sabato 28 luglio 2018

1364. Battaglia di Cascina


1364. Battaglia di Cascina
di Sergio Sailis

Cascina, 28 luglio 1364. “E giunti al campo percossene alle sbarre, e la prima schiera ruppeno le sbarre; e i Fiorentini erano forti su per la via et su per le case, gictando pietre et quadrella, tanto che l' Inghilesi e le genti di Pisa funno rocti et messi in volta. I Fiorentini perseguendoli, molti di quelli di Pisa spassimònno, et alquanti affogaron in Arno, et alquanti morti et molti presi.” (Sercambi)

L’esercito pisano (capitanato dall’inglese John Hawkwood) viene sconfitto da quello fiorentino a Cascina nei pressi della Badia di San Savino e solo per un’indecisione dei suoi condottieri (Galeotto Malatesta) Pisa non ebbe conseguenze ben più gravi.
(img tratta da http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it rappresentante un bozzetto (purtroppo andato perduto)
per un affresco della battaglia di Cascina realizzato da Michelangelo Buonarroti
e riprodotto in dipinto da Bastiano da Sangallo (Aristotile da Sangallo) nel XVI sec.)

A seguito di questa sconfitta (così come dopo la disfatta della Meloria quando la città offrì il suo governo a Ugolino della Gherardesca) Pisa reagì affidando la sua guida ad una magistratura straordinaria, quella di Giovanni dell’Agnello, che da subito prenderà pieni poteri assumendo la signoria e intitolandosi “dux pisarum”.
Per superare la grave situazione di crisi generatasi dalla sconfitta e da molti anni di guerra il 29 agosto del medesimo anno tra i rappresentanti del comune di Firenze e quelli del “magnifici et excelsi domini domini Iohannis de Agnello, Dei gratia spectabilis ducis Pisarum et Communis et populi ipsius civitatis Pisarum et Luce defensoris” veniva sottoscritta, nella chiesa di San Francesco a Pescia, una pace controversa dove fiorentini e pisani, oltre a impegnarsi a liberare i rispettivi prigionieri e restituire vicendevolmente alcuni castelli, i pisani si obbligavano a versare ai rivali cento mila fiorini d’oro.

A Giovanni dell’Agnello si rivolgerà qualche mese dopo anche Pietro IV d’Aragona intimandogli di rimediare a quanto succedeva in Sardegna. Nell’isola Mariano IV aveva infatti ripreso le operazioni belliche contro gli aragonesi coinvolgendo indirettamente anche il Comune di Pisa che manteneva ancora il possesso (seppur a titolo di feudo) delle curatorie di Gippi e Trexenta; allo scoppio delle ostilità tra Aragona e Arborea gli abitanti delle due curatorie si erano apertamente schierati con quest’ultima e, per dirla con le parole dello Zurita, “ todos sus vasallos [di Pisa] favorecían al juez de Arborea y a sus secuaces”.
Nel 1365 il doge pisano invia pertanto Benincasa di Meo Casoni in missione diplomatica presso Mariano d’Arborea ma l’esito dell’ambasciata non dovette essere troppo positivo se il 18 ottobre 1365, durante l’assedio del castello di Sanluri, il sovrano arborense faceva impiccare Filippo della Sala, probabilmente l’ultimo vicario del Comune di Pisa in Sardegna.
Il successivo perdurare delle operazioni militari nell’isola non consentirà ai pisani (sconfitti e sulla difensiva in Toscana e in condizioni più che precarie in Sardegna) di ristabilire il controllo sulle due curatorie che saranno invece per diversi decenni contese tra Aragona e Arborea.

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