Dispute tra feudatari catalano-aragonesi
e clero sardo
di Sergio Sailis
di Sergio Sailis
Contenzioso tra Guillelmus de Lauro (Guillem Desllor) e Francesco, Vescovo di Dolia, per un salto di Barrali in A.C.A. |
L’organizzazione feudale
introdotta dai catalano-aragonesi nel Regno di Sardegna e la polverizzazione in
tanti piccoli feudi del territorio sardo, provocò da subito delle situazioni di
attrito tra ufficiali regi e feudatari, tra gli stessi feudatari e tra questi e
le popolazioni locali; tali contrasti erano spesso dovuti a contese sui confini
(che non tenevano conto della precedente ripartizione distrettuale) ed erano
alimentati da violenze e soprusi che spesso causarono l’allontanamento di
uomini dalle località infeudate per trasferirsi in città o in altri feudi.
Episodi di sopraffazione
coinvolsero anche gli enti ecclesiastici tanto che l’arcivescovo di Cagliari,
il vescovo di Suelli e quello di Dolia si videro costretti in più occasioni a
rivolgersi ad Alfonso ed al Papa affinché venissero riconosciuti e tutelati i
propri diritti come era espressamente previsto nei capitoli dell’infeudazione
dell’isola.
Alcune delle contese sorte
riguardavano i feudi posseduti da Guillem Desllor: la metà della villa di Quarto
Josso, che l’arcivescovo di Cagliari asseriva essere di sua proprietà, assieme
ad altre ville, sulla base di una donazione del Giudice Torchitorio, e la villa
trexentese di Barrali (Barrala), di cui, secondo il vescovo doliense Francesco,
il Desllor aveva occupato un salto, da tempo immemore proprietà della Diocesi,
inviando dei cavalieri armati (fra i quali un certo Pere Desllor, probabile suo
stretto parente, e Pere de Subirats) presso la villa di Dolia a interrogare e
minacciare alcuni suoi familiari.
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