, in secondo luogo per presentare altri documenti medioevali
che parlano della curatoria di Galila o Gerrei ed infine per
dichiarare di accettare quella localizzazione dei Galillenses appunto
nell' attuale regione della Sardegna sud-orientale chiamata Gerrèi <4>. Questa localizzazione è stata
recepita dal Meloni, il quale infatti, nella sua opera La Sardegna romana
tutte le volte che cita i Galillenses, non tralascia di aggiungere
"stanziati nel Gerrèi" <5>.
Tutto
ciò premesso, come linguista in primo luogo mi sento di poter intervenire per
far osservare che il fatto che l' etnico Galillenses risulta nella
Tavola di Esterzili una volta citato come Galilenses, ossia con la
liquida scempia o debole, non è detto che si debba considerare un errore
ortografico, come ha ritenuto di segnalare Enzo Cadoni <6>: abbiamo infatti buone prove per
affermare che nella lingua dei Sardi/Nuragici c' era indifferenza fra la
consonante -l- debole e quella -ll- forte, come mostrano i
seguenti esempi di toponimi sicuramente paleosardi: innanzi tutto il toponimo Galíle
di Orune e dopo i seguenti Goléi o Golléi (Lula), Ololay
(ant.), Ollolái e Ollollái; Urzuléi e Urzullè (villaggi, NU);
Biscolái e Biscollái, Tertílo e Tertíllo (Núoro), Irillái
(Núoro) e Irilái (Oliena), Osala e Osalla (Oroséi), ant. Uselis
ed Usellis (= odierno Usellus, OR). D' altronde è un fatto che
anche in qualche varietà del campidanese odierno si registra tuttora questa
indifferenza rispetto alla -l- debole oppure -ll- forte.
* * *
La Bonello però non si è limitata a
convalidare quella localizzazione dei Galillenses, che era stata
prospettata già prima di lei, ma ha ritenuto di poter procedere a localizzare
la sede dell' altro popolo richiamato dalla Tavola di Esterzili, i Patulcenses.
A suo giudizio i Patulcenses erano stanziati nella zona dell' attuale
villaggio di Dolianova, in provincia di Cagliari, il quale costituisce
il centro di una zona molto adatta alla attività agricola. La studiosa ha
motivato la sua scelta in base al noto e controverso passo di Varrone (De re
rustica, I, 16, 2), secondo il quale «Molti terreni fertili non conviene
coltivarli a causa delle depredazioni dei vicini, come alcuni in Sardegna che
sono presso Oelie» (Multos enim agros egregios colere non expedit propter
latrocinia vicinorum, ut in Sardinia quosdam qui sunt propre Oeliem),
decidendo pertanto di interpretare anche lei il controverso e quasi sicuramente
corrotto toponimo Oeliem riportato dai codici di Varrone come il
precedente antico e classico della medioevale curatoria di Parti Olla o Dolia
e del villaggio odierno Dolianova <7>.
E la studiosa ha da parte sua ritenuto di poter inserire gli episodi del
conflitto più che secolare che aveva contrapposto i Patulcenses ai Gallilenses
esattamente nel quadro politico-militare e socio-economico delineato da
Varrone.
Premetto
che nel presentare oggi una tesi differente da quella della Bonello, dichiaro
di riconoscere appieno la validità storiografica del suo studio citato ed
inoltre dichiaro che la mia odierna proposta è anche il frutto dell' analisi
attenta che ho fatto delle tesi ed ipotesi della egregia collega. A me dunque
sembra che si possano muovere alla interpretazione della Bonello le seguenti
obiezioni:
1)
Non risulta affatto che il toponimo Parti Olla o Dolia esistesse
anche in epoca antica e classica; di certo noi sappiamo solamente che esso
compare nel Medioevo.
2)
E' molto improbabile che la zona indicata da Varrone fosse quella della odierna
Dolianova, dato che è poco verosimile che i governatori romani che
risiedevano a Cagliari non avessero i mezzi e la volontà di difendere dagli
attacchi dei montanari questa zona che distava appena 15 miglia (= 21
chilometri) circa da Cagliari. In quest' ordine di idee a me sembra molto più ovvia
la correzione che è stata già proposta del toponimo controverso Oeliem
in O<us>elis, cioè nell' antico Usel(l)is uguale all'
odierno Usellus (OR). Anche la zona di Usellus era ed è molto adatta
allo sfruttamento agricolo, ma era troppo lontana dalla capitale della
provincia, Cagliari, e cioè 60 miglia circa (= 76 chilometri) per poter essere
efficacemente difesa dalle razzie dei montanari. In subordine a questa
specifica interpretazione che io preferisco, riterrei che Oliem potrebbe
essere emendato e interpretato pure come Olbiam. Anche la piana posta ad
occidente di Olbia infatti poteva ben essere adatta alla attività agricola, ma
aveva su di sé la continua minaccia delle razzie degli antichi popoli delle
montagne sarde, Iliesi e Balari e Corsi della Gallura.
3)
Alla dislocazione dei Patulcenses nella zona di Dolianova si oppone il
sito del ritrovamento della famosa tavola: Esterzili. Mi sembra che nessun
autore sia posto espressamente la domanda e tanto meno abbia cercato di
trovarvi una risposta, perché mai la tavola sia stata trovata appunto ad
Esterzili. Per tentare di dare una risposta a questa domanda si deve innanzi
tutto ricordare e sottolineare che la tavola riportava una sentenza pronunziata
dal governatore della provincia, il proconsole L. Elvio Agrippa, la quale, alla
fine di una lunga controversia, dava piena ragione ai Patulcenses.
Sicuramente sono stati proprio questi a volersi fare la copia della sentenza e
addirittura a farla incidere sul bronzo. E' pertanto evidente che la tavola in
origine era in possesso dei Patulcenses e quasi sicuramente risultava
murata in un loro edificio sacro, anche al fine di attirare su di essa la
garanzia e la protezione della relativa divinità. Ma il fatto che la tavola
sia stata rinvenuta ad Esterzili e cioè in territorio differente da quello dei
legittimi proprietari, fa chiaramente intendere che essa era stata trafugata a
questi. Trafugata da chi e per quale scopo? Cui proderat?, a chi
poteva giovare questo trafugamento? A me sembra che non possano esistere dubbi
circa la risposta da dare a queste domande: la tavola era stata trafugata, con
l' incursione di qualche loro commando, proprio dai Galillenses, quelli
che dalla sentenza incisa su di essa avevano subìto la condanna. Perché i
componenti del commando galillense l' avranno trafugata? L' avranno trafugata a
titolo di beffa e dileggio per i loro avversari, i Patulcenses, ed
insieme a titolo di trofeo di guerra da esibire ai loro connazionali Galillenses,
con la ovvia riserva di distruggerla dopo ed anche di recuperarne il prezioso
metallo. Il fatto però che la tavola non sia stata distrutta lascia intendere
che essa sia andata smarrita, magari in un azione di inseguimento subìto dai
trafugatori da parte dei trafugati.
Dunque
anche il sito di ritrovamento del prezioso reperto storico-archeologico, l'
agro di Esterzili, ci assicura che i Patulcenses non abitavano affatto
nella zona piuttosto lontana di Dolianova, ma abitavano a stretto contatto coi Galillenses,
in una zona, se non contigua ad Esterzili, di certo più vicina di quella di
Dolianova. A questo proposito io ritengo che abbia uno speciale significato la
circostanza che la stazione militare romana di Biora o, assai meglio, Flora
fosse situata nelle vicinanze di Serri: quella stazione militare in effetti
risultava interposta fra Esterzili ed i Patulcenses e quindi in difesa
di questi dalla persistente pressione dei Gallilenses <8>.
Ripeto:
il sito di ritrovamento della tavola, l' agro di Esterzili, esclude con
notevole sicurezza che i Patulcenses abitassero nella zona di Dolianova;
se questo fosse stato, infatti, i trafugatori galillensi della tavola, non si
sarebbero indirizzati verso il lontano territorio di Esterzili, ma si sarebbero
indirizzati verso i più vicini centri abitati del Gerrèi.
In
tutto ciò è implicita la conclusione che, pur tenendo ferma la tesi della
dislocazione dei Galillenses nel Gerrèi, il loro territorio a
nord arrivava fino all' agro di Esterzili, comprendendolo. E' quanto aveva
sottolineato il Meloni quando aveva scritto: «I Galillensi dovevano occupare
un' area molto vasta, soprattutto a nord, fino al medio Flumendosa,
giustificando così, in certo modo, il rinvenimento della Tavola [....] nelle
campagne di Esterzili, in località Corte 'e Luccetta» <9>.
A
questo proposito io dico di respingere con decisione la tesi di Gian Domenico
Serra, secondo cui il toponimo Esterzili (ant. Stertilis)
deriverebbe dal nome della gens Stertinia, che avrebbe posseduto
latifondi nella zona <10>.
Io respingo questa tesi sia per motivi strettamente linguistici, sia perché è
inimmaginabile l' esistenza di latifondi nella zona montuosa, fortemente
accidentata, in cui si trova Esterzili. I Romani sapevano ben scegliere i
terreni da cedere ai loro latifondisti e certamente li andavano a scegliere
nelle zone piane della Sardegna e non in quelle accidentate e rocciose del
centro montano dell' isola.
Per
questo stesso motivo ed a maggior ragione si deve respingere l' ipotesi, che è
stata pure fatta, che sia i Galillenses che i Patulcenses fossero
stanziati entro l' attuale territorio di Esterzili o nelle sue immediate
vicinanze <11>
* * *
Ma se è da escludersi, per le difficoltà
su esposte, che i Patulcenses fossero stanziati presso Dolianova, dove
sarà stata la loro sede? Io sono per la ipotesi, già lontanamente accennata da
Ettore Pais <12>,
secondo cui che la sede dei Patulcenses era nella odierna Trexenta.
In primo luogo è da considerare che anche questa zona è molto adatta alla
coltivazione del frumento, come aveva affermato e sottolineato Vittorio Angius
con questa sua considerazione: «E' questa la contrada più famosa per la
produzione del frumento, che le altre più nobili per la stessa fecondità appena
qualche volta possono pareggiare» <13>.
In questo stesso ordine di cose è molto significativo anche lo straordinario -
almeno per la Sardegna - numero di centri abitati ivi esistenti, l' uno vicino
all' altro: Arixi, Barrali, Guamaggiore, Guasila, Ortacèsus, Pimentèl, San
Basilio, Sant' Andrea Fríus, Segaríu, Sèlegas, Senorbì, Seúni, Sisini, Suelli <14>.
Esistono
alcuni toponimi della zona, i quali danno esatta l' impressione che essa sia
stata particolarmente frequentata dai Romani, militari e coloni. Innanzi tutto
c' è il nome dell' intera zona, la Trexenta. La sua connessione col
numerale latino trecenta al neutro salta immediatamente agli occhi di
chi abbia una conoscenza anche molto superficiale del latino. Lo Spano aveva
interpretato che Trexenta fosse «così appellata da trecenta oppida,
o borghi che esistevano in quella vasta e fertile pianura, nella quale ovunque
si scavi si trovano ruderi, monete ed altri oggetti antichi» <15>. Senonché una tale ipotesi si
deve respingere senza alcuna esitazione, per il fatto che è impossibile
immaginare che la Trexenta potesse ospitare un così elevato numero di
centri abitati.
Per
la soluzione del problema etimologico del toponimo Trexenta sono stato
avviato da un suggerimento del collega Giulio Paulis, che qui volentieri e
pubblicamente ringrazio: egli mi ha prospettato che dietro il numerale trecenta,
sicura base del nostro toponimo, possa esserci la indicazione di una misura
agraria. Dopo averci pensato un po' mi è venuta l' idea che la misura agraria
sia lo iugerum latino, per cui il nostro toponimo andrebbe ricostruito
come trecenta iugera <16>.
Considerato che uno iugero romano misurava circa 2.500 metri quadrati,
facilmente si deduce che 300 iugeri indicavano circa 75.000 metri quadrati,
cioè circa 75 ettari. Però altro non mi sento di dire sull' argomento, per cui
non mi resta che appellarmi agli studiosi specialisti di agrimensura romana
perché tentino di appurare che cosa esattamente si possa intendere con la
locuzione trecenta iugera riferita alla Trexenta. Del resto essi
eventualmente potranno anche fare riferimento a qualche altra misura agricola
romana, la cui denominazione però dovrà pur' essa risultare al neutro plurale
da concordarsi con trecenta. In vista e nella speranza di uno studio
approfondito sull' argomento segnalo che esiste in provincia di Rovigo un
villaggio chiamato Trecenta, la cui denominazione quasi sicuramente avrà
avuto la medesima origine del sardo Trexenta.
Il
secondo toponimo che depone a favore della particolare presenza di latifondisti
romani nella zona è Suelli. Nel linguaggio della zona il toponimo suona
esattamente Suéddi e si comprende che Suelli sarà una
ricostruzione di origine dotta o simidotta, già conosciuta nei documenti
medioevali. Ebbene Suelli/Sueddi induce a pensare ad una locuzione Villa
Suelli, cioè «tenuta o fattoria di Suellio». Suellius è un
gentilizio ampiamente attestato in molte parti della penisola <17>. E c' è da chiedersi se la gens
Suellia fosse imparentata con la gens Patulcia latifondista dei
terreni occupati dai Patulcenses oppure nella Trexenta l' una fosse in
concorrenza con l' altra. Evidentemente tocca agli storici propriamente detti
dare una risposta anche a questo interrogativo.
Di
certo Suelli è stato il centro più importante della Trexenta, come
dimostra il fatto che in epoca successiva esso diventerà il capoluogo della
curatoria della Trexenta ed inoltre della diocesi di Suelli.
Ci
sono infine nella Trexenta alcuni altri toponimi che depongono sempre a favore
di una particolare presenza dei Romani nella zona: Funtana Romana (San
Basilio), che è di chiarissima origine e significazione <18>, e poi Crobeccada =
«coperchiata» (Sèlegas), che in tutta la Sardegna spesso è d concordarsi con trecenta.
In da cioè "strada romana lastricata" <19>. E poi, sempre a Sèlegas esiste
un Pranu Lítteras, letteralmente «piano delle Lettere», di cui il
secondo vocabolo quasi sicuramente fa riferimento ad iscrizioni romane scolpite
in pietre miliari oppure in cippi funerari <20>.
* * *
Ad iniziare dai Mommsen e Pais, giù giù,
fino ai Serra, Meloni, alle Bonello e Boninu, ai Cadoni e Mastino, tutti gli
studiosi fino ad ora hanno interpretato che l' aggettivo CAMPANI che
segue il nome dei Patulcenses la terza volta in cui questi vengono
nominati nella tavola, sia da intepretarsi come «originari della Campania»,
come dimostra anche il fatto che nella "trascrizione" del nesso
sintattico l' aggettivo viene da loro indicato con la iniziale maiuscola, cioè Patulcenses
Campani <21>.
I Patulcenses pertanto vengono da questi autori presentati come
"coloni provenienti dalla Campania". La motivazione che sta al fondo
di questa interpretazione sta nel fatto che la gens Patulcia,
proprietaria di fondi anche in Sardegna, pur originaria dell' Etruria, risulta
essersi espansa anche nella Campania.
Personalmente
ritengo che esistano buoni motivi almeno per mettere in dubbio questa
interpretazione del vocabolo CAMPANI. Il nesso PATULCENSES CAMPANI
infatti si può interpretare anche «Patulcensi dei campi aperti», secondo quanto
consente il significato dell' aggettivo lat. campanus <22> e secondo quanto aveva
interpretato lo stesso Pais, sia pure con un vero e proprio lapsus, dato
che in tutte gli altri luoghi in cui egli parla dei Patulcenses, li
dichiara provenienti dalla Campania <23>.
La ragione di questa possibile interpretazione è - a mio avviso - la seguente:
nell' intera controversia giuridica che contrapponeva i Galillenses ai Patulcences
il richiamo alla Campania come supposta terra di origine di questi ultimi non
troverebbe alcuna motivazione di sorta. Invece, interpretando CAMPANI
come «abitanti dei campi aperti», questa precisazione troverebbe una certa
motivazione nel fatto che essi si contrapponevano ai Galillenses che
invece erano di certo «abitanti della montagna».
Concludo
però dicendo e sottolineando che neppure io escludo che quell' aggettivo CAMPANI
possa fare riferimento alla Campania come terra di origine dei coloni chiamati Patulcenses,
ma considerato che è linguisticamente possibile e legittima anche l' altra
interpretazione, a me sembra che coloro che optano per la prima interpretazione
abbiano il dovere di fornire altre prove a favore di essa.
Infine,
quand' anche si dimostrasse che i Patulcenses venivano effettivamente
dalla Campania, non si dica assolutamente che essi sarebbero arrivati nella
zona sbarcando nella foce del Saeprus, cioè dell' odierno Flumendosa, e
poi risalendo la sua vallata. Questa tesi può essere sostenuta solamente da chi
non ha mai visto la vallata di questo fiume, il quale scorre in una zona
accidentatissima e spesso addirittura in un lungo canalone incassato fra le
rocce, dove non passano, non dico gli uomini né i muli e gli asini, ma neppure
le capre.
(*) Massimo Pittau, La
localizzazione dei Galillenses e dei Patulcenses in AA.VV., La tavola di Esterzili. Il
conflitto tra pastori e contadini nella Barbaria sarda, Convegno di studi,
Esterzili 13 giugno 1992, (a cura di Attilio Mastino), Sassari 1993.
N
O T E
1 - G. Spano, Tavola di bronzo trovata
in Esterzili (Sardegna), con Appendice di C. Baudi di Vesme, nelle «Memorie
della R. Accademia delle Scienze di Torino», serie II, XXV, 1867 (1871), pagg.
3-15.
2 - B.R. Motzo, La vita e l' ufficio di
S. Giorgio vescovo di Barbagia, in ASS, XV, 1-2, 1924, pag. 66.
3 - G.D. Serra, Il nome di Cagliari e la
Galilea di Sardegna, nella rivista «Il Ponte», Firenze, 1951, VII, 9-10,
pagg. 1008-1011; idem, Appunti su l' elemento punico e libico nell'
onomastica sarda, nella «Vox Romanica», 13, 1953, pag. 51.
Ovviamente
è da respingersi con decisione la tesi del Serra, secondo cui alla zona abitata
dai Galillenses avrebbero dato la denominazione i Fenici, per nostalgico
ricordo della Galilea della Palestina, la quale era attigua alla loro Fenicia.
«Questa tesi del Serra - ho già avuto modo di scrivere nel mio libro Lingua
e civiltà di Sardegna, Cagliari, 1970, pag. 53 - si sarebbe forse potuta
accettare nel caso che della "Galilea di Sardegna" fosse esistita una
sola denominazione generica, del tutto priva di riscontri toponomastici nel
centro montano dell' Isola, dove la colonizzazione fenicia non è mai
arrivata. Ma i fatti dimostrano tutto il contrario: la base Galil- è
abbastanza riccamente e soprattutto diffusamente attestata nelle zone interne
ed impervie del centro montano, dove forse non ha mai posto piede nessun
Fenicio». Sia sufficiente citare il toponimo Galíle dell' agro di Orune.
Quasi
certamente il toponimo Pulli citato dal Fara va letto Pauli =
«palude».
4 - M. Bonello Lai, Sulla localizzazione
delle sedi di Galillenses e Patulcenses Campani, in SS, XXV, 1978-1980
(1981), pagg. 29-43.
5 - P. Meloni, La Sardegna romana,
Sassari, 1990, pagg. 82, 130, 135, 152, 161, 316, 333, 402.
6 - E. Cadoni, La Tabula bronzea di
Esterzili (CIL X 7852 = ILS 5947), nei «Quaderni Bolotanesi», Sassari, XIV,
1988, pag. 253.
7 - Questa identificazione era stata già
prospettata, sia pure in maniera ipotetica, da E. Pais, Ricerche storiche e
geografiche sull' Italia antica, Torino, 1908, pagg. 587 e da P. Meloni, op.
cit., pag. 132.
8 - P. Meloni, op. cit., pag. 309,
giustamente parla di «prevalente aspetto militare del centro».
La
forma Biora o Piora dell' Itin. Ant. 81 (ThLL s.v.)
non trova alcun riscontro nel lessico latino né in quello paleosardo; ragion
per cui io emendo la lezione in Flora. Questa divinità romana era
conosciuta in Sardegna (cfr. P. Meloni, op. cit., pag. 395).
9 - P. Meloni, op. cit., pag. 161.
10 - G.D. Serra, Etruschi e Latini in
Sardegna, in «Mélanges de Philologie Romane offerts a M. Karl Michaëlsson»,
Göteborg, 1952, pag. 443.
11 - Cfr. F. Pilia, Esterzili. Un paese
e la sua memoria, Cagliari, 1986, pag. 37.
12 - E. Pais, Storia della Sardegna e
della Corsica durante il dominio romano, Roma, 1923, vol. I, pag. 134.
13 - V. Angius in G. Casalis, Dizionario
geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di
Sardegna, Torino, 1843, XXIII, pag. 238 s. v. Trecenta.
14 - Cfr. V. Martelli, La Sardegna e i
Sardi, Cagliari, 1926, pag. 31; O. Baldacci, I nomi regionali della Sardegna,
Firenze, 1945, pag. 68 segg.; J. Day, Villaggi abbandonati in Sardegna dal
trecento al settecento: inventario, Paris, 1973, pagg. 59-63.
15 - G. Spano, Vocabolario sardo
geografico, patronimico ed etimologico, Cagliari, 1873, pag. 117.
Quest'
operetta dello Spano ha qualche valore sul piano documentario, mentre ne ha
quasi nessuno sul piano critico, ossia etimologico propriamente detto; cfr. M.
Pittau, Giovanni Spano grammatico e lessicografo, in «Contributi su
Giovanni Spano 1803 -1878», Sassari, 1979, pagg. 207-212.
16 - E' quanto ipotizza anche G.B.
Pellegrini, Toponomastica Italiana, Milano, 1990, pag. 393, per toponimi
italiani come Ducèntola, Trecèntola, Quaràntola ecc.
17 - Cfr. W. Schulze, Zur Geschichte
Lateinischer Eigennamen, 2. Unveränderte Auflage, Berlin/Zürig/Dublin,
1966.
18 - Compare già in un documento medioevale
del Codex Diplomaticus Sardiniae, di Pasquale Tola, Torino, 1861, XIII
43, pag. 336, come corti de funtana romana.
19 - Cfr. M. Pittau, Studi Sardi di
linguistica e storia, Pisa, 1958, pagg. 93, 129-130.
20 - Cfr. M. Pittau, Lingua e civiltà di
Sardegna cit., pag. 38.
21 - Cfr. Th. Mommsen, Gesammelte
Schriften, Berlin, 1908, V, pagg. 325-351; A. Boninu, Per una riedizione
della Tavola di Esterzili (CIL X 7852), nei «Quaderni Bolotanesi», Sassari,
XIV, 1988, pagg. 231-245; A. Mastino, Tabularium Principis e Tabularia provinciali
nel processo contro i Galillenses della Barbaria Sarda, ibidem, pagg.
265-286. Le altre citazioni bibliografiche sono state da me fatte nelle note
precedenti.
23 - Cfr. E. Pais, Storia della Sardegna
cit., vol. I, pag. 169: «i Patulcenses Campani, che, come indica lo stesso loro
nome, abitavano le regioni piane limitrofe a quelle di quei montanari».
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