CENTO CANDELINE. LUCI E
(ALCUNE) OMBRE
di Sergio Sailis
Gentili lettori, con questo siamo
arrivati al centesimo post diffuso in TrexentaStorica (riproposti anche nella pagina
Facebook: https://www.facebook.com/TrexentaStorica/
) da quando è iniziata la pubblicazione nel blog nell’ormai lontano gennaio
2011; siamo quindi arrivati a quasi un quinquennio di attività e mi è sembrato pertanto
opportuno fare un piccolo bilancio sull’attività sin qui svolta.
Come indicato nella pagina
introduttiva “Note sul progetto
TrexentaStorica“, questo blog è nato con lo specifico “ … obiettivo
di far conoscere la storia della nostra terra (spesso sconosciuta agli stessi
trexentesi), quella dei suoi antichi centri abitati (molti dei quali ormai
scomparsi da secoli) e quella dei personaggi che (uomini illustri o anche
semplice gente comune) hanno avuto a che fare con la Trexenta nel periodo
medioevale e non solo. …” e questo ho cercato di fare (e se possibile
continuerò a fare) nel limite delle mie modeste possibilità proponendo articoli
sulle vicissitudini storiche dei numerosi centri abitati trexentesi (villas/biddas
molte delle quali spopolate già dal periodo medioevale), sui Giudici
cagliaritani o arborensi che hanno regnato (o che comunque hanno avuto un peso
determinante) nella nostra terra, sui vari signori toscani o (dopo la conquista
iberica) sui vari feudatari catalano-aragonesi, sulle battaglie e sui trattati
di pace; ho pertanto cercato di raccogliere e proporre notizie che vanno dai
regnanti alle persone più umili (senza tralasciare quelle finite nella triste e
sfortunata situazione di schiavitù), quelle per intenderci che, per la loro modesta
condizione sociale, non hanno lasciato un segno indelebile nella Storia ma che
comunque, nel loro piccolo, hanno contribuito a farla e dei quali probabilmente
molti di noi odierni trexentesi siamo discendenti. Spero di esserci riuscito.
Le statistiche fornite da
Google indicano che gli articoli pubblicati, riguardanti direttamente o
indirettamente la storia della Trexenta e zone limitrofe, hanno riscosso un apprezzamento
che sicuramente non mi sarei aspettato sia per quantità di accessi che per la
loro provenienza. Questo buon risultato non può che compiacermi in quanto il
focus del blog è incentrato principalmente sulla storia di questo piccolo e antico
distretto della Sardegna, la Trexenta appunto, e su un periodo, quello
medioevale, che per i non addetti ai lavori, è spesso lacunoso in quanto non adeguatamente
insegnato nelle scuole.
Ritengo che alla buona
riuscita dell’iniziativa abbia giovato la selezione di articoli o documenti
pubblicati da importanti studiosi e ricercatori recenti e meno recenti,
italiani e stranieri (tra i quali vorrei ricordare F. Artizzu, E. Artizzu, A.
Boscolo, E. Cadoni, F. Cardini, C. Cluse, J. Day, B. Fois, A. Forci, C. Giraud,
R. Lai, A. Mattone, G. Meloni, P. Perez Pastor, M. Pittau, E. Putzolu, J.B.
Renault, M. Ronzani, M.G. Sanna, G. Seche, G. Serreli, A. Solmi, B.M. Tock)
oppure di storici dei secoli passati (G.F. Fara, R. Sardo, G. Spano, F. Vico,
J. Zurita) che spesso sono ben conosciuti agli studiosi della materia ma non
sono di facile reperibilità per la maggior parte del pubblico che si avvicina
alla materia a livello amatoriale; a questi articoli si aggiungono i miei contributi,
certo ben più modesti, frutto di passione e attaccamento alla terra e basati su
una bibliografia in
costante aggiornamento.
In occasione della
ricorrenza del centesimo post oltre alle note positive volevo però evidenziare
anche qualche zona d’ombra.
Quando ho iniziato questo
percorso molti amici, pur considerando positiva l’iniziativa, mi redarguivano
perché inserivo on-line la documentazione (anche inedita) anziché riunire il
tutto in un volume destinato alla stampa e, per dirla con un caro amico, “stai
dando il materiale in pasto ai porci”. La mia scelta iniziale infatti è stata
quella di mettere a disposizione, liberamente e gratuitamente, le mie ricerche personali
(così come quelle di altri amici in modo particolare A. Forci che ringrazio
vivamente) sia in questo blog che in altri siti on-line perché ritengo che il
sapere non debba essere circoscritto ad una ristretta cerchia di persone che,
per lavoro o passione, si occupano dell’argomento, ma che invece meriti una
diffusione quanto più possibile capillare.
Quindi, per tornare alle
zone d’ombra cui ho accennato poc’anzi, recentemente ho constatato che
finalmente sono stati apposti i vincoli ad alcune emergenze archeologiche che
ho trattato nei vari articoli pubblicati; il riferimento, nello specifico, è ai
ruderi della chiesa di Nostra Signora d’Itria in agro di Selegas e alla chiesa
di San Pietro di Oliri in territorio di Samatzai.
Orbene, nel primo caso
stiamo parlando del Decreto n. 78 del 17 giugno 2014 del MIBACT con il quale i
ruderi vengono dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi
dell’art. 10, comma 3, lett. a) del D.Lgs. 22/01/2004 n. 42. Finalmente quindi
una buona notizia dal momento che la maggior parte dei siti archeologici della nostra
zona non hanno il benchè minimo di tutela; quello che invece, a mio avviso,
risulta meno positivo è la Relazione storico artistica allegata al decreto
firmata dal Dott. Ing. ANTONELLA SANNA con l’ausilio del sig. NICOLA ZEDDA. Dopo
una veloce lettura infatti ho notato che il testo mi era decisamente familiare essendo
in buona parte estrapolato da un mio articolo del 7 marzo 2011 pubblicato nel
blog e intitolato Trexenta Storica: Archu
(Selegas); poco male d’altronde lo avevo
realizzato proprio perché fosse diffuso. La sorpresa (ma per la verità non
tanto) viene invece analizzando la bibliografia citata dove il
sottoscritto (o il blog) non compare (evidentemente non sono meritevole di menzione)
mentre invece sono citati diversi altri testi dei quali alcuni non trattano,
oppure lo fanno marginalmente, della chiesa oggetto della relazione in
argomento.
Il secondo caso riguarda
invece, come accennato precedentemente, la chiesa di San Pietro di Oliri (oggetto
di un mio apposito articolo del 2 agosto 2011 intitolato Trexenta Storica: Aliri (o
Arili) (Samatzai) e riproposto in forma ridotta anche nel sito http://www.villaggiscomparsi.it/giudicatokaralis/TREXENTA/samatzai/Arili)
che con Decreto n. 105 del 23 agosto 2013 viene dichiarata dal MIBACT anch’essa
di interesse culturale storico artistico. Anche in questo caso al decreto è
allegata una relazione, senza la firma dell’estensore, che riprende quasi
integralmente il testo del mio articolo innanzi citato. Si è avuto comunque il decoro
di inserire tra i riferimenti anche il sito web http://www.chiesecampestri.it/cagliari/paesiSS/SAMATZAI/tabid/559/Default.aspx
(gemello di villaggiscomparsi.it entrambi curati dal caro amico Maurizio Serra)
che pur non essendo il sito di riferimento corretto almeno contiene il link a
TrexentaStorica.
Due ultimi appunti.
Nel sito del MIBACT alla
voce Copyright si legge: “Le indicazioni di copyright sono indicate nel piede
di pagina. - I contenuti del sito -
codice di script, grafica, testi,
tabelle, immagini, suoni, e ogni altra informazione disponibile in qualunque
forma - sono protetti ai sensi della
normativa in tema di opere dell'ingegno. I prodotti software e i contenuti
informativi, salvo diverse specifiche indicazioni, possono essere scaricati o
utilizzati solo per uso personale, o comunque non commerciale, citando la
fonte. Per fini di lucro è consentito utilizzare, copiare e distribuire i
documenti e le relative immagini disponibili su questo sito solo dietro
permesso scritto (o egualmente valido a fini legali). Le note di copyright, gli
autori ove indicati o la fonte stessa devono in tutti i casi essere citati
nelle pubblicazioni in qualunque forma realizzate e diffuse.”
Provocatoriamente mi chiedo,
ma il Copyright vale solo per la tutela del MIBACT o vale anche per TrexentaStorica?
L’ultima
cosa riguarda invece alcune inesattezze presenti nella precitata relazione del Dott.
Ing. ANTONELLA SANNA la quale afferma: “Lo Spanu identifica la chiesa con Santa
Maria di Turri sulla base dell'ipotesi che l'edificio si trovi al confine tra i
due territori di Pranu Arcedda e Turriga in cui si trovavano anticamente i due
villaggi medioevali di Turri e Arco.” Lo Spanu, almeno nel libro citato in
bibliografia, non afferma quanto sopra che è invece un accostamento di altri
studiosi (peraltro anch’essi non citati) ormai abbondantemente superato in
quanto Turri (ora si sa con certezza) era situato a ovest di Ortacesus e quindi
in ben altra direzione.
E più oltre si legge ancora:
“La presenza del villaggio si attesta in numerosi documenti risalenti al XII e
XIII secolo, finché si assiste ad un suo declino ed al conseguente decisivo
spopolamento: l'ultimo documento in cui Arco è citato risale al 1218.”
Per i non addetti ai lavori
il riferimento al 1218 è quasi certamente relativo alla famosa “Donazione della
Trexenta” senonché il villaggio, per sua fortuna o sfortuna questo non lo
sappiamo visto il successivo periodo di guerre, carestie e pestilenze, è sopravvissuto
alla data sopra indicata per almeno un altro secolo e mezzo abbondante tant’è
che nel 1359 vi abitavano dalle 30 alle 40 persone che sappiamo coltivavano
grano, orzo e producevano vino destinato alla vendita.
Mi chiedo quindi, cosa
dovrebbero dire tali Guantinus Coccho, Andrea Meli, Gonnarius Meli, Gomita
Squirro, Colus de Asseni, Arsocchus de Asseni, Petrus de Asseni che, stando
alla citata relazione non avrebbero dovuto essere in vita e che invece erano
sottoposti a tassazione dai pisani nel 1359? Questi toscani dovevano essere
peggio della nostra Equitalia e riuscivano a tassare anche persone non
esistenti?
Francamente forse
qualcosa di meglio si poteva decisamente fare. Se non altro perché nel mio
articolo questi dati erano presenti.
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