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di Sergio Sailis
Nomi alternativi:
Nomi alternativi:
Campu, Campo
Localizzazione geografica:
L’esatta ubicazione di questo
villaggio è incerta anche se, comparando alcuni documenti, possiamo
circoscrivere la zona e ipotizzare che fosse situato in prossimità degli
attuali limiti territoriali tra Ortacesus e Senorbì. Probabilmente è da
localizzare in località “Santa Uria” a circa 1,5 km a sud sud ovest di Senorbì o,
come proposto dal Forci, nella non lontana (circa 1 km) zona di “Campioni” situato
circa 500 m. dalla periferia ovest di Senorbì nei cui pressi venne ritrovata la
tomba di un guerriero nuragico; in questa località infatti il Taramelli riportò
la notizia del ritrovamento di una tomba a fossa di epoca nuragica nella quale
si rinvennero i resti di 5 lamine in bronzo probabilmente attribuibili ad una
corazza ed i frammenti di una spada che, per le sue dimensioni e
caratteristiche, ipotizzò fosse ad uso votivo.
Le località sopra menzionate si
trovano proprio al centro di quella che oggi, grazie ai lavori di bonifica, è diventata
una fertile pianura ma che sino a circa mezzo secolo fa era fortemente soggetta
al fenomeno dell’ impaludamento per effetto dei numerosi corsi d’acqua che
l’attraversano (Gora Barasi, Canale S’Arrole, Riu S.Uria ecc.) che dopo qualche
km si riversano nel Riu Mannu.
Del centro abitato non rimane più
alcuna traccia evidente.
Villacampo confinava con Simieri,
Senorbì, Aluda, Bangiu Donnico e Ortacesus.
Per raggiungere il sito, dalla
S.S. 128 in direzione Senorbì si svolta a sinistra sulla S.P. 41 in direzione
Ortacesus la si percorre per circa 1,8 km e raggiunto il ponte di Tuvoi,
anziché proseguire verso Ortacesus, si percorre la strada campestre che porta a
Senorbì per circa 300 metri sino a raggiungere un bivio dove si prende la
strada a destra che si percorre per ulteriori 500 m. circa. Il sito in esame è
a circa 500 m. dalla stradina sulla destra.
Notizie e documenti storici:
La villa viene menzionata nelle
famose carte volgari campidanesi edite dal SOLMI dove ritroviamo che verso il
1150 il Vescovo di Suelli, Pietro Macis, dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal
giudice Costantino-Salusio dà forma pubblica alle donazioni di servi, compiute
da Torbeno di Serra a favore di S. Giorgio di Suelli:
« Et posit a sanctu Jorgi Arççocu de Lacon, filiu de donnu
Gunnari, unu serbu a Mariani Contu, filiu de Petru Contu, a serbu de cadadie,
et Sardinia sa neta posit a sanctu Jorgi a Mariani Manca, filiu de Petru de
Campu, et posit illu a serbu de cadadie ».
Nella carta XIV datata 7 novembre
1215 il vescovo Torchitorio di Suelli, sempre dopo aver ottenuto l’
autorizzazione dal giudice Torchitorio de Unali, dà forma pubblica di altri
atti di donazione, compera, permuta e transazione, compiuti a vantaggio della
sua chiesa e tra i testimoni di una donazione fatta da “donna Muscu de Serra”
compare un certo “donnu Cumida de Unali
de bilia de Campu”.
Successivamente, nella cosiddetta
“donazione della Trexenta”, viene citata tra le ville donate da Torchitorio a
suo figlio Salusio ed esattamente tra “villa
de Aluda” e quella di “Baxo de Onigo”
non vengono però citati i confini essendo il villaggio situato all’interno
della Curatoria.
Dopo la scomparsa e lo
smembramento del Giudicato di Cagliari, avvenuta nel 1257-58, un terzo del
territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di
Capraia il quale era anche Giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano II
di Bas che nel testamento nominò il Comune di Pisa erede universale per i possedimenti
extra giudicali. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli
eredi Capraia e Pisa, e i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono
acquisiti dal comune pisano nel 1307.
A seguito della suddetta
acquisizione il comune di Pisa amministrò direttamente i territori della
Trexenta, sicuramente dal 1313, nominando dei rettori e dei funzionari, e
procedette a periodici censimenti fiscali denominati “Composizioni”. Per quanto
riguarda le remunerazioni del personale impiegato per l’amministrazione delle
Curatorie di Gippi e Trexenta nel 1330 troviamo un riscontro diretto in un
documento pubblicato da Baudi di Vesme.
Dalla “Composizione“ pisana del
1320-1322 possiamo dedurre che “Villacampo” doveva essere già disabitata in quanto
non viene menzionata tra le ville soggette a contribuzione.
Nel 1359 il comune toscano fece
redigere un’altra composizione, fortunatamente più ricca di particolari
rispetto alla precedente, e da questo documento possiamo rilevare che il
villaggio in esame, ormai distrutto e disabitato, viene citato tra i terreni
concessi in godimento alla “villa” di Senorbì dietro corresponsione di 10
libbre. Con questa concessione probabilmente Pisa cercava evidentemente di
ottimizzare le entrate in quanto in precedenza il territorio di Villacampo era
in godimento agli abitanti della limitrofa “Bangiu Donico”.:
“Et est unus et integer saltus territorii ville olim dicte de Campo que
est destructa et inhabitata qui saltus est situs in curatoria de Tregenda intus
villam Bagni Donici et Sinorbi, cuius saltus olim ville de Campo est
suprascripti pisani Comunis et ipsi pertinet pleno jure qui saltus semper
scribebatur inter scripturas Bagni Donici nunc vero est scriptus intus
scripturas ville Sinorbi. Pro cuius vero territorii saltus pensione homines
suprascripte ville Sinorbi debent dare et solvere suprascripto Comuni pisano
seu suprascripto camerario recipienti suprascripto modo singulo anno in
kalendis septembris libras decem dicte monete.”
Successivamente il 12 ottobre
1416 il salto della “villa” viene concesso in feudo, senza però espliciti obblighi
di ripopolamento, a Bartolomeo Pino unitamente alle altre ville spopolate di
Barrala (Parte Olla) e Donigalalba (Trexenta):
“ … villas (vocatam) depopulatas de Barrala (depopulatam) sitam in
capite Callari in encontrata de Parte Volla et (quoddam saltum vocatum de Villa
de Campo) villam vocatam Donicalalba sitam in curatoria dela Tregenta nec non
et quendam saltum vocatum de Villa de Campo situatum in dicta curatoria dela
Tregenta presentis insule Sardinie …”.
Dopo la definitiva sconfitta
arborense del 30 giugno 1409 la Trexenta viene amministrata direttamente da
funzionari regi sino al 1421 allorchè la Trexenta venne concessa a Giacomo De
Besora che ebbe riconfermata l’infeudazione il 31 luglio 1434.
Luoghi di culto
Non sono noti edifici di culto
anche se nella zona è attestato l’agiotoponimo “Santa Uria” e “Sa tanca de S’Uria”
oltre che l’omonimo ruscello situati nei pressi dell’azienda agricola “Aresu”
in agro di Senorbì.
Sergio Sailis
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