martedì 27 marzo 2018

Seuni

Immagini della Trexenta ottocentesca: Seuni
 
SEUNI, villaggio della Sardegna nella divisione e provincia di Cagliari, compreso nel mandamento di Senorbì, e parte della Trecenta, che era un cantone dell’antico regno di Cagliari.
Nelle antiche carte leggesi Siuni. Comunemente dicesi Seuneddu, cioè Seunello, o piccol Seuni, non già perchè sia il più piccol paese della Trecenta, ma perchè esisteva un Seùnimannu (grande) di cui vedonsi le rovine a 5 minuti di distanza da quest’abitato verso tramontana.
La sua posizione geografica è nella latitudine 39° 35', e resta sotto il meridiano di Cagliari.
Siede sopra lo sporgimento d’un rialto, o d’un terrazzo in esposizione a tutti i venti, sì che nella estate il calore è molto meno che nelle regioni basse della Trecenta che giacciono nella regione meridionale, nelle stagioni medie molto minore l’umidità, rarissima e innocente la nebbia, e nei tempi della produzione de’ miasmi, pura de’ medesimi l’aria, che insieme è d’una gran limpidità, come apparisce di notte nella chiarissima scintillazione delle stelle.
Il punto in cui siede il paese è centro d’un bell’orizzonte, che si vede esteso quasi da ogni parte a grandi distanze.
Le case sono costrutte di pietre sopra la roccia con poca regolarità d’allineamento e di larghezza nelle poche strade.
 
Territorio. La sua superficie si può computare di circa 8 miglia quadrate. Una parte è piana, quella che resta sull’accennato terrazzo, l’altra rilevasi in colline o declina in ripe.
Sono aperte in esso molte fonti d’acqua salubre, come è quella che bevesi nel paese; formano diversi rigagnoli, che poi si riuniscono in rivoli.
Due di essi sono molto prossimi al paese; uno comincia a poco men d’un miglio al suo maestro nella ripa, l’altro scaturisce a miglia 1/2 al suo greco-tramontana, il terzo move quasi a egual distanza dalla parte di levante, il quarto da quella di greco a miglia 1, il quinto a miglia 1 3/4 da greco-tramontana.
I due primi si riuniscono col nome di Baigodi a piè della ripa, quasi all’austro, e uniti si versano in quello che nasce in territorio di Gesico al suo ostro, il quarto e quinto formano il Sarasi.
Le sponde del Baigodi sono sempre piene di lavandare de’ vicini paesi e di altre donne che fanno caccia di sanguisughe, o tagliano i giunchi che vegetano in alcuni tratti di terra, che si lascia incolta, perchè nell’inverno fangosa e in tempo secco compatta e dura come la roccia.
Il rio di Gesico scorre nella regione occidentale del paese nella valle, che apresi tra la ripa del terrazzo suddetto e il colle che dicono di Punta-acuzza, congiunto alla falda australe di Monte Corona.
Non sono in questo territorio tratti boscosi dove vegetino grandi alberi; ma in siti pietrosi che restano incolti trovansi delle macchie.
L’unica cacciagione che si possa fare è delle lepri e delle pernici. Queste ultime che poco si spaventano de’ cacciatori, ne’ tempi burrascosi si rifugiano ne’ luoghi più prossimi all’abitato.
Abbondano i funghi di ogni specie e se ne fa grand’uso; ma non sono rari i casi di avvelenamenti cagionati dai medesimi.
 
Popolazione. Il lettore che ora può distinguere tra questa regione così salubre, amena e ricca di acque pure, e le condizioni locali di Guamaggiore, Senorbì, Ortacesus, si maraviglierà vedendo che questo luogo di Seuni così favorevole alla popolazione sia il più spopolato. La ragione di che è forse in questo che gli abitatori de’ luoghi insalubri non sanno stimare il bene dell’aria pura, e perchè essendosi la popolazione di Seuni-manno dissipata, i vicini si sono introdotti a coltivare i terreni limitrofi al loro paese, e sono rimasti in questo.
Nel censimento del 1850 erano numerate anime 198, distribuite in famiglie 52 e in case 50, quindi distinte nell’uno ed altro sesso secondo le varie età, sotto i 5 anni, mas. 16, fem. 11; sotto i 10, mas. 9, fem. 10; sotto i 20, mas. 23, fem. 24; sotto i 30, mas. 19, fem. 11; sotto i 40, mas. 24, fem. 21; sotto i 50, mas. 14, fem. 13; sotto i 60, mas. 5, fem. 7; sotto i 70, mas. 1, fem. 2.
Si distinguevano poi in rispetto dello stato domestico, i mas. 103, in scapoli 66, ammogliati 34, vedovi 3; e le femmine 95, in zitelle 47, maritate 35, vedove 13.
Nell’anno 1769 questa piccola popolazione era ridotta a sole 7 famiglie che avevano complessivamente 49 anime.
Sono gente di buon carattere, laboriosi, sobrii, accorti e di vantata fedeltà. Essi pure con pregiudizio della loro sanità hanno dimesso l’uso delle pelliccie tanto salutare in un clima così variabile.
Come va che essendo accorti e laboriosi, e avendo una terra benignissima, come poi vedremo, sieno in condizioni poco felici e i più vivano disagiatamente? Perchè mancavano di soccorsi e di direzione. Aggiungasi che il loro paese essendo a piccol tratto dalla strada centrale possono più agevolmente trasportare i loro frutti.
Manca l’istruzione primaria, e nel paese forse non sono quattro persone che sappian leggere e scrivere.
Le donne, come negli altri luoghi, provvedono la famiglia de’ panni pel vestiario e delle tele per tutti i bisogni.
 
Agricoltura. Le terre di Seuni non cedono alle più fertili delle altre parti della Trecenta, e secondo le varie condizioni de’ diversi siti si hanno luoghi acconci, ne’ quali possono praticarsi molti diversi generi di coltivazione.
Quello che si semina da’ seunesi per se stessi consiste in star. 350 di grano, 60 d’orzo, 100 di fave, 10 di legumi, tra lenticchie, ceci e fagiuoli.
La fruttificazione mediocre è del 14 pel grano, 16 per l’orzo, 18 per le fave, 12 per i legumi.
Il monte di soccorso è dotato per fondo granitico di star. 300, per fondo nummario di ll. 40 ripartibili ogni anno fra’ contadini.
L’orticoltura è praticata da pochi, e potrebbe essere più estesa se si adattassero alla medesima tanti tratti di terreno pantanosi, dove riescono bene i citriuoli, i melloni, le zucche i cocomeri.
La coltivazione delle patate potrebbe essere molto fruttifera se si esercitasse nelle terre che si hanno proprie a questa specie.
La vigna è proporzionatamente estesa, e v’hanno siti così favorevoli, che il frutto vi abbonda e si hanno vini di gran bontà. Potrebbe pure questo ramo estendersi molto piantando a viti le ripe del terrazzo, dove godono meglio del sole.
Gli alberi fruttiferi sono di poche specie e pochi, ma danno ottimi frutti. Sotto le ripe, dove non si sentono i venti freddi, si potrebbe aumentare l’arboricoltura e formar delle selve anche di agrumi. Ma mancano i mezzi.
 
Pastorizia. Il bestiame manso consiste in buoi 84, cavalli 18, giumenti 40.
Si nutrono de’ majali e si educa molto pollame.
Il bestiame rude è tutto in alcune greggie di pecore, che sommeranno a capi 650.
I prodotti non bastano alla consumazione interna.
 
Commercio. L’unico ramo, da cui guadagnano qualche cosa, sono i frutti agrari, che porteran loro al più 15 mila lire!
Seuni ha Selegas a ostro-libeccio a miglie 1; Suelli a ostro-sirocco a miglie 1 1/2, dove si può andar per la strada reale, che passa a levante del paese a circa mezzo miglio; Gesico a maestro-tramontana a miglie 1 2/3; Mandas quasi a tramontana, dalla parte verso greco-tramontana, a miglia 4, dove parimente si può andare per la strada reale; Seurgus verso il levante a miglia 3.
 
Religione. Seuni era compreso con gli altri paesi della Trecenta nella diocesi di Dolia, la quale è annessa alla cagliaritana.
La chiesa parrocchiale è dedicata a s. Vittoria v. e m. sarda, servita da un parroco proprio, che si intitola rettore, e che ha coadiutore un altro sacerdote. Questa chiesa fu architettata nel 1583 da un certo Pavol o Paolo Riganò. Ha contiguo il cimitero, che serve di camposanto e resta fuori dell’abitato alla parte di ostro-sirocco.
A pochi minuti dal paese verso maestro in sulla sponda del terrazzo trovansi ancora ritte le mura di una chiesetta rurale, che era dedicata a s. Mauro abate.
 
Antichità. Le più notevoli delle eminenze già notate sono coronate da’ nuraghi, i quali si contano sino a 19 entro i termini seunesi, tutti, qual più, qual meno, diminuiti, ma meno degli altri il nuraghe Piscu, nella cui camera hanno ricovero i passeggieri, quando conviene loro di riposarsi perchè passa alla sua base la linea della grande strada, e il nuraghe Usti, che resta a ponente a circa mezzo miglio, ma meno notevole del predetto. A pochi passi da questo erano altri tre nuraghi, che vennero distrutti nel 1793 da’ nobili Martello, i quali adoperarono il materiale per chiudere un loro uliveto.
Di Seuni parlasi nel diploma, che abbiamo citato ultimamente in fine dell’articolo Senorbì.
Esso è il Seuni-mannu, che abbiamo indicato e che restò finalmente affatto deserto.
Si ignora in qual anno mancasse del tutto il suo popolo. Porta la tradizione che per gravi e irreconciliabili inimicizie, dopo molte stragi la fazione più debole sia dovuta escire dal paese e cercare altre sedi più quiete, dove avessero sicura la vita, e pare probabile che la parte che restò padrona nel paese sia stata annichilata dalla peste. Il che dovette avvenire prima della fondazione accennata della parrocchia di Seuni minore, se in questo sito si raccolse il residuo della popolazione di Seuni-mannu, che scampò alla pestilenza del 1581, come si crede.
I seunesi che dovettero per la violenza de’ nemici spatriare furono accolti nel novello paese di Pimentel, nome di un signore straniero, che quando si spense in quel territorio l’antica popolazione che vi avea abitato, la ristaurava con nuove famiglie. I seunesi aumentarono d’un terzo la nuova borgata, e ancora uno de’ rioni di Pimentel appellasi il vicinato di Seuni, e gli abitanti hanno cognomi simili a quelli che sono usati in Seuni.
Nelle vicinanze di Seuni-manno i contadini arando scoprono spesso sepolcri di alta antichità, lunghi poco men di metri 2, largo alla parte del capo 0,75 e profondi 1,20.
Vi si trovano avanzi di crani, e altre ossa, scodelline, orciuolini, manichi di spade in ottone e monete di varia grandezza.




[1] Vittorio ANGIUS, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna (a cura di Goffredo CASALIS), vol. XX, Torino 1850, pagg. 69-74.

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