Dizionario Biografico degli
Italiani - Volume 19 (1976)
di Franco Cardini
CAPRAIA, Anselmo da. - Nonostante
la frequenza del nome Anselmo sia assai elevata nell'albero genealogico dei da
Capraia, e ciò abbia dato luogo a una notevole confusione, possiamo ravvisare
con buone probabilità il padre del Capraia nel Bertoldo che nel 1221 risulta
essere vassallo della Chiesa per la signoria di Usellus in Arborea: egli
sarebbe quindi nipote di
Guglielmo giudice d'Arborea, i cui eredi Nicolò e Guglielmino gli sarebbero quindi cugini.
Guglielmo giudice d'Arborea, i cui eredi Nicolò e Guglielmino gli sarebbero quindi cugini.
Da Bertoldo e da una sorella di
Ugolino di Donoratico sarebbero nati: il Capraia Guelfo, che in un documento
(1256) è detto conte di Pontormo e curatore di Fiandina figlia di Uguccione
della Gherardesca, e che troviamo nel 1282 insieme col fratello Anselmo a San
Miniato al Tedesco, presso il vicario imperiale; Gilla, andata sposa a Lotto di
Ugolino di Donoratico. Nel quadro della politica di penetrazione in Sardegna da
parte delle maggiori famiglie pisane e della loro pacificazione dopo il lodo
del 1237 fra Comune e della Gherardesca da un lato, Visconti e da Capraia
dall'altro, il Capraia andò sposo a Teccia figlia del conte Gherardo di
Donoratico, che intendeva stabilire mediante una serrata politica matrimoniale
l'egemonia della nobiltà pisana in Sardegna sotto il segno dell'Impero.
Ma la tragica morte di Gherardo a
Napoli insieme con Corradino (1268) e la restaurazione de facto dei di Bas nel
giudicato di Arborea scossero sul nascere la posizione politica del Capraia.
Egli rivendicò, con l'appoggio del Comune, i suoi diritti sardi, e questo
riconobbe in lui uno dei domini Sardiniae e ne accettò il giuramento di fedeltà
come tale. Mariano di Bas, per non mettersi in urto col Comune e con i
Donoratico che sostenevano il Capraia, non poté fare a meno di riconoscergli a
sua volta i titoli alla signoria del terzo del Cagliaritano, che era stato
tenuto dal '57 in poi da Guglielmo da Capraia.
Tuttavia il Capraia non riuscì a
tradurre in pratica le sue pretese e i suoi diritti isolani perché fu preso nel
vortice della situazione interna pisana. Ugolino di Donoratico, rompendo con la
tradizione ghibellina della famiglia e col ramo di suo fratello Gherardo, si
era avvicinato a Giovanni Visconti; la pace tra Pisa da un lato, Carlo d'Angiò
e poi i Comuni guelfi toscani dall'altro (aprile-maggio 1270) aveva dato
l'avvio alle più aspre lotte civili in Pisa e nel contado. Nella sommossa del
1º maggio il Capraia, insieme con i suoi cugini Guelfo e Lotto (quest'ultimo
anche suo cognato) di Ugolino di Donoratico, si distinse al fianco dei Visconti
e con gli stessi fu inviato in esilio a Montopoli; fu un esilio assai breve, ma
ormai la pace cittadina era irrimediabilmente compromessa.
Era evidente che il Capraia
intendeva cattivarsi la fiducia dei guelfi e di Carlo d'Angiò, cui si rivolse
nel 1273 attraverso tre giudici fiorentini per ottenere la conferma della
signoria su certe terre dei possessi aviti dei da Capraia - quali
Montevettolini sul Montalbano - che non erano più disposte a riconoscergliela.
Egli si teneva aderente ai Donoratico guelfi e quando, appunto nel '73,
Giovanni Visconti, di nuovo esule da Pisa, si ritirò in Sardegna rompendo anche
con Ugolino, il Capraia si schierò col secondo e - poiché Giovanni si era
rifugiato nella parte del Cagliaritano spettante ai da Capraia - fu inviato dal
Comune a domarlo, cosa che gli riuscì agevole anche grazie all'aiuto di Mariano
d'Arborea. Al Visconti, cacciato dall'isola, non restò che rifugiarsi presso i
conti di Santafiora nella Maremma senese.
Tuttavia l'accordo tra il
Capraia, Ugolino e il Comune non poteva durare. Di lì a poco essi rifiutarono
di pagare i tributi dovuti a Pisa per i possessi sardi, furono dichiarati
decaduti da questi e Ugolino fu imprigionato mentre Anselmo dovette
allontanarsi dalla città (agosto 1274). La rappacificazione con Giovanni
Visconti, che allora con Lucchesi e Fiorentini combatteva contro Pisa, era
inevitabile. Il Capraia partecipò con lui alle operazioni che dovevano condurre
alla caduta del castello di Montopoli (novembre del 1274) e dopo la sua morte
(1275) continuò la guerra fino alla battaglia di Rinonico e alla conseguente
capitolazione di Pisa (giugno del 1276). Il Capraia, Ugolino di Donoratico e
Nino di Giovanni Visconti furono così riammessi in città e reintegrati nei loro
beni sardi dietro pagamento dei relativi tributi.
Seguirono anni relativamente
tranquilli, nel corso dei quali il Capraia poté accudire ai suoi beni in
Sardegna e nel continente; lo troviamo nell'82 presso il vicario imperiale in
San Miniato; neppure dopo la Meloria, anche grazie ai suoi buoni rapporti con
Firenze e alla sua fama di guelfo, la sua posizione fu scossa. Ma le sue terre
del Cagliaritano interessavano troppo Mariano di Bas; e d'altro canto nell'urto
fra il podestà Ugolino di Donoratico e il capitano del popolo Nino Visconti,
durante la "dittatura" guelfa su Pisa succeduta alla sconfitta
dell'84, il Capraia si era avvicinato ai Visconti anche perché la politica
sarda di Ugolino e di suo figlio Guelfo, mirante al controllo di Cagliari e
all'egemonia sull'isola, era tale da allarmare gli altri domini Sardiniae.
Risultato di questa situazione fu l'alleanza fra Mariano di Bas e Ugolino: nel
1287 Giovanni, figlio del primo, sposò a Bolgheri Giacomina figlia del secondo.
Poco prima di tale evento Mariano aveva occupato le residue terre dei da
Capraia in Sardegna, e poco dopo di esso il Capraia morì: si disse che fosse
stato avvelenato durante il banchetto nuziale per soddisfare a una richiesta di
Mariano. Naturalmente una tale voce è sospetta di essere una calunnia
ghibellina contro il conte Ugolino, e parecchi storici anche recenti hanno
rifiutato di prestarvi fede. Resta innegabile che la sua morte sia stata di
grande utilità per Mariano di Bas e non scomoda per Ugolino.
Alla morte del Capraia la tutela
di sua moglie Teccia fu affidata nel 1289 al conte Tommaso da Capraia, cugino
del marito. Teccia si ritirò nei suoi possessi del Valdarno, e i documenti che
abbiamo di lei la segnalano nel castello di Pontormo. Anche il loro figlio
Anselmuccio rimase nelle vecchie terre di famiglia, dimenticando gli orizzonti
cagliaritani. Altri epigoni della famiglia reclamarono più volte la
restituzione dei beni sardi confiscati dal Comune di Pisa e questo, nel 1318,
giunse a prometterla: ma niente di simile accadde in effetti.
Fonti e Bibl.:
Cagliari, Bibl. univers., ms.
8/1: Composizione delle curatorie di Gippi e Trexenta (1359), f. 69; Archivio di Stato di Firenze,
Diplomatico,Camaldoli, 1282 ott. 1º; Ibid., Missive originali, II, n. 8, 1314
febbr. 26; Ibid., Notarile Antecosimiano,Prot. di Buto da Pontormo, 81051, c.
1v, 1289 luglio 14;
Guido de Corvaria, Historiae Pisanae fragmenta, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Scriptores, XXIV, Mediolani 1738, coll. 673-694;
Giovanni Villani, Cronica, a cura di F. Gherardi Dragomanni, Firenze 1844-45, VII, p. 1213
Mon. Germ. Hist., Legum sectio V,Constitutiones, III, a cura di J. Schwalm, pp. 571 s. n. 210;
Codex Diplomaticus Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, p. 427 n. CXXVII;
Le consulte della Repubblica fiorentina dall'anno MCCLXXX al MCCXCVIII, a cura di A. Gherardi, I, Firenze 1896, p. 215;
I registri della Cancelleria angioina, a cura di R. Filangieri, X, Napoli 1957, p. 153 n. 602;
Documenti ined. relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, a cura di F. Artizzu, I, Padova 1961, p. 252;
E. Besta, Per la storia dell'Arborea nella prima metà del sec. XIII, in Arch. stor. sardo, III(1907), pp. 323-334; Id., Sardegna medievale, Palermo 1908, pp. 243 ss., 252;
A. Solmi, Studi stor. sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo, Cagliari 1917, pp. 214, 233, 293;
N. Toscanelli, I conti di Donoratico della Gherardesca…, Pisa 1937, passim;
R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956-1964, ad Indicem;
V. Salavert y Roca, Cerdeña y la expansión mediterránea de la Coronade Aragón 1297-1314, II, Madrid 1956, p. 351;
E. Cristiani, Il trattato del 27 febbr. 1314 tra Roberto d'Angiò,Pisa e la lega guelfa toscana alla luce di nuovi documenti, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medioevo, LXVIII(1956), pp. 259-80; Id., Gli avvenimenti pisani del periodo ugoliniano in una cronaca ined., in Boll. stor. pisano, XXVI-XVII(1957-58), pp. 3-104; Id., Nobiltà e popolo nel Comune di Pisa, Napoli 1962, ad Ind.;
G. Volpe, Vescovi e Comune di Volterra, in Toscana medievale, Firenze 1964, p. 284;
A. Boscolo, I conti di Capraia,Pisa e la Sardegna, Cagliari 1966, pp. 81 s.
Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/anselmo-da-capraia_res-dd53abe8-87e9-11dc-8e9d-0016357eee51_(Dizionario-Biografico)/
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