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Nomi alternativi:
Sigii, Sitgi
Descrizione e localizzazione
geografica:
I.G.M.: Foglio 548 sezione IV –
Senorbì, scala 1:25.000
Il villaggio sorgeva circa 900
metri a sud ovest di Suelli su un pianoro che proprio in quel punto degrada
bruscamente nella valle del Rio Cixi.
La zona risulta frequentata sin
dal periodo pre-nuragico infatti poco distante a circa 1,5 km a sud ovest, in
località “Turriga” in agro di Selegas, è stata rinvenuta la famosa statuetta
della dea madre erroneamente citata in letteratura come proveniente da Senorbì.
Interno del pozzo nuragico di Cixi |
Ulivo secolare del parco di Cixi |
Cixi confinava con Suelli,
Sisini, Segolay, Simieri, Arcu
Per raggiungere il sito all’interno
di Suelli dalla S.P. 37 si prende la strada posta proprio dietro la chiesa del
Carmine, la si percorre per circa 70 m. dopodiché si arriva ad una
biforcazione; si prende la strada sulla sinistra e la si percorre per circa 700
m. sino ad arrivare all’ingresso del parco comunale dei SS. Cosma e Damiano nel
quale insiste la chiesa dell’Assunta.
Notizie e documenti storici:
Il villaggio di Cixi (o Sitgi)
pur essendosi spopolato abbastanza precocemente lo troviamo menzionato in diversi
documenti in quanto, come vedremo appresso, venne donato al vescovato di Suelli
dai Giudici di Cagliari; a seguito di questa donazione, in epoca aragonese e
forse ancora prima in epoca pisana, nacque una vertenza giudiziaria per il
possesso dei territori che si protrasse sino al XV sec. e che si concluse con
la reintegrazione dei diritti vantati dal suddetto vescovato.
La prima attestazione dovrebbe
essere del 1215 in un documento, pubblicato dal Solmi nelle cosiddette “Carte volgari
campidanesi”; in particolare nella Carta XIII del 6 novembre 1215, Torchitorio,
vescovo di Suelli, dà forma pubblica di alcuni atti di donazione, vendita,
permuta o transazione, compiuti a vantaggio della sua chiesa dopo averne
ottenuta l'autorizzazione dal giudice Barisone - Torchitorio IV di Unali come
era d’uso a quei tempi. Tra le varie transazioni presenti nel documento c’è
quella di un personaggio di alto lignaggio, tale donna Preziosa, la quale cede
alla chiesa di San Giorgio i suoi possedimenti nella “villa” e come testimoni
vengono citati altri due personaggi di Cixi.
Il villaggio viene poi menzionato
nella Carta XIV del 7 novembre 1215, nella quale, sempre il vescovo Torchitorio
di Suelli, dà forma pubblica ad altri atti di donazione, compera, permuta e
transazione, compiuti a vantaggio della sua chiesa tra i quali quella di donna
Muscu de Serra, altra donna di alto lignaggio, che cede anch’essa i suoi beni
posseduti nella villa.
Il documento forse più importante
è però la Carta XVIII del 20 aprile 1217, nella quale il giudice Torchitorio di
Cagliari, tra le altre cose, conferma ed aumenta, a favore di S. Giorgio, i
diritti immunitari sulle ville di Suelli e di Sigii.
Secondo il Solmi con la cessione
della villa al vescovado di Suelli venne concessa anche l’esenzione finanziaria
e giurisdizionale sul villaggio.
La “villa” è altresì menzionata nella
cosiddetta “Donazione della Trexenta” che ne elenca in parte i confini orientali del suo “saltus” così come
di seguito riportato:
“… et posc' innj calat deretu a su eriu et in deretu de ssu nuraki
Flacu. Et innj, lassadu su saltu de Sisini, etcomensat su saltu de ssa villa de
Sigi de Trexenta, de nuraki Flacu e, riu a josso, fisc' a bau de Canasturza,
que calat sa bia de Suellj et de Callaris. Et da jnnj, lassadu su saltu dessa
villa de Sigi, etcomensat su saltu dessa villa de Segolaj dessa incontrada de
Trexenta cum Suelli … ”.
Le sorti del villaggio dopo
questa data non sono note per via della cronica mancanza di documentazione
specifica. Possiamo però dedurre che venne abbandonato, ed il suo territorio
incorporato dalla confinante Suelli, tra il 1219 ed il 1320-1322 in quanto non
era presente tra i villaggi citati nella “composizione” pisana realizzata in
quegli anni né in quella successiva realizzata nel 1359.
Infatti dopo la scomparsa e lo
smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuta nel 1257-58 un terzo del
territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di
Capraia che rivestiva anche la carica di Giudice di Arborea. A Guglielmo
successe Mariano di Bas il quale nominò il Comune di Pisa erede universale.
Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e
Pisa, e i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono acquisiti dal
comune pisano nel 1307.
A partire dal 1313 Pisa prese ad
amministrare direttamente i territori della Trexenta, nominando dei rettori e
dei funzionari, procedendo a periodici censimenti fiscali denominati appunto
“Composizioni”.
Successivamente dopo l’invasione
dei catalano-aragonesi del 1323 e la conseguente pace del 25 aprile 1326 tra
Pisa e la Corona d’Aragona la curatoria della Trexenta e quella di Gippi passarono
nuovamente in feudo al Comune Pisano che riprese ad amministrarle mediante
propri funzionari.
Nel 1365, dopo un periodo di stasi, la guerra tra Arborea
e Aragona si riacutizza e le truppe del giudice Mariano IV d’Arborea invadono i
territori aragonesi del Regno di Sardegna e quindi anche la Trexenta; il 18
ottobre 1365 il vicario del comune pisano in Trexenta, Filippo della Scala,
viene impiccato dagli arborensi durante l’assedio del castello di Sanluri. Con
questo episodio ha probabilmente fine la storia dei possedimenti pisani in Sardegna
dopo alcuni secoli di dominazione più o meno diretta.
Dopo la sconfitta arborense a
Sanluri del 30 giugno 1409 la curatoria trexentese venne amministrata
direttamente dalla Corona d’Aragona anche se dalla documentazione non è ben
chiaro quando effettivamente cessò il possesso da parte degli arborensi e
quando gli aragonesi ripresero il controllo del territorio. Sappiamo comunque
che la Trexenta il 10 febbraio 1421 venne concessa per meriti militari al
catalano Giacomo de Besora e che tale concessione venne successivamente
rinnovata in data 31 luglio 1434.
Il territorio dell’ormai
spopolata Cixi (nonché quello della villa di Simieri) nel frattempo era stato incorporato
dalla confinante villa di Suelli che era stata concessa al vescovo suellense.
I primi contrasti tra il Vescovo
di Suelli e gli aragonesi si ebbero ancor prima dell’infeudazione della
Trexenta a Giacomo de Besora ma con questi si acutizzarono in quanto, benché la
villa di Suelli e conseguenti pertinenze non gli fosse stata concessa in feudo
come il resto della Trexenta, era entrato a mano armata nei territori del
villaggio rivendicandone il possesso e alterandone i confini tanto da essere
scomunicato.
Le rivendicazioni dei feudatari
iberici continuarono anche con gli eredi del De Besora. Infatti suo genero
Pietro De Sena fu anch’esso scomunicato per aver compiuto danneggiamenti nei
territori di Suelli e relative pertinenze.
Il procuratore reale in data 2
maggio 1419 dopo essersi in un primo momento opposto alla sentenza del
Governatore di Cagliari e Gallura, favorevole al vescovo di Suelli Gerardo,
rinuncia ad ogni appello e in data 6 maggio ordina all’ufficiale della Trexenta
di non molestare il vescovo per il
possesso della villa di Simieri.
In un documento redatto da un
regio notaio datato 18 maggio 1419 vengono trascritte le sentenze relativa alla
causa in corso.
Il 13 giugno 1444 re Alfonso V
emana un decreto per rimettere in possesso del feudo Giovanni Matteo, arcivescovo
di Cagliari e vescovo dell’unita diocesi di Suelli e altrettanto dovette fare
qualche anno dopo re Giovanni in favore dell’arcivescovo Ludovico.
La vicenda giudiziaria però non
si conclude ancora e ne ritroviamo gli echi in un altro documento di epoca
aragonese datato 15 aprile 1455. Si tratta della definizione dei limiti
territoriali a seguito della causa intentata ai feudatari, Pietro De Sena e
Aldonsa de Besora (per conto dei propri figli tra i quali Marchesia maritata
con il De Sena) dall’Arcivescovato di Cagliari (che nel frattempo aveva
incorporato il Vescovato di Suelli) per il possesso delle ville di Cixi e
Simieri. In questo documento vengono inoltre specificati anche i confini della
villa:
“… Lo salt de (Sigi) Sixi comensa del capigellu de rohines de olari
dret a pradais e torrasi a fontana de donigellu e torrat a forru e calasi a
petra de frahilis e dacundi si vadi ad orruhinas de sali e calasi per isu vaco
de moronu e calasi at su nurasolu qui est supra nuragi de flacu e incurbasi a
su bau de caoru de Sihuni …”
La lite continuò sino al 22
ottobre 1474 con una nuova carta sempre del re Giovanni a favore del vescovo.
Edifici di culto:
Facciata della chiesa della Vergine Assunta più comunemente nota dei SS. Cosma e Damiano |
Del villaggio ci rimane la chiesa
intitolata alla Vergine Assunta nella quale, dai primi anni dell’800, il 24 e
25 settembre si festeggiano anche i SS. Cosma e Damiano. A questi santi in
precedenza era intitolata la chiesa del villaggio di Sarasi situato circa 4 km
a ovest la quale, pur essendo di proprietà di Suelli, era amministrativamente
in territorio dell’odierno comune di Siurgus Donigala. Alcuni contrasti e liti tra
suellesi e gli abitanti di Siurgus, sfociati anche in fatti di sangue, avvenuti
durante i festeggiamenti che si tenevano in quest’ultima chiesa resero
necessario lo spostamento dei festeggiamenti nella chiesa attuale.
L’impianto attuale, a navata
unica tripartita da archi ogivali, nel corso del tempo è stato oggetto di
numerosi interventi di consolidamento (che necessitano ancora oggi) anche con
la realizzazione di contrafforti laterali resisi necessari da numerose
incrinature e fessurazioni dovute alla scarsa qualità delle fondazioni.
Infatti l’attuale struttura, risalente
probabilmente alla fine del XV sec. inizi del XVI sec. quasi sicuramente su un
impianto preesistente, venne realizzato su un nuraghe e pertanto le fondamenta
hanno scarsa coesione tant’è che abbiamo notizia di lavori di ristrutturazione di
una certa importanza sin dal 1483. L’arcivescovo di Cagliari Gabriel Serra,
tramite il proprio vicario generale Ioannes Fortesa, in data 18 giugno 1483
nell’invitare i fedeli a compiere opera di carità ordina agli ecclesiastici
dell'arcivescovado di Cagliari di pubblicare una lettera con la quale richiede
di raccogliere elemosine per i lavori di ristrutturazione della chiesa della
Beata Vergine Maria di Cixi in Suelli; tali elemosine venivano ricompensate con
40 giorni di indulgenza. Non sappiamo se l’attuale aspetto derivi dai lavori
sopra citati o da ulteriori opere di epoca successiva.
Sergio Sailis
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