giovedì 17 ottobre 2013

Pietro Penna mancato signore di Arili

Pietro Penna mancato signore di Arili
di Antonio Forci*

(scheda su Aliri)
 Pietro Penna, unico personaggio non iberico coinvolto nella prima feudalizzazione della Trexenta, è sufficientemente noto in letteratura per essere stato notaio di Ugone II d’Arborea[1] del quale fu anche ambasciatore presso la corte d’Aragona[2]. Sin dai primissimi tempi della conquista ottenne vari benefici da parte dell’infante Alfonso[3] e nel 1328 fece parte della comitiva che accompagnò a Barcellona il domicello Pietro per essere armato cavaliere da Alfonso IV in occasione dei festeggiamenti per la sua incoronazione[4]. Pare che in quella circostanza abbia
sconsigliato il rampollo di sottomettersi all’autorità del sovrano d’Aragona suscitando le ire di quest’ultimo che lanciò contro di lui gravissime accuse[5]. Lo strappo tuttavia si ricucì e le missioni del Penna in terra iberica continuarono sino al 1331[6]. Nel 1332 risulta passato al servizio dei Doria, all’epoca acerrimi nemici degli Arborea[7].
Nel 1325, con carta data a Daroca il 12 luglio, l’infante Alfonso gli concesse la villa di Arili[8] sita nella curatoria di Trexenta, in feudo secondo il costume d’Italia e col censo di un bacile d’argento dorato («unum ciphum argenti deauratum») da corrispondere ogni anno il primo di gennaio. La donazione prevedeva che qualora la villa fosse stata già assegnata o la sua rendita annua avesse ecceduto le 50 libbre in moneta di Genova, l’infante gli avrebbe assegnato la villa di Ortacesus, sita nella medesima curatoria, a patto che il suo reddito annuo non superasse la predetta quantità di moneta. Nel caso in cui entrambe le ville fossero state già concesse gli avrebbe assegnato mille soldi di genovini annui sopra i redditi di qualsiasi altra villa o ville del regno di Sardegna affidando a Pere de Llibià e Arnau de Caçà, amministratori generali dei redditi, il compito di individuare la villa o le ville da concedergli in feudo secondo il costume d’Italia, con le riserve del mero imperio, del laudemio, della fatica di trenta giorni e del diritto di appello da parte degli abitanti[9].

Entrambe le ville risultarono tuttavia indisponibili: quella di Arili, su cui vantava diritti il monastero femminile di San Giorgio o Santa Greca di Decimo[10], perchè infeudata a Francesc II Carroz, quella di Ortacesus perché già assegnata al cavaliere Diego Zapata. A motivo di ciò l’infante condonò al Penna il censo di un bacile d’argento dorato che questi era tenuto a corrispondere ogni anno. Poiché inoltre detto notaio nel volgere di un anno non era ancora entrato in possesso di tutti i 1.000 soldi di rendita promessigli in alternativa, l’infante ordinò agli amministratori Pere de Llibià e Arnau de Caçà di ridurre ad un solo fiorino d’oro il censo annuo dovuto per un orto e altri beni da lui tenuti in enfiteusi, che gli venivano confermati anche qualora il loro reddito avesse dovuto eccedere le 32 libbre e 10 soldi annui[11].

 

 

 

* Antonio FORCI, Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della dominazione catalano-aragonese (1324-1326), in “Sardinia. A Mediterranean Crossroads. 12th Annual Mediterranean Studies Congress (Cagliari, 27-30 maggio 2009)” a cura di Olivetta Schena e Luciano Gallinari, ora in “RiMe. Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea”, n. 4, giugno 2010, Cagliari 2010.

 



[1] Cfr. Raffaello RONCIONI, Delle storie pisane, con illustrazioni di Francesco BONAINI (Archivio Storico Italiano, VI, 1), Firenze, 1844, libro XIII [anno 1323], p. 731; F. C. Casula, La Sardegna aragonese cit., vol. II, p. 436; Id. Dizionario storico sardo cit., p. 1207, s.v. Pinna o Penna, Pietro.
[2] Cfr. Rafael CONDE Y DELGADO DE MOLINA (ed.), Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea (Raccolta di Documenti Editi e Inediti per la Storia della Sardegna, 6), Sassari, 2005, docc. n° 171-172, pp. 213-214.
[3] ACA, Real Cancillería, reg. 389, ff. 71v-72r (1323 ottobre 18, assedio di Viila di Chiesa).
[4] Cfr. Rafael CONDE Y DELGADO DE MOLINA, La embajada de Pietro de Arborea al rey de Aragón (1328-1329), in Giampaolo MELE (ed.), Giudicato d’Arborea e Marchesato di Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale, Atti del 1° Convegno Internazionale di Studi (Oristano, 5-8 dicembre 1997), ISTAR, Oristano, 2000, vol. I, pp. 423-462.
[5] Cfr. Rafael CONDE Y DELGADO DE MOLINA, La embajada de Pietro de Arborea al rey de Aragón cit., pp. 426-428, doc. XVII, p. 460.
[6] Cfr. Francesco Cesare CASULA, Carte reali diplomatiche di Alfonso III il Benigno cit., docc. n° 102, 126, pp. 111, 126.
[7] Ibidem., p. 170, doc. n° 247.
[8] La sopravvivenza del toponimo nella forma Oliri, permette di localizzare la villa circa 4,5 km a sud/sud-ovest di Guasila, nei pressi della chiesa di S. Pietro di Oliri, non lontano dal nuraghe di Oliri, al confine quindi con la curatoria di Nuraminis: cfr. IGMI, Carta d’Italia – scala 1:25.000. Foglio N°548, sez. IV-Senorbì, Firenze, 1992. Risulta spopolata nel 1432 quando fu venduta a Bernat Rolf con la riserva del mero imperio, al prezzo di 40 libbre e coll’annuo censo di 10 soldi: cfr. Bruno ANATRA, Giuseppe PUGGIONI (eds.), Sommario di statistiche storiche sulla Sardegna preunitaria. 2. La Trexenta, Cagliari, 1993, pp. 21-22; Antonio LEONI, Sa Storia Nosta. Samatzai: storia di un’antica comunità, Edizioni Nuove Grafiche Puddu, Ortacesus, 2006, p. 136.
[9] ACA, Real Cancillería, reg. 399, ff. 46r-47v.
[10] Cfr. Maria Grazia MELONI, Ordini religiosi e politica regia cit., pp. 848-849; Mauro DADEA, Santa Greca: la martire di Decimomannu, in Claudia DECAMPUS, Barbara MANCA, Giovanni SERRELI (eds.), Per una riscoperta della storia locale: la comunità di Decimomannu nella storia, Edizione Arci Bauhaus - Vulcano, Decimomannu, 2009, pp. 190-191.
[11] ACA, Real Cancillería, reg. 401, ff. 100r-101r (1326 luglio 23, Lerida).

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