di Antonio
Forci*
Guillem Sa Joncosa è
uno dei protagonisti meno conosciuti della prima età feudale in Trexenta. Del
resto assai scarse sono le notizie che riguardano la sua vita, così come oscure
sono la sua condizione e le ascendenze familiari[1].
Il cognomen denuncia
una chiara origine catalana, forse dalla regione del Penedès a cavallo tra le
attuali province di Tarragona e Barcellona, dove il toponimo Sa/La Joncosa
(femminile dell’aggettivo joncós, lett. ‘luogo pieno di giunchi’)[2]
è documentato alle falde orientali de El Montmell (Baix Penedès)[3]
e presso Gelida (Alt Penedès) dove, nell’attuale località di Can Rossel de la
Muntanya, gli studi più recenti concordano nel localizzare la commenda templare
de la Joncosa. Il toponimo, oggi estinto, è documentato per la prima volta nel
1142 quando ai templari fu donato il mas de Sant Pere, situato nei confini del
castello di Gelida «infra Junchusam et Valilongam». Successivamente, nel 1309,
il re Giacomo II d’Aragona cita il «castrum nostrum de Gilida cum Masone sive
domo de la Joncosa que fuit Militie Templi», dato in permuta alla contessa di Pallars.
A titolo di curiosità notiamo che circa trent’anni dopo il castello di Gelida e
l’antico possesso templare de la Joncosa passarono al giudice d’Arborea[4].
L’attestazione di un
Bartholomeus Joncosa operante come notaio a Vilafranca del Penedès nel 1345[5]
è un dato di supporto a questa ipotetica provenienza, non dimenticando che in
provincia di Lerida esiste il paese di Juncosa (Les Garrigues), la cui
pronuncia era Joncosa nel corso del secolo XIV[6].
Partecipò attivamente
alla campagna di conquista della Sardegna tanto da perdere due cavalli al
servizio della Corona[7]
ed era, per un qualche incarico a noi sconosciuto, in contatto con la corte se
inviò all’infante Alfonso una relazione sulla nomina di Miguel Perez de Guasillo
a podestà di Sassari[8].
Con carta del 5
novembre 1324 l’infante gli concesse in feudo secondo il costume d’Italia e col
servizio di un cavallo armato le ville di Aluta e San Basilio site nella
curatoria di Trexenta: in pianura l’una, oggi scomparsa, localizzabile qualche
chilometro a sud di Senorbì ove sopravvive il toponimo Corte Auda[9],
in territorio collinare al confine col Gerrei l’altra, ancora esistente. Le
clausole della donazione prevedevano a vantaggio dell’infante le riserve del mero
e misto imperio, del laudemio, della fatica di trenta giorni e del diritto di
appello da parte degli abitanti così che la giurisdizione del feudatario
risultava alquanto limitata[10].
Il nostro Guillem,
attirato dalla concessione di questi feudi, aveva venduto tutto ciò che aveva
in Catalogna destinando le sue risorse finanziarie al miglioramento dei nuovi
possessi sardi, piantando alberi, costruendo edifici, facendo lavorare le terre[11].
Il suo investimento tuttavia non fu ben ripagato.
Del tutto ignaro di
diritto feudale, lui che non deteneva né il mero né il misto imperio, aveva
riunito il tradizionale tribunale di villaggio, la corona, determinando la
condanna a morte di alcuni suoi vassalli e l’incendio delle loro case. Per ciò
era stato perseguito e condannato al sequestro dei beni, pena poi revocata dopo
la presentazione di una memoria difensiva presso il re Giacomo II[12].
Inoltre dopo la seconda
pace stipulata tra Aragona e Pisa[13]
perse nel 1326 le sue ville di San Basilio e Aluta giungendo ad implorare l’infante Alfonso
affinché gli concedesse un indennizzo pecuniario indispensabile al suo
sostentamento. L’infante, accolta benignamente la supplica, ordinò ai suoi
amministratori generali dei redditi nel regno di Sardegna di ammettere Guillem
Sa Joncosa nel novero degli stipendiati per un cavallo armato[14]
e che vi fosse mantenuto fin tanto che non fosse stato completamente risarcito[15].
In alternativa, che gli fosse conferito un ufficio dal salario congruo, tale da
permettergli una vita decorosa[16].
In un’altra lettera, prima spedita poi fatta restituire e distruggere,
l’infante ordinava semplicemente che fosse corrisposto al Joncosa quanto a lui
dovuto dalla regia curia per la perdita delle suddette ville trexentesi[17].
Quando, a partire dal
1328 circa, furono espulsi dal castello di Cagliari gli ultimi pisani che
ancora vi risiedevano, a Guillem Sa Joncosa fu assegnato un alloggio in ruga
mercatorum dal valore di 60 libbre[18],
dopo di che non abbiamo più sue notizie.
* Antonio FORCI,
Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della
dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean
Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio
2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista
dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari
2010.
[1] L’ipotesi di una
sua estrazione cittadina, a dire il vero poco convincente, è in Cécil CRABOT,
Noblesse urbaine et féodalité: les citoyens catalano-aragonais feudataires en
Sardaigne, in “Anuario de Estudios Medievales”, 32/2, 2002, p. 843.
[2] Cfr. DCVB, s.v.
Juncosa.
[3] Cfr. Pere CATALÀ
I ROCA, Miquel BRASÓ I VAQUÉS, Castell de Montmell, in Pere CATALÀ I ROCA
(ed.), Els castells catalans, vol. III, Rafael Dalmau Editor, Barcelona 1992,
pp. 810-812; Generalitat de Catalunya (ed.), Nomenclàtor oficial de toponímia
major de Catalunya, Barcelona 2003, s.v. el Montmell, pp. 414-415.
[4] Cfr. Ramon
ROVIRA-TOBELLA, Un mas de l’Orde del Temple a Gelida: fundació d’un nucli?, in
“Miscel·lània Penedesenca”, XVII, 1993, pp. 229-244; Joan FUGUET I SANS, Ramon
ROVIRA-TOBELLA, Aclariments sobre la comanda templera de la Joncosa del
Penedès, in “Analecta Sacra Tarraconensia”, LXVII, 1, 1994, pp. 569-576; Joan
FUGUET I SANS, L’arquitectura dels templers a Catalunya, Barcelona, 1995, pp.
291-297.
[5] Cfr. Jocelyn Nigel HILLGARTH, Giulio SILANO, The
Register Notule Communium 14 of the Diocese of Barcelona (1345-1348): A
Calendar with Selected Documents, Toronto 1983, pp. 27, 34.
[6] Nomenclàtor oficial
de toponímia major de Catalunya cit., s.v. Juncosa, pp. 454- 455.
[7] ACA, Real
Cancillería, reg. 396, ff. 22r (1323 ottobre 27, assedio di Villa di Chiesa),
72v (1324 marzo 13, assedio del Castello di Cagliari).
[8] ACA, Real
Cancillería, reg. 396, f. 39v (1323 ottobre 28, assedio di Villa di Chiesa).
[9] Cfr. Luisanna
USAI, Tracce di insediamenti dalla preistoria al Medio Evo in località Corte
Auda di Senorbì (Sardegna), in “Studi per l’Ecologia de Quaternario”, VIII,
1986, pp. 147-167; Luisanna USAI, Donatella SALVi, Corte Auda, in Museo Sa Domu
Nosta, Cagliari 1990, pp. 86-91.
[10] ACA, Real
Cancillería, reg. 398, ff. 51r-52r (1324 novembre 5, Lerida).
[11] Cfr. Marco
TANGHERONI, La «Carta de Logu» del giudicato di Cagliari. Studio ed edizione di
alcuni suoi capitoli, in Italo BIROCCHI, Antonello MATTONE (eds.), La Carta de
Logu d’Arborea nella storia del diritto medievale e moderno, Laterza,
Roma-Bari, 2004, p. 217.
[12] Ibidem; ACA,
Real Cancillería, reg. 403, ff. 59v-60r (1327 aprile 2, Saragozza).
[13] ACA, Real
Cancillería, reg. 400, ff. 205r-212r: cfr. Pasquale TOLA, Codex Diplomaticus
Sardiniae cit., t. I/2, sec. XIV, doc. XXXII, pp. 677-681.
[14] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 53v-54r (1327 marzo 9, Daroca).
[15] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 59v-60r (1327 aprile 2, Saragozza).
[16] Cfr. supra, nota
292.
[17] ACA, Real
Cancillería, reg. 403, ff. 53v-54r (1327 marzo 9, Daroca).
[18] Cfr. Rafael
CONDE Y DELGADO DE MOLINA, Antonio Maria ARAGÓ CABAÑAS, Castell de Càller.
Cagliari catalano-aragonese cit., p. 66, n° 269.
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