lunedì 5 settembre 2011

SIOCCU (Ortacesus)


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SIOCCU
di Sergio Sailis

Nomi alternativi:
Siochu, Seocu, Sebocu, Sehocu
Descrizione e localizzazione geografica:
I.G.M.: Foglio 548 sezione IV – Senorbì, scala 1:25.000

Il villaggio sorgeva nella zona attualmente attraversata dalla S.P. n. 34 Pimentel –Guasila circa a metà strada tra i due paesi nelle località S’Acchiupieru, Santu Jaccu e Sioccu.
Il territorio è caratterizzato da un’ondulato altipiano di modesta altezza dominato dalla collina di origine vulcanica di Sioccu e con ampia veduta sulla conca centrale della Trexenta.
Come per la maggior parte delle ville trexentesi scomparse, di Sioccu non rimangono vestigia evidenti in quanto l’attività agricola, specialmente di questi ultimi decenni, ha cancellato i residui che comunque potevano essere ancora visibili a metà dell’800 secondo quanto testimoniato dall’Angius.
La zona era abitata sin dall’epoca preistorica come dimostrano le domus de janas di Corongiu e Pranu Efis distante qualche km sempre ai margini della provinciale. Nell’epoca nuragica avanzano diversi Nuraghi tra i quali Sioccu, Cuccur’e figu, Planu Lasina, Bruncu Ammurada, Bruncu su Senzu ecc... e diverse tombe di giganti tra le quali si segnalano quella di Santu Pedru, le due di Ottandria e un'altra posta poco più a nord di Cuccur’e figu il tutto in un raggio di un paio di km.
Il suo territorio risulta frequentato ininterrottamente sia nel periodo romano che in quello bizantino come si deduce da frequenti ritrovamenti di materiale ceramico e sepolture.
Dopo la sua scomparsa il territorio di pertinenza del villaggio fu inglobato dalle confinanti ville di Guasila, Ortacesus e, in misura più consistente, da Pimentel sorta intorno al 1670 per ricolonizzare un ampio territorio ormai spopolato da qualche secolo.
Il suo territorio confinava con le ville di Turri, Bangio Donico, Deu, Aliri e Bangiu de Aliri.
Notizie e documenti storici:
Anche questo villaggio trexentese è menzionato nella così detta “donazione della Trexenta” e a seconda dell’edizione di questo documento il nome assume le diverse forme di Siochu e Sioche, Sioco, Seocu
Nel testo i confini vengono così riportati:
 “... torrando deretu assu nuraxi de funtana mozana; innij, lassadu su saltu dessa villa de DEY, comenzat su saltu dessa villa de SIOCO dessa Incontrada de TREXENTA cum sa villa de LIRI dessu nuraxi de funtana mozana, deretu a hogu a su putu de serra de mesu de LIRI, et de baxo de SEUNI, lassat su saltu dessa villa de Sioco, et comenzat su saltu dessa villa de BANZO dessa Contrada de TREXENTA cum sa dita villa de LIRI ...”
Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuto nel 1257-58 un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che rivestiva altresì la carica di Giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, e i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono confiscati dal comune pisano nel 1307.
A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta nominando dei rettori e dei funzionari e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati “Composizioni”.
Dalla composizione realizzata negli anni 1320-1322 ricaviamo che “Villa Scocchu” doveva versare al comune toscano per “datio” 4 libbre, “pro dirictu tabernarum" una libbra e 10 soldi ed infine ”pro quadam pentione terre” 4 soldi. In natura doveva inoltre corrispondere 50 starelli di grano e 36 di orzo.
A seguito della conquista dell’isola da parte dei catalano-aragonesi il villaggio venne infeudato al valenzano Francesc Carroz (figlio dell’ammiraglio omonimo) in data 1 maggio 1325 unitamente a Arili, Donigala Alba e Segolai site anch’esse in Trexenta e a Mandas, Escolca e Nurri, site nella curatoria di Siurgus.
Dopo la seconda pace con Pisa la Trexenta, unitamente alla curatoria di Gippi, venne concessa in feudo al comune toscano che le amministrò tramite propri funzionari.
Questi ripresero a redigere le stime sugli introiti derivanti dal possesso dei feudi e nella composizione del 1359 Sioccu veniva indicata come “Villa Scocchi” e, dagli introiti che Pisa ne ricavava, doveva essere tra le ville trexentesi medio – piccole; gli abitanti del villaggio infatti dovevano corrispondere 4 libbre a titolo di “datio” oltre a 40 starelli di grano e altrettanti d’orzo più uno starello una tantum sia di grano che d’orzo dovuto dai “palators”. Il Comune aveva ancora dei possessi fondiari concessi in affitto e dal quale ricavava 4 soldi.
Sono inoltre elencati in dettaglio i vari contribuenti suddivisi per categoria.
Tra i maioribus et mediocribus" che aravano con un giogo vengono elencati : Petrus de Lacchono, Guantinus Dessori, Comita de Capoterra, Salvatore Capillo, Barazone Capillo, Cristolus de Massa, Johannes Desi, Vigentius de Massa e Margianus Vespa.
Tra i « minoribus e palatores » che non aravano vengono citati Guantinus de Massa, Nicola Ardo e Dominicus de Capoterra.
Infine, tra coloro che aravano con un giogo sono menzionati Francischus Solglia, e Paulus Incoroso.

Rispetto alla precedente composizione del 1320-1322 restano invariati gli introiti in moneta mentre aumenta il quantitativo d’ orzo e diminuisce quello in grano che gli abitanti dovevano corrispondere. Si nota inoltre che non viene più indicato nessun “libero et terrale ab equo”.
Per il villaggio sono documentati diversi casi di acquisto di sale al minuto dalle saline di Cagliari che era il luogo di produzione di questa importante materia. Nel 1347-1348 vennero acquistati 2,5 quartini (circa 325 kg), nel 1352-1354 5 quartini, nel 1361-1362 3,5 quartini, nel 1362-1363 1,5 quartini. Successivamente non risultano altre attestazioni di compravendita parte di abitanti di Sioccu.
La villa non viene citata nelle raccolte di decime e censi delle diocesi sarde presenti nelle Collettorie dell’Archivio Vaticano che coprono il periodo 1341 – 1359 per quanto queste ci siano pervenute incomplete.
Non sappiamo con esattezza sino a quando si protrasse il dominio di Pisa (sicuramente dopo il 1362 e più probabilmente sino al 1365) quando riprese intensità la guerra tra Arborea a Aragona e la Trexenta venne occupata dalle truppe giudicali.
Dalla documentazione non è ben chiaro quando cessò il possesso da parte degli arborensi e quando la Corona aragonese riprese il controllo del territorio. Sappiamo comunque che la Trexenta, e quindi anche Sioccu, nel 1421 venne concessa, per meriti militari, al catalano Giacomo de Besora. E’ probabile che in quel momento il villaggio fosse già abbandonato o si avviava al definitivo spopolamento.
Secondo quanto riporta il Fara il villaggio era già disabitato nel 1584.

Luoghi di culto:
La villa era ricompresa nella Diocesi di Dolia come il resto della Trexenta.
La chiesa, o una delle chiese, del villaggio era intitolata a San Giacomo. Circa a metà del ‘800 l’Angius nel trattare del villaggio di Pimentel così riportava:
“ In due diversi siti di questo territorio vedonsi chiare le vestigie di due popolazioni, una verso tramontana, dov’era la chiesa di s. Giacomo, della quale si è dimenticato il nome; l’altra verso maestrale, ed era l’antica villa Dei, di cui altrove si è fatta menzione.”
Di questa chiesa purtroppo non rimangono vestigia evidenti ma la tradizione orale ancora oggi è concorde sulla sua localizzazione a destra della S.P. 34 Pimentel-Guasila nella località denominata appunto Santu Jaccu.

Sergio Sailis

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