Le Costituzioni parlamentari del 1355
di Sergio Sailis
di Sergio Sailis
661 anni orsono, il 10 marzo del 1355, Pietro IV emanava una
serie di Costituzioni volte a riorganizzare il Regno di Sardegna.
Infatti all’indomani della sua, non certo brillante,
spedizione armata in Sardegna Pietro IV d’Aragona, resosi conto di diverse
carenze nell’organizzazione del regno isolano, decide di convocare a Cagliari quello
che si può definire il primo Parlamento del regno. Le sconfitte militari subite
prima (nel 1347) ad opera dei Doria (appoggiati da Genova) e qualche anno dopo
ad opera di Mariano IV d’Arborea convinsero il sovrano dell’assoluta necessità
di rendere il regno più efficiente e più facilmente difendibile in un contesto
ancora non del tutto pacificato soprattutto alla luce del pericoloso cambiamento
di rotta della politica di Mariano (ormai in aperta rivolta) capace di
costringerlo a sottoscrivere prima il poco onorevole accordo di Alghero del novembre
1354 e, appena qualche mese dopo la chiusura dei lavori parlamentari, la
successiva (e più duratura) pace di Sanluri del luglio 1355.
A seguito dei lavori parlamentari pertanto vennero emanate
cinque Costituzioni, le prime quattro datate 10 marzo 1355, che in sintesi
prevedevano.
1) si ribadiva per i feudatari l’obbligo di risiedere
nell’isola. Per quelli assenti si decretava il loro rientro entro il mese di
maggio sotto la pena della confisca dei beni i quali sarebbero stati incamerati
dal fisco regio per essere redistribuiti ad altri feudatari catalani o
aragonesi residenti. I feudatari che erano obbligati a prestare servizio con un
cavallo spagnolo armato qualora questo non fosse disponibile dovevano prestare
servizio con due cavalli sardi alforrati e ben equipaggiati.
2) si ribadiva la pena di morte e la confisca dei beni per i
ribelli e i traditori oltre che per i fiancheggiatori. I collaboratori invece
venivano gratificati con i beni patrimoniali dei traditori che dovevano però
essere presenti nello stesso luogo ove era stato commesso il crimine. Per i
discendenti di coloro che riuscivano a sfuggire alla cattura era prevista la
privazione della libertà e la riduzione allo stato di servi. I delatori erano
sciolti da eventuali obblighi di giuramento prestati in precedenza nei confronti
dei rei. Questo capitolo, tradotto in lingua volgare, doveva essere letto
durante la messa principale di Natale e di Pasqua ed all’apertura di ogni
assemblea di carattere giudiziario affinchè nessuno potesse ignorarne la
disposizione.
3) Per cercare di prevenire nuove ribellioni venne prevista
la consegna di ostaggi da parte dei sardi agli ufficiali regi. Gli ostaggi
dovevano essere maschi salvo in caso di pericolo esterno e in tal caso tutti i
figli e le mogli dei sardi dovevano essere condotti in luoghi fortificati.
Nell’ambito di questa disposizione il 19 aprile 1355 vennero inviati al
governatore del capo di Cagliari, Artal de Pallars, degli ordini affinchè
prendesse degli ostaggi a Sanluri ed in altri luoghi confinanti con l’Arborea e
lo informava che analoghe disposizioni erano valide anche per i territori
posseduti da Pisa ossia Gippi e Trexenta.
4) Venne previsto l’ammasso dei cereali in luoghi
precedentemente individuati. Per il Capo di Cagliari questi erano Sanluri, Puig
de Corones e altri due nel Sulcis e nel Sarrabus mentre per il Logudoro erano
stati scelti Sassari, Alghero, Osilo e Casteldoria.
Successivamente, il 30 aprile 1355, venne emanata anche la quinta
Costituzione.
5) In questa veniva fatto esplicito divieto di vendere beni a
sudditi pisani, arborensi, dei Doria e dei Malaspina o ad altri stranieri e
veniva inoltre vietato di trasferire la propria residenza nelle terre di questi
soggetti. L’obbligo era inoltre accompagnato da una serie di misure cautelari
quali cauzioni personali ed il giuramento ai rispettivi signori delle ville o
territori. In caso di inosservanza era prevista la pena capitale. Chi non
denunciava fatti di cui era venuto a conoscenza era invece passibile di una
multa di 1000 libre di alfonsini minuti. La misura in oggetto serviva per
evitare l’esodo di beni e persone in territori potenzialmente nemici della
corona.
Lo storico Zurita ci informa che nel giugno dello stesso anno
gli aragonesi al comando di “Artal de Pallás” effettuano una spedizione invadendo
la Trexenta “Por otra parte, don Artal de Pallás salió contra los lugares que
el común de Pisa tenía en Cerdeña y contra los que habitaban en las villas de
Tregenta”. Secondo il Solmi, che commenta l’avvenimento, gli abitanti della
curatoria si erano sollevati, probabilmente sobillati dall’Arborea, e Pisa
viene momentaneamente estromessa dai suoi feudi in Sardegna. L’ ipotesi del
Solmi viene accolta anche da altri storici moderni; in realtà, pur non
escludendo a priori qualche sommossa locale repressa dagli aragonesi, quasi
certamente la spedizione è invece l’esito della terza Costituzione emanata da
Pietro IV, ossia la ricerca e cattura degli ostaggi.
Nelle immagini la prima pagina di una delle versioni pervenuteci delle costituzioni e nello stralcio particolare della filigrana presente nel registro (ACA Barcellona).
img ACA Barcellona |
img ACA Barcellona |
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