venerdì 27 novembre 2015

CENTO CANDELINE. LUCI E (ALCUNE) OMBRE


CENTO CANDELINE. LUCI E (ALCUNE) OMBRE

di Sergio Sailis

Gentili lettori, con questo siamo arrivati al centesimo post diffuso in TrexentaStorica (riproposti anche nella pagina Facebook: https://www.facebook.com/TrexentaStorica/ ) da quando è iniziata la pubblicazione nel blog nell’ormai lontano gennaio 2011; siamo quindi arrivati a quasi un quinquennio di attività e mi è sembrato pertanto opportuno fare un piccolo bilancio sull’attività sin qui svolta.

Come indicato nella pagina introduttiva “Note sul progetto TrexentaStorica“, questo blog è nato con lo specifico “ … obiettivo di far conoscere la storia della nostra terra (spesso sconosciuta agli stessi trexentesi), quella dei suoi antichi centri abitati (molti dei quali ormai scomparsi da secoli) e quella dei personaggi che (uomini illustri o anche semplice gente comune) hanno avuto a che fare con la Trexenta nel periodo medioevale e non solo. …” e questo ho cercato di fare (e se possibile continuerò a fare) nel limite delle mie modeste possibilità proponendo articoli sulle vicissitudini storiche dei numerosi centri abitati trexentesi (villas/biddas molte delle quali spopolate già dal periodo medioevale), sui Giudici cagliaritani o arborensi che hanno regnato (o che comunque hanno avuto un peso determinante) nella nostra terra, sui vari signori toscani o (dopo la conquista iberica) sui vari feudatari catalano-aragonesi, sulle battaglie e sui trattati di pace; ho pertanto cercato di raccogliere e proporre notizie che vanno dai regnanti alle persone più umili (senza tralasciare quelle finite nella triste e sfortunata situazione di schiavitù), quelle per intenderci che, per la loro modesta condizione sociale, non hanno lasciato un segno indelebile nella Storia ma che comunque, nel loro piccolo, hanno contribuito a farla e dei quali probabilmente molti di noi odierni trexentesi siamo discendenti. Spero di esserci riuscito.

Le statistiche fornite da Google indicano che gli articoli pubblicati, riguardanti direttamente o indirettamente la storia della Trexenta e zone limitrofe, hanno riscosso un apprezzamento che sicuramente non mi sarei aspettato sia per quantità di accessi che per la loro provenienza. Questo buon risultato non può che compiacermi in quanto il focus del blog è incentrato principalmente sulla storia di questo piccolo e antico distretto della Sardegna, la Trexenta appunto, e su un periodo, quello medioevale, che per i non addetti ai lavori, è spesso lacunoso in quanto non adeguatamente insegnato nelle scuole.

Ritengo che alla buona riuscita dell’iniziativa abbia giovato la selezione di articoli o documenti pubblicati da importanti studiosi e ricercatori recenti e meno recenti, italiani e stranieri (tra i quali vorrei ricordare F. Artizzu, E. Artizzu, A. Boscolo, E. Cadoni, F. Cardini, C. Cluse, J. Day, B. Fois, A. Forci, C. Giraud, R. Lai, A. Mattone, G. Meloni, P. Perez Pastor, M. Pittau, E. Putzolu, J.B. Renault, M. Ronzani, M.G. Sanna, G. Seche, G. Serreli, A. Solmi, B.M. Tock) oppure di storici dei secoli passati (G.F. Fara, R. Sardo, G. Spano, F. Vico, J. Zurita) che spesso sono ben conosciuti agli studiosi della materia ma non sono di facile reperibilità per la maggior parte del pubblico che si avvicina alla materia a livello amatoriale; a questi articoli si aggiungono i miei contributi, certo ben più modesti, frutto di passione e attaccamento alla terra e basati su una bibliografia in costante aggiornamento.

In occasione della ricorrenza del centesimo post oltre alle note positive volevo però evidenziare anche qualche zona d’ombra.

Quando ho iniziato questo percorso molti amici, pur considerando positiva l’iniziativa, mi redarguivano perché inserivo on-line la documentazione (anche inedita) anziché riunire il tutto in un volume destinato alla stampa e, per dirla con un caro amico, “stai dando il materiale in pasto ai porci”. La mia scelta iniziale infatti è stata quella di mettere a disposizione, liberamente e gratuitamente, le mie ricerche personali (così come quelle di altri amici in modo particolare A. Forci che ringrazio vivamente) sia in questo blog che in altri siti on-line perché ritengo che il sapere non debba essere circoscritto ad una ristretta cerchia di persone che, per lavoro o passione, si occupano dell’argomento, ma che invece meriti una diffusione quanto più possibile capillare.

Quindi, per tornare alle zone d’ombra cui ho accennato poc’anzi, recentemente ho constatato che finalmente sono stati apposti i vincoli ad alcune emergenze archeologiche che ho trattato nei vari articoli pubblicati; il riferimento, nello specifico, è ai ruderi della chiesa di Nostra Signora d’Itria in agro di Selegas e alla chiesa di San Pietro di Oliri in territorio di Samatzai.

Orbene, nel primo caso stiamo parlando del Decreto n. 78 del 17 giugno 2014 del MIBACT con il quale i ruderi vengono dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) del D.Lgs. 22/01/2004 n. 42. Finalmente quindi una buona notizia dal momento che la maggior parte dei siti archeologici della nostra zona non hanno il benchè minimo di tutela; quello che invece, a mio avviso, risulta meno positivo è la Relazione storico artistica allegata al decreto firmata dal Dott. Ing. ANTONELLA SANNA con l’ausilio del sig. NICOLA ZEDDA. Dopo una veloce lettura infatti ho notato che il testo mi era decisamente familiare essendo in buona parte estrapolato da un mio articolo del 7 marzo 2011 pubblicato nel blog e intitolato Trexenta Storica: Archu (Selegas); poco male d’altronde lo avevo realizzato proprio perché fosse diffuso. La sorpresa (ma per la verità non tanto) viene invece analizzando la bibliografia citata dove il sottoscritto (o il blog) non compare (evidentemente non sono meritevole di menzione) mentre invece sono citati diversi altri testi dei quali alcuni non trattano, oppure lo fanno marginalmente, della chiesa oggetto della relazione in argomento.


 

Il secondo caso riguarda invece, come accennato precedentemente, la chiesa di San Pietro di Oliri (oggetto di un mio apposito articolo del 2 agosto 2011 intitolato Trexenta Storica: Aliri (o Arili) (Samatzai) e riproposto in forma ridotta anche nel sito http://www.villaggiscomparsi.it/giudicatokaralis/TREXENTA/samatzai/Arili) che con Decreto n. 105 del 23 agosto 2013 viene dichiarata dal MIBACT anch’essa di interesse culturale storico artistico. Anche in questo caso al decreto è allegata una relazione, senza la firma dell’estensore, che riprende quasi integralmente il testo del mio articolo innanzi citato. Si è avuto comunque il decoro di inserire tra i riferimenti anche il sito web http://www.chiesecampestri.it/cagliari/paesiSS/SAMATZAI/tabid/559/Default.aspx (gemello di villaggiscomparsi.it entrambi curati dal caro amico Maurizio Serra) che pur non essendo il sito di riferimento corretto almeno contiene il link a TrexentaStorica.

Due ultimi appunti.

Nel sito del MIBACT alla voce Copyright si legge: “Le indicazioni di copyright sono indicate nel piede di pagina. - I contenuti del sito - codice di script, grafica, testi, tabelle, immagini, suoni, e ogni altra informazione disponibile in qualunque forma - sono protetti ai sensi della normativa in tema di opere dell'ingegno. I prodotti software e i contenuti informativi, salvo diverse specifiche indicazioni, possono essere scaricati o utilizzati solo per uso personale, o comunque non commerciale, citando la fonte. Per fini di lucro è consentito utilizzare, copiare e distribuire i documenti e le relative immagini disponibili su questo sito solo dietro permesso scritto (o egualmente valido a fini legali). Le note di copyright, gli autori ove indicati o la fonte stessa devono in tutti i casi essere citati nelle pubblicazioni in qualunque forma realizzate e diffuse.”
Provocatoriamente mi chiedo, ma il Copyright vale solo per la tutela del MIBACT o vale anche per TrexentaStorica?
L’ultima cosa riguarda invece alcune inesattezze presenti nella precitata relazione del Dott. Ing. ANTONELLA SANNA la quale afferma: “Lo Spanu identifica la chiesa con Santa Maria di Turri sulla base dell'ipotesi che l'edificio si trovi al confine tra i due territori di Pranu Arcedda e Turriga in cui si trovavano anticamente i due villaggi medioevali di Turri e Arco.” Lo Spanu, almeno nel libro citato in bibliografia, non afferma quanto sopra che è invece un accostamento di altri studiosi (peraltro anch’essi non citati) ormai abbondantemente superato in quanto Turri (ora si sa con certezza) era situato a ovest di Ortacesus e quindi in ben altra direzione.

E più oltre si legge ancora: “La presenza del villaggio si attesta in numerosi documenti risalenti al XII e XIII secolo, finché si assiste ad un suo declino ed al conseguente decisivo spopolamento: l'ultimo documento in cui Arco è citato risale al 1218.”

Per i non addetti ai lavori il riferimento al 1218 è quasi certamente relativo alla famosa “Donazione della Trexenta” senonché il villaggio, per sua fortuna o sfortuna questo non lo sappiamo visto il successivo periodo di guerre, carestie e pestilenze, è sopravvissuto alla data sopra indicata per almeno un altro secolo e mezzo abbondante tant’è che nel 1359 vi abitavano dalle 30 alle 40 persone che sappiamo coltivavano grano, orzo e producevano vino destinato alla vendita.

Mi chiedo quindi, cosa dovrebbero dire tali Guantinus Coccho, Andrea Meli, Gonnarius Meli, Gomita Squirro, Colus de Asseni, Arsocchus de Asseni, Petrus de Asseni che, stando alla citata relazione non avrebbero dovuto essere in vita e che invece erano sottoposti a tassazione dai pisani nel 1359? Questi toscani dovevano essere peggio della nostra Equitalia e riuscivano a tassare anche persone non esistenti?
Francamente forse qualcosa di meglio si poteva decisamente fare. Se non altro perché nel mio articolo questi dati erano presenti.








 

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