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DONIGALA ALBA (o Alta)
di Sergio Sailis
Nomi alternativi:
Donnigalba Alba, Villa Donigaglia Alba, Villa Donigaglie Alte, Donigalalba
Localizzazione geografica:
I.G.M.: Foglio 548 sezione III – Donori, scala 1:25.000
Il villaggio è di incerta localizzazione. Dai documenti medioevali sappiamo che era situato in zona collinosa e più precisamente su un pianoro o nelle immediate vicinanze essendo menzionato un “planu de Donnigalia” e che inoltre era posto all’interno della curatoria.
S. Ghiani propone, peraltro come mera ipotesi di lavoro, la localizzazione in territorio di San Basilio nelle località “Gennas de Susu” e “Gennas de Josso” dove residuano avanzi archeologici di diverse epoche.
Base di un "torcular" |
Quest’ultima ipotesi potrebbe essere la più verosimile in quanto nella zona, un pianoro da cui si ha ampia visuale sul resto della Trexenta situato circa a metà strada tra Senorbì e Sant’ Andrea Frius (che distano tra loro circa 7 km in linea d’aria), non sono documentati altri centri abitati di epoca medioevale e questo è un fatto inconsueto per la Trexenta dove i villaggi generalmente erano localizzati a breve distanza l’uno dall’altro.
Nel sito in esame residuano i ruderi di alcuni edifici di realizzati in “opus mixtum” probabilmente pertinenti ad una villa padronale di epoca romana; nei pressi sono stati inoltre rinvenuti frammenti ceramici di uso comune, frammenti di embrici e due necropoli. Sarebbe auspicabile un’indagine archeologica che confermi la frequentazione della zona anche in epoca successiva.
Il sito si raggiunge percorrendo la SS. 547 da Senorbì in direzione Sant’Andrea Frius; dopo aver percorso circa 3,5 km si trova sulla destra un viottolo privato, si lascia la macchina sulla statale e si percorre a piedi il suddetto viottolo per circa 500 metri.
Il territorio della “villa” confinava con Senorbì, Frius, Barrali e Aluda.
Notizie e documenti storici:
Donigala Alba (o Alta) faceva parte della curatoria della Trexenta appartenente originariamente al Giudicato di Cagliari ed era inserito nella diocesi di Dolia.
Come si deduce dal nome, il villaggio ebbe origine da una “donnicalia” di epoca giudicale ed è associato più frequentemente a “Alba” ma, in alcuni documenti, troviamo anche “Alta”.
Il villaggio viene menzionato più di una volta nella carta n. XIII, datata 6 novembre 1215, pubblicata dal Solmi nella quale ritroviamo anche un testimone che riveste la carica di “maiore de equas de planu de Donnigalia”. Il villaggio viene inoltre citato anche nella carta n. XIV datata 7 novembre 1215.
Il villaggio è ricordato inoltre nella cosiddetta “donazione della Trexenta” nella quale “sa villa de Donnigalia Alba” faceva parte delle ville donate da Torchitorio a suo figlio Salusio. Non essendo elencata nei confini della curatoria se ne deduce che era posta all’interno della stessa.
Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuta nel 1257-58 un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che rivestiva altresì la carica di Giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas il quale nominò il Comune di Pisa erede universale per i possedimenti extra giudicali. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, e i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono acquisiti dal comune pisano nel 1307.
A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta, nominando dei rettori e dei funzionari, e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati “Composizioni”.
Nella composizione del 1320-1322 rileviamo che gli introiti che il comune pisano prevedeva di incassare ammontavano complessivamente 5 libbre in moneta (di cui 4 “pro datio”, 1 “pro quodam terrale ab equo”). Era prevista inoltre la corresponsione di 18 starelli di grano e 15 di orzo.
Questa composizione successivamente confluì, nel 1358-1359, nel cosiddetto “Compartiment de Sardenya” realizzato dai catalano - aragonesi utilizzando appunto anche le statistiche predisposte in precedenza dai pisani.
A seguito dell’invasione catalano – aragonese nel maggio del 1325 Donigala Alba venne infeudata al valenzano Francesc Carroz, unitamente alle ville di Aliri, Siocco, Donigala Alba e Segolai sempre in Trexenta e Mandas, Escolca e Nurri , site nella curatoria di Siurgus.
Con la seconda e definitiva pace del 1326 tra Pisa e Aragona la Trexenta venne concessa in feudo al comune pisano che riprese ad amministrarla con propri funzionari.
Dalla Composizione fatta dai pisani nel 1359 risulta che gli abitanti del villaggio, ormai in fase di declino, erano tenuti a corrispondere 2 libbre “pro datio” oltre a 10 starelli di grano e altrettanti d’orzo. I cosiddetti “palators” invece come al solito contribuivano una tantum con uno starello di grano ed uno d’orzo. Nel documento viene poi riportato, come di consueto, l’elenco dei contribuenti con la stima della relativa capacità contributiva. Ritroviamo pertanto tale Johannes Mancha stimato per 17 libbre il quale arava con un giogo; Margianus Pisanus e Stefanus Musa entrambi stimati per 15 libbre i quali appartenevano alla categoria dei “palators”. Nel villaggio era inoltre presente un “libero et terrale ab equo” di nome Barasone Tronci.
La “villa” non è menzionata nelle decime ecclesiastiche raccolte nelle Rationes Decimarum Italiae pubblicate dal Sella.
Viene invece ricordata tra i conti del sale delle saline cagliaritane dove figura un acquirente proveniente da Donigala Alba e diversi altri acquisti sono effettuati negli anni 1347 – 1348, 1352 – 1353 e 1362 – 1363 dopodiché si interrompono.
Nel 1365 la guerra tra Arborea e Aragona riprende vigore e le truppe del giudice Mariano invadono i territori aragonesi del Regno di Sardegna e quindi anche la Trexenta; il 18 ottobre 1365 il vicario del comune pisano in Trexenta, Filippo della Scala, viene impiccato da Mariano IV durante l’assedio del castello di Sanluri davanti agli occhi di Alberto Zatrillas Governatore del Capo di Cagliari e Gallura. Con questo episodio ha probabilmente fine la storia dei possedimenti pisani in Sardegna dopo alcuni secoli di dominazione più o meno diretta.
Il villaggio probabilmente viene abbandonato proprio in questo periodo. Infatti il 12 ottobre 1415 la villa, ormai spopolata, venne infeudata a Bartolomeo Pino abitante di Cagliari unitamente a quella anch’essa disabitata di Barrala e al salto di Villa de Campo ormai distrutta da diverso tempo.
La tradizione vuole che i ruderi localmente noti come “sa cresia de is bangius” siano appartenuti ad un edificio religioso del quale non conosciamo l’intitolazione e del quale non ci risulta pervenuta alcuna attestazione scritta.
Come il nome lascia chiaramente trasparire originariamente dovette trattarsi di un impianto termale annesso ad una villa padronale di epoca romana successivamente trasformato in edificio di culto; la conformazione delle murature residue oltre che la presenza di una fontana posta nelle immediate vicinanze che era collegata al fabbricato per mezzo di tubazioni, sembra confermare l’utilizzo originario.
Come il nome lascia chiaramente trasparire originariamente dovette trattarsi di un impianto termale annesso ad una villa padronale di epoca romana successivamente trasformato in edificio di culto; la conformazione delle murature residue oltre che la presenza di una fontana posta nelle immediate vicinanze che era collegata al fabbricato per mezzo di tubazioni, sembra confermare l’utilizzo originario.
Da tenere comunque in considerazione che nella stessa zona, a circa un km a sud sud-ovest, proprio ai piedi di Monte Uda, è presente anche l’agiotoponimo “Santu Danieli” che potrebbe essere anch’esso indice della presenza di un centro abitato.
Sergio Sailis
AGGIORNAMENTO.
RispondiEliminaDopo la stesura della presente scheda siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di un manoscritto catalano-aragonese ascrivibile alla metà del XIV sec. intitolato “Taxationis Benefficiorum Regni Sardinie” che ci permette di poter localizzare il centro in località “Santu Teru” sempre in agro di Senorbì a pochi km dai due siti anzidetti.
In questo documento sono evidenziati i benefici dei vari episcopati sardi. Per quanto riguarda Donigala Alba essa viene citata unitamente a Selegas, Simieri(?), Arco, Bangiu Donico, Aluda(?) e Barrala che congiuntamente hanno un beneficio di 60 libbre. Viene specificato inoltre che la chiesa del villaggio era intitolata a San Teodoro (localmente noto come Santu Teru) ma di essa non rimangono più tracce visibili e della stessa si è persa la memoria dell’esatta ubicazione.
Sappiamo comunque che durante la visita pastorale di Mon. Cedeno effettuata tra il 20 e il 21 aprile 1597 l’edificio, che si trovava sulla sponda del Rio Santu Teru, versava in stato di estremo degrado in quanto il tetto era fatiscente e necessitante di lavori; era inoltre priva di porte e campane per cui ne ordinò la riparazione. La chiesa venne definitivamente sconsacrata da Monsignor Natta verso il 1760.
Si ringraziano gli amici Giovanni Deriu e Maurizio Serra per le rispettive segnalazioni.