Perico
de Llibià signore di Turri
di Antonio Forci*
di Antonio Forci*
(qui la scheda di Turri)
Perico o Pere [III] de
Llibià era figlio del più noto Pere [II] de Llibià, consigliere e stretto
collaboratore dell’infante Alfonso, che seguì nella spedizione di conquista
della Sardegna. Con carta del 21 giugno 1325 ottenne in feudo secondo il
costume d’Italia una rendita annua di 4.000 soldi di genovini sopra i redditi
di una o più ville della suddetta isola, col servizio di due cavalli armati e
la riserva del mero imperio[1].
Come in altri casi analoghi furono gli amministratori generali Pere de Llibià e
Arnau de Caçà ad individuare le ville da concedergli in feudo: Nuraminis S.
Pietro, Borro e Moraxesus, site nella curatoria di Nuraminis, Gurgo de Sipollo
e Sogus de Turri, site nella curatoria di Gippi, e Turri de Tragenta, sita
nella curatoria di Trexenta[2].
Quando la Corona
d’Aragona stipulò la seconda pace con Pisa (25 aprile 1326), al comune toscano
andarono tutte le ville delle curatorie di Gippi e Trexenta e al nostro Perico
furono sottratte le ville di Gurgo de Sipollo, Sogus de Turri e Turri de
Tragenta, col diritto a rientrarne in possesso qualora la Corona le avesse in qualche
modo recuperate. Così quando l’infante Alfonso, sulla base di un accordo
raggiunto con i feudatari della Sardegna che non detenevano il mero imperio,
riconobbe a Perico de Llibià la metà del denaro proveniente dall’esazione delle
machizie nelle sue ville di Nuraminis S. Pietro, Borro e Moraxesus, tale
concessione fu estesa alle tre ville di Gippi e Trexenta da lui perdute, nel
caso in cui le avesse riacquisite dopo il passaggio a Pisa[3].
Dalla documentazione riscontrata nei registri della Corona d’Aragona si evince
che Perico non fu indennizzato con altri possedimenti, ma gli fu semplicemente riconosciuta
la riduzione del servizio militare ad un cavallo armato.
Sappiamo altresì che i
redditi delle tre ville rimastegli erano così modesti che il servizio gli fu
ulteriormente ridotto ad un cavallo alforrato, cioè armato alla leggera[4].
L’avventura di Perico
de Llibià come feudatario del regno di Sardegna sembrerebbe concludersi a
Torroella de Montgrí il 21 marzo 1334, quando vendette al fratello Nicholau,
feudatario di Siliqua[5]
e castellano del castello di Acquafredda[6],
le ville di Nuraminis S. Pietro, Borro e Moraxesus[7].
Ma la morte di lì a
qualche mese di Nicholau fece sì che Perico fosse nominato castellano del
castello di Acquafredda[8]
e succedesse come erede universale nei possedimenti feudali del defunto
fratello, prestando giuramento di fedeltà ore et manibus al re Alfonso IV[9].
In un documento databile alla fine del 1334 ove i feudatari del regno di
Sardegna sono chiamati a contribuire in cavalli armati o denaro alla guerra
contro i Doria, figura che:
En Perico de Libia te
lochs valents de renda LXVII libres, XIII sols per les quals e tengut de fer
serviy d’un cavall alforrat. Item te los lochs qui foren d’en Nicholay de Libia
qui valen CXLII libres, X sols a serviy d’un cavall armat. E axi oltre los dits
cavall armat e alforrat deu fer I altre cavall alforrat o pagar XX libres, V
sols[10].
Il 6 gennaio 1337 Ramon
de Senesterra, come procuratore di Brunissenda, vedova «Petri de Libiano
militis Turricelle de Montegrino» e tutrice del figlio minorenne ed erede
universale Ramon, prestò giuramento di fedeltà e omaggio al re Pietro IV per le
ville tenute in feudo dalla famiglia Llibià in Sardegna[11].
* Antonio FORCI,
Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della
dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean
Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio
2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista
dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari
2010.
[1] ACA, Real Cancillería, reg. 399,
ff. 5r, 15r-v (1325 giugno 21, Daroca).
[2] ACA, Real Cancillería, reg. 403,
f. 233r (1327 agosto 1, Morella).
[3] ACA, Real Cancillería, reg. 512,
f. 285r-v (1331 dicembre 4, Valenza). La villa, scomparsa nel corso del secolo
XIV, sembrerebbe aver lasciato tracce di sé nel toponimo Turriga, circa km 1,5
a sud di Selegas (IGM, Carta d’Italia 1:25.000, Foglio n° 548, sez. IV-Senorbì,
Firenze, 1992. Appare tuttavia plausibile anche la localizzazione in territorio
di Ortacesus, presso l’attuale Bruncu de Turri, proposta da Silvestro GHIANI,
La Trexenta antica cit., p. 193.
[4] Cfr. supra, nota 355.
[5] ACA, Real Cancillería, reg. 514,
f. 219r-v.
[6] ACA, Real Cancillería, reg. 516,
f. 267v (1334 aprile 16, Teruel): Nicholao de Llibià tiene in custodia per
conto del re il castello di Acquafredda che necessita di riparazioni così come
il borgo.
[7] ACA, Real Cancillería, reg. 516,
f. 263r-v (1334 aprile 15, Teruel): assenso regio alla vendita.
[8]
ACA, Real Cancillería, reg. 517, ff. 63v-64r (1334 agosto 6, Teruel).
[9] ACA, Real Cancillería, reg. 517,
ff. 126v-127r (1335 febbraio, Valenza).
[10]
ACA, Real Cancillería, reg. 517, f. 100v.
[11] Cfr. Giuseppe SPIGA, Feudi e
feudatari nel regnum Sardiniae et Corsicae fra il 1336 e il 1338 cit., p. 875.
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