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SIMIERI
di Sergio Sailis
Nomi alternativi:
Simieli
Descrizione e localizzazione
geografica:
I.G.M.: Foglio 548 sezione IV –
Senorbì, scala 1:25.000
Verso la metà dell’800 Angius commentando
i ruderi di antichi abitati situati nelle vicinanze di Senorbì scriveva: “… A settentrione in distanza dal paese di
un terzo di miglio era il villaggio di Simieri …”. Il villaggio sorgeva infatti
a breve distanza dal centro abitato di Senorbì (dal quale distava circa 1 km in
direzione ovest) ed era situato nell’estremità meridionale dell'attuale territorio di Suelli. Era
localizzato su un pianoro che degrada nella valle del Riu Canali e del suo
affluente Riu Cixi; da questo punto si domina tutta la conca centrale della
Trexenta che in periodo medioevale era in parte ricoperta da paludi bonificate
solo in tempi recenti.
La zona risulta frequentata sin
dal periodo nuragico; nelle immediate vicinanze infatti si trova il “Nuraxi
Mannu de Simieri” e, a circa 800 metri più a nord nord- ovest, poco distante
dai ruderi della chiesa di N.S. d’Itria, il nuraghe “Corru Cottu” ormai quasi
completamente distrutto. Qualche centinaio di metri più a sud, in agro di
Senorbì, inoltre il Taramelli riportò del ritrovamento di una tomba a fossa di
epoca nuragica nella quale si rinvennero i resti di 5 lamine in bronzo
probabilmente attribuibili ad una corazza ed i frammenti di una spada che, per
le sue dimensioni, ipotizzò fosse ad uso votivo.
Simieri confinava con Cixi, Senorbì,
Villacampo, Ortacesus e Arcu.
Per raggiungere il sito, dalla
periferia di Senorbì si prende la S.P. 40 in direzione Selegas, dopo circa 600
m. si svolta a sinistra in una stradina campestre (che porta ad un serbatoio
idrico e al “Nuraxi Mannu de Simieri”) e la si percorre per altri 650 m. circa.
Dell’antico insediamento ormai non rimane traccia in quanto i terreni sono
intensamente sfruttati a scopo agricolo; si notano solo mucchi di pietrame
derivati dalle opere di spietramento.
Notizie e documenti storici:
Nell’ultima fase della sua
esistenza il villaggio di Simieri ebbe un periodo alquanto travagliato in
quanto fu oggetto di dispute, con risvolti anche violenti, tra il Vescovo di
Suelli ed i feudatari catalano-aragonesi. Infatti nel XIII sec. i Giudici di
Cagliari donarono la “villa” al vescovato di Suelli ed in epoca aragonese (e
forse ancor prima in epoca pisana) nacquero dei forti contrasti per il possesso
del villaggio; queste contese sfociarono in una vertenza giudiziaria che si
protrasse sino alla fine XV sec. e si concluse con la reintegrazione dei
diritti vantati dal suddetto vescovato.
La prima attestazione della
“villa” dovrebbe essere in un documento, pubblicato dal Solmi nelle cosiddette
“Carte volgari campidanesi”; in particolare nella Carta XI giugno 1215, la giudicessa
di Cagliari, Benedetta, conferma al vescovado di Suelli le concessioni fatte in
precedenza dai giudici cagliaritani a favore di S. Giorgio accrescendole di
nuove . In questo documento si ripercorre la donazione della villa di Suelli
effettuata da Torchitorio e la donazione della villa di Simieri successivamente
fatta da sua moglie Nispella.
Secondo il Solmi con questa cessione
al vescovado di Suelli venne concessa anche l’esenzione finanziaria e
giurisdizionale sul villaggio.
Il villaggio è menzionato inoltre
nella cosiddetta “donazione della Trexenta” nella quale “sa villa de Simieli”
faceva parte delle ville donate da Torchitorio a suo figlio Salusio; non sono però
riportati i confini in quanto la villa era posta all’interno della Curatoria.
Si può notare subito che questi due
documenti (peraltro entrambi sospettati essere dei falsi o perlomeno oggetto di
interpolazione in epoca catalana) sono contrastanti in quanto nell’arco di
pochi anni il villaggio venne donato dai Giudici cagliaritani una prima volta
al Vescovo di Suelli e successivamente a Salusio.
Dopo la scomparsa e lo
smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuta nel 1257-58 un terzo del
territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di
Capraia che era anche Giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas
il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano
seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, e i territori
facenti parte del terzo cagliaritano furono acquisiti dal comune pisano nel
1307.
A partire dal 1313 Pisa prese ad
amministrare direttamente i territori della Trexenta, nominando dei rettori e
dei funzionari, e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati appunto
“Composizioni”.
Dalla “Composizione“ pisana del
1320-1322 emerge che Simieri contribuiva alle entrate del comune toscano
complessivamente con 17 lb e 1 soldo (dei quali “pro datio” lb. 5, “pro dirictu
tabernarum vini” lb. 1, “pro liber terralis ab equo per Guantinus Sunius” lb.
6, “pro quondam signo vacharium” s. 16 e “pro quondam saltu” lb. 4) oltre che
con 24 starelli di grano e 18 di orzo.
Successivamente dopo l’invasione
dei catalano-aragonesi del 1323 il villaggio, in data 11 luglio 1324, venne concesso
in feudo dall’Infante Alfonso al catalano Pere de Montpaó unitamente alle ville
di Senorbì e Sebera anch’esse in Trexenta. L’Angius ci aggiunge anche il
villaggio di S. Pietro senza però specificare la fonte da cui trasse
l’informazione.
Il possesso del feudo da parte del
catalano fu di breve durata in quanto dopo la ripresa delle ostilità tra gli
aragonesi e Pisa e la definitiva sconfitta di quest’ultima si addivenne alla
pace del 25 aprile 1326 con la quale la Corona d’Aragona concesse in feudo al
comune toscano le curatorie di Trexenta e di Gippi e riprese ad amministrarle
mediante propri funzionari.
Nel 1353 Antonio Curria, un abitante di Simieri forse
appartenente alla categoria dei “liberi et terrales ab equo”, al servizio dell’iglesiente
Alibrando de Asseni, dopo essere stato catturato a Sindia dagli arborensi
rischia di essere ucciso in quanto accusato di essere al servizio dei catalani.
Dalla successiva“Composizione”
pisana del 1359, molto più dettagliata rispetto a quella del 1320-1322,
rileviamo che:
“Villa Simieri” contribuisce con
un versamento in moneta di 8 libbre e 10 soldi (dei quali “pro datio” libbre 7
e “pro dirictu tabernarum” 1 libbra e 10 soldi. Il villaggio inoltre
contribuivano con 26 starelli di grano e altrettanti d’orzo per i quali i
“palators” a loro volta contribuivano “una tantum” con uno starello di grano ed
uno d’orzo.
Come al solito il documento
riporta inoltre, per ogni ciascuna categoria contributiva, il nominativo e le
stime reddituali dei singoli contribuenti. Infatti tra i “maioribus” che
possedevano due gioghi vengono annoverati:
Johannes Mura stimato per 20
libbre; Gonnarius de Campo stimato per 38 libbre; Molentinus de Asseni stimato
per 66 libbre;
Tra i “minoribus” che possedevano
un solo giogo troviamo:
Barsuolus Corruppis stimato per
14 libbre; Johannes Sella stimato per 15 libbre; Caro Corruppis stimato per 9
libbre; Henrigus Capillo stimato per 6 libbre;
Tra i “palatores” vengono citati:
Pasqualinus Sella stimato per 2
libbre; Johannes Dessi stimato una libra;
Infine nella categoria dei
“liberi et terrales ab equo” troviamo:
Antiocus Curria e Gonnarius Curria.
Simieri viene altresì ricordata nei conti del sale;
infatti nel periodo 1355-1356 e 1361-1363 per la “villa” vengono riportati 4
acquirenti di sale dalle saline di Cagliari.
Nel 1365, dopo un periodo di stasi, la guerra tra Arborea
e Aragona si riacutizza e le truppe del giudice Mariano IV d’Arborea invadono i
territori aragonesi del Regno di Sardegna e quindi anche la Trexenta; il 18
ottobre 1365 il vicario del comune pisano in Trexenta, Filippo della Scala,
viene impiccato dagli arborensi durante l’assedio del castello di Sanluri
davanti agli occhi di Alberto Zatrillas Governatore del Capo di Cagliari e
Gallura. Con questo episodio ha probabilmente fine la storia dei possedimenti
pisani in Sardegna dopo alcuni secoli di dominazione più o meno diretta.
Dopo la sconfitta arborense a
Sanluri del 30 giugno 1409 la curatoria trexentese venne amministrata
direttamente dalla Corona d’Aragona anche se dalla documentazione non è ben
chiaro quando effettivamente cessò il possesso da parte degli arborensi e
quando gli aragonesi ripresero il controllo del territorio. Sappiamo comunque
che la Trexenta il 10 febbraio 1421 venne concessa per meriti militari al
catalano Giacomo de Besora e che tale concessione venne successivamente
rinnovata in data 31 luglio 1434.
I primi contrasti tra il Vescovo
di Suelli e gli aragonesi si ebbero ancor prima dell’infeudazione a Giacomo de
Besora ma con questi si acutizzarono in quanto, benché la villa di Suelli non
gli fosse stata concessa in feudo come il resto della Trexenta, era entrato a
mano armata nei territori del villaggio rivendicandone il possesso e alterando
i confini tanto da essere scomunicato.
Le rivendicazioni dei feudatari
iberici continuarono anche con gli eredi del De Besora. Infatti suo genero
Pietro De Sena fu anch’esso scomunicato per aver compiuto danneggiamenti nei
territori di Suelli e relative pertinenze.
Il procuratore reale in data 2
maggio 1419 dopo essersi in un primo momento opposto alla sentenza del
Governatore di Cagliari e Gallura, favorevole al vescovo di Suelli Gerardo,
rinuncia ad ogni appello e in data 6 maggio ordina all’ufficiale della Trexenta
di non molestare il vescovo per il possesso della villa di Simieri.
1419 6 maggio Jacme Canamas,
procuratore reale del Regno di Sardegna, ordina a Bernardi Rolf, ufficiale
della Trexenta, di non molestare Gerau, vescovo di Suelli, nel possesso della
villa di Simieri e nella riscossione delle rendite e frutti della stessa, in
quanto la villa era stata donata alla chiesa di “Sanct Jordi de Suelli” dal
giudice Trilodhori, come risulta anche da una sentenza emessa da Acart de Mur,
governatore dei capi di Cagliari e Gallura.
1419 18 maggio Johannes
Balagerii, messo della Procurazione reale, certifica di aver consegnato a
Geraldus, vescovo di Suelli, la lettera con la quale Georgius Oliverii,
procuratore reale, in risposta alla lettera con cui gli viene minacciata la
scomunica qualora non renda la villa di Simieri entro 3 giorni, propone di
attendere a riguardo la sentenza del viceré.
In un documento redatto da un
regio notaio datato 18 maggio 1419 vengono trascritte le sentenze relativa alla
causa in corso.
Il 13 giugno 1444 re Alfonso V
emana un decreto per rimettere in possesso del feudo Giovanni Matteo, arcivescovo
di Cagliari e vescovo dell’unita diocesi di Suelli (infatti nel frattempo il
Vescovato di Suelli era stato incorporato da quello di Cagliari) e altrettanto
dovette fare qualche anno dopo re Giovanni in favore dell’arcivescovo Ludovico.
La vicenda giudiziaria però non
si conclude ancora e ne ritroviamo gli echi in un altro documento di epoca
aragonese datato 15 aprile 1455. Si tratta della definizione dei limiti
territoriali a seguito della causa intentata ai feudatari, Pietro De Sena e
Aldonsa de Besora (per conto dei propri figli tra i quali Marchesia maritata
con il De Sena) dall’Arcivescovato di Cagliari per il possesso delle ville di
Cixi e Simieri. In questo documento vengono inoltre specificati anche i confini
delle due ville:
“… Lo salt de (Sigi) Sixi comensa del capigellu de rohines de olari
dret a pradais e torrasi a fontana de donigellu e torrat a forru e calasi a
petra de frahilis e dacundi si vadi ad orruhinas de sali e calasi per isu vaco
de moronu e calasi at su nurasolu qui est supra nuragi de flacu e incurbasi a
su bau de caoru de Sihuni.
Lo salt de Simieri de pradais sera serra finta su nuraxi mannu de
Simieri e falat a su nuraxi pitxinnu suta Simieri e collat bia infra Simieri e
Archu finta su monumentu de Gonnari probu s.arbori incurvada e de su monumentu
bat ha su brunchu de sa canna inplasandu cortis de sayli e aqua sarsa … “
La lite comunque continuò anche con i successivi signori della Trexenta. Infatti il 22 ottobre 1474 con una nuova carta del re Giovanni il
vescovo viene definitivamente reintegrato nel possesso del villaggio che era stato occupato da Salvatore d'Alagon.
La "villa" risulta abbandonata tra il 1416 e il 1419. Fara lo dà per sicuramente disabitato nel 1584.
Edifici di culto:
Non sono noti edifici di culto.
Sergio Sailis
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